Hell Camp - Inferno per teenager: recensione del documentario di Netflix sui campi per adolescenti di Steve Cartisano

Alla fine degli anni '80 un uomo senza alcuna preparazione specifica ebbe un'idea: creare un campo di correzione per ragazzi problematici. Sarebbe stato l'inizio di un incubo, raccontato nel film di Netflix: Hell Camp

Hell Camp  Inferno per teenager recensione del documentario di Netflix sui campi per adolescenti di Steve Cartisano

Si intitola così, Hell Camp - Inferno per teenager, il film documentario disponibile su Netflix che in un’ora e mezza ci racconta l’orrore subito da centinaia, forse migliaia, di ragazzini americani. Potrebbe esservi capitato di vederli o sentirne parlare nei film o nelle serie TV americane. Ma anche in diversi altri documentari, in cui non erano l’argomento principale.

Sono i cosiddetti campi di correzione per ragazzi problematici. Un fenomeno che negli USA ha prosperato per decenni… Causando traumi spesso indelebili.

Comunque la pensiate su questi posti, dovete sapere questo: una cosa erano i campi di “terapia” (senza alcuna terapia) e tutt’altra cosa erano i programmi di Stephen “Steve” Cartisano. E questo film parla di lui e degli inferni per ragazzi che ha creato.

Mi chiedo sempre se i genitori avessero veramente idea di cosa succedesse davvero in questi posti, mentre Cartisano incassava milioni di dollari. I genitori pagavano profumatamente per far maltrattare i loro figli da estranei senza alcuna preparazione.

Stephen Cartisano: la Fondazione Challenger e una lunga storia di abusi

Hell Camp - Inferno per teenager: recensione del documentario di Netflix sui campi per adolescenti di Steve Cartisano
Uno degli istruttori del primo campo fondato da Steve Cartisano, nel deserto dello Utah

Io me la ricordo, Nancy Reagan che fra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ‘90 lanciava l’allarme sull’abuso di droga e alcol da parte di ragazzi molto, molto giovani. Migliaia di famiglie erano in difficoltà. Madri e padri non sapevano più cosa fare per gestire i loro figli. E presto sarebbero arrivati i “guru” dell’epoca, a proporre i cosiddetti “campi di terapia nella natura”. Ma la definizione “campi di correzione”, che ho usato prima, è decisamente più calzante. Anche se per la storia di Cartisano “campi di tortura” è ancora più adatto. Perché lui non fu solo il primo. Fu anche il peggiore.

Nel 1988 Steve Cartisano diede vita alla Fondazione Challenger. Creò il primo campo di correzione, il Challanger Camp, nel bel mezzo del nulla: nel deserto dello Utah.

I ragazzi che le famiglie non riuscivano più a gestire venivano prelevati nel cuore della notte e portati in mezzo al deserto, a imparare la disciplina e il rispetto dell’autorità. Fine ammirevole… Se non fosse che i metodi erano tutt’altro che innocui.

Gli istruttori - uno partecipa al documentario con la sua testimonianza - la facevano molto facile: ogni nostra azione ha delle conseguenze, buone o cattive. Positive o negative. Questo pensavano Steve e i suoi uomini, spesso ex membri dell’Air Force come lui, ma in seguito anche ex partecipanti ai campi, che impostavano un programma da 63 giorni come una sorta di addestramento militare. Con metodi certamente non consoni per dei ragazzini di un’età che andava dai 12 ai 16 anni. Problematici quanto volete, ma sempre ragazzini. Minorenni.

Hell Camp - Inferno per teenager: recensione del documentario di Netflix sui campi per adolescenti di Steve Cartisano
Steve Cartisano (a sinistra) con il figlio David, inserito in uno dei suoi programmi

Il Challegher Camp fu il primo. E a circa due anni dalla sua fondazione, ci scappò il morto. Una ragazza, morta dopo appena tre giorni dall’arrivo al campo (nel documentario scoprirete di chi si trattava, come morì e quali conseguenze ebbe la sua morte su Cartisano. E sentirete parlare lo sceriffo locale, che nel 1990 arrivò al campo per maltrattamenti su un ragazzo che finì in ospedale).

Poi ci fu la svolta: Saint Thomas. La furbizia di spostarsi ai Caraibi, a bordo di una barca, e di cambiare nome adottando la dicitura “Healthcare America”. Come se la disintossicazione a suon di lavoro durissimo, isolamento e maltrattamenti fosse una “cura”. Imposta, come se non bastasse, a ragazzini davvero molto, troppo giovani.

Infine, arrivò il peggio del peggio: la Pacific Coast Academy. Era sempre Cartisano. Erano sempre luoghi isolati e privi di autorizzazione o controlli sanitari. Per non parlare della totale assenza sia di infrastrutture che di personale adeguatamente preparato. Cartisano continuava a guadagnare cifre sempre più elevate, i ragazzini stavolta venivano tenuti in barca per mesi - o anni - mentre giravano tutti i Caraibi. Fino a Samoa, dove si stabilirono per la terza, ultima e peggiore fase dei “campi” di Cartisano. Nella giungla, senza controllo. Senza cure. Con i “soliti” maltrattamenti, i ragazzi picchiati, affamati e isolati e l’aggiunta degli abusi sessuali.

Ci sono delle testimonianze - una, in particolare - davvero molto difficili da ascoltare, in Hell Camp. Ma credo che, soprattutto se non avevate mai sentito parlare dei campi per ragazzi problematici, sia necessario ascoltarle.

E riflettere. Perché se il primo campo nacque nel 1988, gli abusi peggiori avvennero nel Nuovo Millennio. Mentre il mondo voltava lo sguardo. Fino al 2020, quando Paris Hilton uscì allo scoperto raccontando la sua esperienza in uno di questi campi (non quello di Cartisano, per inciso).

Le parole del suo avvocato riassumono alla perfezione la relazione dei media con i campi per adolescenti:

Se può succedere a Paris Hilton e alla sua famiglia, pensate a chi non può essere qui oggi…

Stiamo parlando di migliaia di persone. E di Steve Cartisano, che andava in TV a promuovere il suo metodo passando per un eroe nazionale. Quando - scoprirete - era in realtà un mostro.

Cartisano era stato un ragazzo problematico. Diceva di aver studiato all’Università della vita… La madre era tossicodipendente e lo picchiava. Per fuggire da casa, Steve si arruolò nell’Air Force e l’addestramento lo trasformò in una persona diversa (attenzione a quale persona, però), convincendolo che quello fosse il metodo giusto per tutti. Chiaramente, non lo era. Chiaramente, Cartisano non sapeva cosa stava facendo. Chiaramente, Cartisano non avrebbe dovuto essere lasciato libero di fare ciò che fece.

Dal “corso di sopravvivenza nel deserto” - così veniva sponsorizzato il Challenger Camp, chiuso dopo la morte di una ragazzina, fino agli orrori di Samoa, Cartisano non volle mai dedicarsi ad altro. Mai. Nemmeno quando moglie e figli lo imploravano di trovare un altro modo per portare a casa i soldi.

Perché mai avrebbe dovuto? Gli bastava cambiare nome (“Steve Michaels”) e posto, sempre più lontano dagli USA e dalle relative autorità, e il gioco era fatto. Alla fine non doveva neanche più “lavorare” lui, lasciava che altri mandassero avanti le cose.

La moda dei campi per teenager

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La moglie di Steve Cartisano

Cartisano diede vita a posti orribili, in cui accadevano cose indicibili. Portò alla morte una ragazzina e ne traumatizzò molte altre, per la vita. Non pago, diede vita a un’idea che molti altri, nel corso dei decenni, avrebbero copiato.

Era un modo nuovo per affrontare un problema vecchio. I genitori “si liberavano” temporaneamente del problema, convinti di affidare i loro figli a persone competenti che sapevano cosa stavano facendo, e che lo facessero in sicurezza. Una madre vendette addirittura la casa per pagare il programma a sua figlia. È tutto nel documentario.

Il punto è che Hell Camp si occupa della storia di Cartisano e dei suoi programmi, quando sarebbe stato utile fare un’indagine più ampia e circostanziata, per parlare della questione in modo più approfondito. Magari proprio a partire dalle dichiarazioni di Paris Hilton e dalle successive indagini.

Perché Cartisano diede vita a un fenomeno che gli opuscoli descrivevano come risolutivo, innovativo e certificato, mentre spesso si trattava solamente di approcci violenti improntati alla punizione e alla privazione. Non sempre, è ovvio. Ma spesso. Per questo sarebbe stato bello avere una prospettiva più ampia sui campi, anche considerando che alcuni sono stati perfino protagonisti di documentari-reality show. E che la loro diffusione, ancora oggi, è priva di ostacoli.

I ragazzi venivano rapiti - letteralmente - nel cuore della notte e portati in ambienti ostili, sconosciuti, in competizione con altri ragazzi come loro che cercavano semplicemente di sopravvivere.

Gli effetti dei metodi di Cartisano (e altri) descritti da Hell Camp sono devastanti. Perché un conto è fare tutto questo a dei ragazzini, un altro prendersela con adulti strutturati in grado di capire cosa stava succedendo e di provare a  reagire. Invece si chiamano “teen camp”, campi per adolescenti.

Hell Camp - Inferno per teenager: recensione del documentario di Netflix sui campi per adolescenti di Steve Cartisano
Uno degli ex partecipanti all'ultimo programma di Cartisano, rimasto al "campo" per oltre due anni. Una volta uscito, ricominciò con la droga entro una settimana

Oltre 800 ragazzi sono stati al Challenger Camp nello Utah nei primi tre anni. I media americani parlavano dei campi come l’alternativa semplice ai trattamenti psichiatrici: un corso di sopravvivenza - così ne parlavano - in mezzo al deserto. Peccato ci fossero, già dal primo programma di Cartisano, punizioni severissime per chi infrangeva le regole. Rubare del cibo comportava il finire legati mani e piedi. Chi dimenticava di chiudere bene lo zaino durante le faticose escursioni doveva portare una pietra pesantissima per punizione. E chi diceva di non riuscire più a camminare veniva legato e trascinato sul terreno.

Non si poteva dire che si stava male: sicuramente era una bugia. Non ci si poteva sottrarre al lavoro: nei campi successivi, tutte le infrastrutture venivano fatte costruire a costo zero dai ragazzi.

Hell Camp è solo la punta di un iceberg di segreti, orrori e abusi perpetrati per decenni da organizzazioni simili a quelle di Cartisano.

Naturalmente, questo va detto - e ribadisco: fosse stato un documentario di respiro più ampio non sarebbe necessario specificarlo - ci sono anche strutture serie con professionisti preparati e tutte le autorizzazioni e i controlli del caso.

Resta però la discussione sul metodo. Prelevare un teenager dalla sua casa e portarlo in un posto sconosciuto, in un ambiente ostile che richiede duro lavoro, magari, non è un metodo adatto a risolvere tutti i problemi di tutti i ragazzini definiti “problematici”…

7.5

Voto

Redazione

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Hell Camp - Inferno per teenager: recensione del documentario di Netflix sui campi per adolescenti di Steve Cartisano

Hell Camp - Inferno per teenager è un film-documentario disponibile su Netflix e incentrato sui campi di correzione per ragazzi fondati da Stephen Cartisano. L’uomo, ex membro dell’Air Force con un passato difficile alle spalle, fu il primo a creare uno di questi campi, nel 1988. Nel bel mezzo del deserto dello Utah. Il campo venne chiuso dopo la morte di una ragazza, ma Cartisano non si fermò. Continuò a mettere in piedi programmi sempre più improbabili, pericolosi e lesivi per i ragazzi, sempre più lontano dagli Stati Uniti.

Hell Camp racconta la storia di questi programmi con le testimonianze degli ex adolescenti che parteciparono a una di queste (terribili) esperienze. La storia di Cartisano, ironicamente comprensiva di ben due dei suoi quattro figli divenuti “ragazzi problematici”, è però solamente la punta di un iceberg in un business senza scrupoli, che da decenni coinvolge migliaia di ragazzi. Dopo la testimonianza di Paris Hilton sulla sua partecipazione da molto giovane a uno di questi programmi (non uno di Cartisano), il dibattito sui campi di correzione per ragazzi si è riaperto.

Peccato che Hell Camp non abbia voluto concentrarsi sul problema in generale, limitandosi a parlare dei campi di Cartisano. Sono stati in molti a copiargli l’idea, ma anche i metodi. E avere il polso della situazione oggi, a 40 anni dalla nascita del primo “campo dell’orrore”, sarebbe stato utile e istruttivo. Speriamo che gli autori decidano di tornare sull’argomento e dare all’America le informazioni di cui ha bisogno…