L'esorcista - Il credente: la recensione del film e oltre

Mercificazione dell'opera originale, una noiosa scatola vuota che non riesce a fare paura

Lesorcista  Il credente la recensione del film e oltre

Victor è un padre amorevole che ha dovuto crescere da solo la figlia Angela, in seguito ai drammatici eventi che portarono alla morte dell'amatissima moglie. Un infausto giorno la giovane, ormai liceale, decide di addentrarsi per un bosco con l'amica del cuore e compagna di classe Katherine, svanendo nel nulla.

Nonostante le ampie ricerche da parte delle famiglie e delle forze dell'ordine, verranno ritrovate casualmente dal figlio di un fattore all'interno di una stalla, smarrite e sotto shock, perduta la cognizione del tempo e incapaci di ricordare le ore precedenti. Rientrate a casa, entrambe iniziano a manifestare quelli che appaiono come disturbi comportamentali di grado sempre più violento, spingendo l'ateo Victor ad assecondare l'ipotesi di una possessione demoniaca.

Mercificare un capolavoro

Blumhouse è uno dei più importanti produttori statunitensi di cinema horror che nel corso degli ultimi anni ha preso a interessarsi a franchise storici come Halloween, che prossimamente metterà le mani su quello di Venerdì 13 mentre si accettano scommesse sui Nightmare – Dal profondo della notte e chissà quali altri. Un conto però è rimestare in chiave moderna materiale mainstream parte della cultura pop di genere, un altro toccare capolavori come L'esorcista (1974) del compianto maestro William Friedkin. Esattamente come accaduto con Halloween, anche in questo caso è in moto una macchina produttiva volta a realizzare 3 opere, di cui la seconda intitolata The Exorcist: Deceiver è prevista per il 2025.

Coinvolgere pietre miliari come quella di Friedkin è estremamente rischioso, come dimostra l'esito artistico di questo L'esorcista – Il credente, operazione di bieca mercificazione dell'originale che in coloro che da sempre lo celebrano come il film più terrificante di tutti i tempi non può che fomentare rabbia. Essenzialmente il nuovo film di David Gordon Green (non a caso regista anche della recente trilogia di Halloween) non fa paura, rischiando per contro di suscitare risate. Eccetto rari momenti non si cerca più di tanto il jump-scare per darsi un tono.

Bella la cornice, ma il quadro?

Ufficialmente non si tratta di un reboot o di un remake, ma il film ha la sfacciataggine di proporsi come sequel diretto di quello del '73, bella cazzata. I legami debordano e in malo modo, lo script a cui ha partecipato lo stesso Green crea un bel contenitore (sono stati attenti persino a corpo, tipo di carattere e colori dei titoli di testa e coda replicando l'originale, così come gli inserti subliminali e le lettere in rilievo sulla pelle) ma privo di contenuto.

Noiosissimo nella prima parte, bastano i primi secondi delle immagini in testa al prologo per far inferocire i cultori dell'originale, rendendosi conto che si è fatto il possibile per dare una veste prestigiosa (scopiazzando a mani basse icone, inquadrature ed effetti sonori) a uno script che rileggendo il passato combina solo danni.

Buio artistico totale

Creatività da elettroencefalogramma piatto sfoderando ideone da riciclo a partire dal primo Insidious di James Wan. Non si salva nemmeno l'esorcismo, che impietoso giunge nella seconda parte, dove lo smarrimento artistico-creativo ha portato a decidere per il peggio. Per non rischiare si è scelto di buttare il rito in caciara, un ridicolo casotto all'interno del quale le povere anime disgraziate sono poste al centro di una stanza, legate su sedie contrapposte sopra simboli pagani.

Le circondano nell'ordine: genitori urlanti in fibrillazione, un inutile predicatore belloccio stile imbonitore televisivo, un'infermiera mancata suora con un segreto aborto alle spalle che recita il testo dell'esorcismo (purtroppo l'unico personaggio con un minimo di concretezza e spessore), un petulante vicino di casa, un'esperta di occulto e riti pagani e in coda un prete cattolico cacasotto. C'è poi la famiglia MacNeil assieme all'immortale intro a Tubular Bells di Mike Oldfieldspecchietti marketing per attirare attenzione, ma non bastano a salvare dal disastro totale. La povera Ellen Burstyn finisce troppo presto fuori gioco, il suo carismatico personaggio è l'ultima figurina del pacchetto di doppioni, pronti a rigiocarsela al prossimo giro nel 2025.

Non si scala l'Everest in bermuda

Per contro quello di Friedkin è un disturbante viaggio nella fede, grafico percorso tutt'altro che colmo di certezze ma lastricato di cocci di bottiglia che lacerano l'anima e la fragilità dell'uomo di chiesa così come quello della strada. In quest'opera maledettamente usa e getta di Green non si è quasi preso in considerazione l'argomento, non almeno come si sarebbe dovuto. Se solo fosse stato ancora tra noi il grande William Peter Blatty, scrittore del romanzo e poi della sceneggiatura del film originale di Friedkin, forse il patron di Blumhouse, Jason Blum, avrebbe preso in considerazione l'ipotesi di un suo coinvolgimento, o forse no.

L'unica opera degna erede nonché lineare prosecuzione del primo film è L'esorcista III (1990), guarda caso scritto e diretto dallo stesso Blatty. Pur incapace di eguagliare quella di Friedkin seppe tenergli testa generando profonda inquietudine, vincente proprio perché proseguiva le riflessioni sulle poche sicurezze e i tanti dubbi che albergano nell'animo umano, specie quando posto di fronte all'ineluttabile oscurità. Se si vuole scalare l'Everest non lo si può fare in bermuda e infradito o si finisce per farsi molto male, e a quanto pare L'esorcista di William Friedkin, non a caso definito “il film più spaventoso di tutti i tempi”, è una montagna davvero difficile da scalare.

L'esorcista del '73, cosa accadde

Il film di Friedkin partiva da una base decisamente più solida, ovvero lo scritto di Blatty, a sua volta ispirato a un fatto realmente accaduto nel 1949, quando un ragazzo di 14 anni subì diversi rituali di esorcismo da parte della chiesa cattolica. Il tema dell’esorcismo in quel film mescolava sapientemente elementi religiosi, psicologici e soprannaturali, fu il primo capace di esercitare una forte attrazione sul pubblico per l'angosciante carica di mistero, sollevando domande esistenziali sul bene e il male, su fede e ragione, vita e morte terrena.

L'impatto fu devastante per la geniale scelta di trasporre lo script di Blatty adottando un innovativo stile drammaticamente realistico, mosso attraverso una gelida e scura cinematografia, per non parlare della colonna sonora. Si andò oltre l'impiego di innovativi effetti speciali per l'epoca tra make-up, protesi, animatroniche, macchine del vento e del freddo, camere a mano. Il regista usò tecniche psicologiche per influenzare gli attori come sparare colpi a salve sul set, sottoporre il cast a stress fisico e mentale, inserire immagini subliminali nel montaggio, plasmando in maniera sublime la materia filmica.

Controverso fenomeno mediatico

L'eco del film si è riverberata nel tempo generando un vasto dibattito tra scienza, religione e l'uomo della strada, suscitando inevitabili quanto radicali reazioni. Divenuto fenomeno mediatico di massa, innescò suggestioni oltre misura: la violenza grafica, la blasfemia e la manipolazione emotiva scossero le platee. Dell'epoca sono riportati casi di svenimenti, nausee, crisi isteriche e attacchi di panico. Controverso e rivoluzionario, nelle immagini di repertorio qui sopra sono ripresi gli spettatori in fila in attesa della proiezione di cui si diceva che “poteva spaventarli a morte", come affermato da una donna in coda: "voglio vedere se mi farà vomitare". Preoccupazione legittima, dato che ci fu chi diede di stomaco o svenne, soccorsi e portati via in ambulanza.

Le spaventose sequenze di una indifesa ragazzina in pericolo e l'abile uso di frammenti subliminali, erano troppo da sopportare per certi spettatori. A colpire in profondità non furono solo le scene di possessione, ma altri drammatici momenti delle analisi mediche a cui veniva sottoposto il personaggio di Regan, come la famigerata puntura lombare, così incredibilmente realistica. Qui trovate il nostro omaggio al maestro William Friedkin e al suo capolavoro senza tempo, all'indomani della sua scomparsa.

L'esorcista - Il credente

Durata: 121'

Nazione: Stati Uniti

4

Voto

Redazione

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L'esorcista - Il credente

Presuntuoso filmetto usa e getta parte di una trilogia, scopiazza senza ritegno il passato mercificandolo, incasinando una sceneggiatura senza uno straccio di idea originale. Superato dal più divertente e più intellettualmente onesto, quanto mediocre, L'esorcista del Papa.