I ragazzi della Nickel è il film dagli Oscar 2025 di cui hai meno sentito parlare

Pur avendo conquistato una nomination come miglior film agli Oscar 2025, I ragazzi della Nickel è passato praticamente sotto silenzio in Italia: ecco perché recuperarlo su Prime Video.

I ragazzi della Nickel è il film dagli Oscar 2025 di cui hai meno sentito parlare

Ha conquistato una candidatura come miglior film agli Oscar 2025. È l’adattamento filmico del romanzo di Colson Whitehead premiato con il Pulitzer per la narrativa nel 2020. Eppure è sostanzialmente sconosciuto in Italia, a causa di una promozione inesistente, di un passaggio in sala praticamente nullo e dell’apparizione, senza troppo clamore, nel catalogo Prime Video a poche ore dalla notte degli Oscar.

I ragazzi della Nickel è il film dagli Oscar 2025 di cui hai meno sentito parlare

Se ve ne parlo è perché non è finito agli Oscar a caso e nemmeno nelle classifiche di fine anno dei migliori film stillate dalla critica statunitense. I ragazzi della Nickel è un film abbastanza radicale per approccio e scelte registiche, oltre che per contenuto, una pellicola indie che mai farebbe sospettare che al comando ci sia un regista con sotto la cintura un mediometraggio, alle prese con quello che potremmo definire il suo film d’esordio. Il lavoro di RaMell Ross comincia però a monte, laddove è meno evidente rispetto alle sue scelte radicali di regia. Comincia da una sceneggiatura coscritta con Joslyn Barnes che apporta sostanziali cambiamenti all’equilibrio tra i due personaggi protagonisti del libro, con un finale differente, ancora più cupo.

L'orrore della segregazione, vista e vissuta in prima persona

La storia qui raccontata s’inserisce nella corrente cinematografica che riscrive le decadi post guerra civile statunitense come un lento periodo di uscita dalla schiavitù se non di nome, de facto che ancora impera per buona parte del Novecento. I protagonisti della pellicola sono due ragazzi afroamericani costretti a un periodo di detenzione e formazione forzata in un riformatorio per minori: una realtà già complessa e brutale, divisa al suo interno (come il resto della società statunitense negli anni ‘60) tra bianchi e neri, dove questi ultimi ricevono prevedibilmente un trattamento ben peggiore. Il privilegio bianco non si spande solo verso l’alto, ma anche verso il basso: i “ragazzacci” bianchi se la passano decisamente meglio delle loro controparti afroamericane, che subiscono angherie, soprusi e fiammate di violenza inumana in un sistema che il cinema negli ultimi anni ci ha raccontato davvero bene. Un sistema dove i bianchi si rivalgono sugli afroamericani a capo della loro comunità, che talvolta usano le stesse logiche per sfruttare i loro stessi simili.

Viene un po’ da pensare a The Brutalist seguendo l’odissea di Elwood (Ethan Herisse), ragazzo idealista e giusto che scopre il lato oscuro dell’America quando per un tragico errore, finisce al riformatorio e scopre la profondità e la sistematicità di quei soprusi che ha sentito raccontare in TV da Martin Luther King. È statunitense, ma è "tollerato", così come gli esuli europei. Lo è fino a quando non è più, perché alza la voce o non fa più comodo fingere di accettarlo. Durante il suo calvario diventerà amico di Turner (Brandon Wilson), che nonostante la giovane età conosce già così a fondo quella violenza da non farsi illusioni sulla possibilità di combatterla o sradicarla senza rimetterci la vita.

I ragazzi della Nickel è il film dagli Oscar 2025 di cui hai meno sentito parlare

L’accademia Nickel e i suoi orrori - che ricordano da vicino orrendi casi di cronaca emersi di recente in Canada, Irlanda, ovunque una minoranza sia stata presa di mira da un sistema di rieducazione giovanile di stampo carcerario e gestione statale - sono ritratti nel film dal punto di vista dei due ragazzi. Letteralmente: girato in formato 1,33:1 (quasi quadrato dunque), il film è stato girato così da ricreare il più possibile lo sguardo dei protagonisti. Nel mondo videoludico lo si definirebbe un first-person ma qui non è uno shooter, non siamo nella prospettiva di chi spara. Siamo in quella di chi non ha via di scampo e guarda a una realtà terrorizzante intorno a sé, avendo come unico conforto appunto l’amico. È un mondo in cui un albero con un gancio ormai inglobato nella sua corteccia racconta di orrori indicibili, è un film in cui la cinepresa osserva gli angoli dei termosifoni e le foglie quando sostenere lo sguardo di fronte alla mancanza di speranza è impossibile. Il film si apre e si chiude con lo stesso movimento di cinepresa, una rotazione di 90 gradi che inquadra la mano di una persona sdraiata che si alza da terra, in circostanze molto, molto differenti.

RaMell Ross perde la sua sfida tecnica

Combinando la durata (2 ore e 20 minuti) con questa prospettiva forzata si ottiene prevedibilmente un film non semplice. È una scelta tecnicamente sfidante per cui è stata realizzata una serie di accortezze tecniche pensate proprio per il film, ma in ultima istanza è ciò che taglia le gambe alla sua resa, almeno a parere di chi scrive. Questo perché RaMell Ross la sua sfida tecnica la perde. In teoria I ragazzi della Nickel è stato girato da questa prospettiva in prima persona per farci immergere totalmente nel punto di vista terrorizzante di un giovane ragazzo afroamericano vittima del sistema segregazionista degli Stati Uniti degli anni ‘60. Tuttavia il modo in cui si move la cinepresa, lo sguardo che ricrea non riesce mai a dare quell’impressione di assoluto realismo, di spontaneità. Un po’ perché siamo talmente abituati a un certo modo di inquadrare la realtà da un punto di vista esterno e terzo che lo diamo per scontato, naturale, mentre questo al contrario risulta spesso artificioso, forzato. Non aiuta poi quanto spesso ricordi proprio il mondo videoludico, quello dei first person shooter, sovrapponendo un’ottica d’intrattenimento a quella di una storia più che drammatica.

Inoltre questa scelta costringe RaMell Ross a non concentrarsi sui dettagli cardine a livello visivo, a riempire il suo lungo film di passaggi poco incisivi, perché nella vita vera non guardiamo sempre la cosa più importante, non abbiamo la prospettiva perfetta su ciò che osserviamo. Il cinema non è realistico, è verosimile e, come diceva Hitchcock, ricrea la vita tagliando le parti noiose. Per la sua stessa scelta stilista I ragazzi della Nickel le parti noiose se le tiene tutte e alla terza foglia con cui giochicchia il protagonista mentre Turner lo ammonisce, ci rendiamo conto di quanto sia efficace il modo tradizionale di creare in maniera verosimile ma studiatissima e molto efficiente, una scena da un punto di vista esterno.

 

I ragazzi della Nickel

Durata: 140'

Nazione: Stati Uniti

7

Voto

Redazione

TISCALItestatapng

I ragazzi della Nickel

I ragazzi della Nickel è davvero un buon film, capace di tenere fede a una decisione tecnica non da poco e tradirla solo in un punto cruciale, cambiando all’improvviso prospettiva, suggerendoci già cosa sta per succedere, come un orrendo presagio. Questa stessa scelta però lo condanna a essere un film poco fluido, molto artificioso e impostato, spesso respingente laddove vorrebbe essere immersivo. Rimane una pellicola in grado di mettere insieme la brutalità con cui Steve McQueen ha riportato con forza queste tematiche nel cinema statunitense con 12 anni schiavo con una certa poetica romantica e affettuosa, con cui Barry Jenkins ci ha raccontato similari tragedie afroamericane. Sicuramente RaMell Ross è un regista da tenere d’occhio e I ragazzi della Nickel una delle aggiunte più importanti e di qualità del catalogo filmico di Prime Video.

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