La donna della cabina numero 10: un thriller / mystery che fa acqua
Keira Knightley veste i panni di una giornalista investigativa, testimone di un presunto omicidio a bordo di un lussuoso yacht. Dal romanzo di Ruth Ware, su Netflix.
Laura Blacklock, giornalista investigativa, è reduce da un'esperienza professionale devastante: una delle sue fonti è morta durante un'inchiesta alla quale stava lavorando, lasciandola emotivamente segnata da sensi di colpa e traumi irrisolti. Nel tentativo di andare avanti, Laura chiede di affidarle un incarico più leggero, lontano dai toni drammatici delle sue abituali inchieste.
Per la protagonista di La donna della cabina numero 10 l'opportunità arriva sotto forma di un invito esclusivo: coprire il viaggio inaugurale dell'Aurora Borealis, uno yacht di lusso che salperà verso le coste norvegesi. La crociera benefica è organizzata dal facoltoso imprenditore Richard Bullmer, in onore della moglie Anne, affetta da una malattia terminale. A bordo si ritrovano un sacco di "ricconi", da rockstar invecchiate a influencer alla moda, da magnati della tecnologia a signore dell'élite britannica, tutti pronti a sfoggiare la loro opulenza.
Ma quelli che dovevano essere dei giorni di relax si trasformano ben presto in un incubo. Una notte infatti Laura viene svegliata da dei rumori sospetti provenienti dalla cabina numero 10, accanto alla sua, e assiste a quella che sembra essere una colluttazione seguita dal rumore di una caduta in acqua. Convinta di aver assistito a un omicidio, la reporter avvisare l'equipaggio e gli altri ospiti a bordo, ma non ci sono prove del presunto delitto e nessuno sembra voler credere a quanto da lei raccontato...
La donna della cabina numero 10 e tutti gli altri
Ci troviamo davanti ad un adattamento dell'omonimo romanzo bestseller, pubblicato nel 2016 dalla scrittrice britannica Ruth Ware e portato per l'occasione sul grande schermo dall'australiano Simon Stone - già autore di opere più interessanti come La nave sepolta (2021). Il film si colloca nella categoria dei thriller psicologici dove il mistero è in agguato, inserendosi come il libro alla base in una verve narrativo che deve molto - se non tutto - ai classici di Agatha Christie, modernizzati per un pubblico, sia questo di lettori o di spettatori, che ormai vuole colpi di scena in serie, con buona pace della plausibilità.
E come prevedibile sin dalle premesse e dalla sinossi sopra esposta, il risultato è un esercizio di stile tanto elegante nell'apparenza quanto vuoto e assurdo nella sostanza. Qualcuno avrà sicuramente pensato leggendo alla trama all'immortale Assassinio sul Nilo, ma l'ambizione di omaggiare quel cult archetipico è purtroppo, paradossalmente, naufragata in un mare di inverosimiglianze assortite. Non basta quella location esclusiva e il variegato cast di sospett(at)i, giacché il senso di paranoia e di pari passo la tensione sono pressoché impalpabili, con la sceneggiatura che si perde in risvolti via via più improbabili e, ancor peggio, poco interessanti. Il risultato finale è invece un'opera aggressivamente piatta, esile non soltanto nel minutaggio - che raggiunge a stento l'ora e mezza - ma anche nella gestione degli eventi chiave e dei relativi personaggi principali, villain affidato a uno svogliato Guy Pearce in primis.
A caccia della verità
La rivelazione chiave arriva all'incirca a metà visione, con la seconda metà dove la protagonista - una Keira Knightley poco in parte - cerca in ogni modo di far venire la verità alla luce, ritrovandosi in una situazione sempre più pericolosa. Anche il come sia stato perpetrato il crimine soffre di alcune illogicità e forzature, da apparire involontariamente comico quando finalmente tutte le carte vengono messe sul tavolo. E per di più la storia è piena di figure sostanzialmente inutili, che non servono ad altro se non ad allungare il brodo.
Dove ci si aspetterebbe un montaggio frenetico, angolazioni particolari e una fotografia che rispecchi lo stato mentale della giornalista, sospesa almeno inizialmente in quel limbo tra realtà e bugie, si ha invece a che fare con una messa in scena sorprendentemente statica e priva di qualsiasi inventiva. Soluzioni registiche standardizzate mortificano ogni possibile afflato artistico, fino a quella resa dei conti finale anch'essa priva di suspense o trasporto.
A rendere il tutto ancora più frustrante è il trattamento riservato al trauma di Laura, introdotto tramite un dialogo iniziale e un breve flashback. Questo espediente narrativo, spesso abusato allo sfinimento nel relativo filone, serve qui unicamente a fornire un pretesto per far dubitare della sua sanità mentale, anche se il pubblico farà presto a fare 2+2.
La donna della cabina numero 10 procede su schemi rigidissimi: la Nostra scopre un indizio, questi viene perso o messo in discussione, lei viene più o meno velatamente minacciata e così via, in un circolo vizioso che non va da nessuna parte. La protagonista corre avanti e indietro per lo yacht interrogando sospetti che non sospettano nulla, in un'indagine che procede per inerzia verso quella che dovrebbe essere una rivelazione scioccante ma che invece lascia completamente indifferenti.