Amore a Copenhagen: la recensione del film danese di Netflix
Una commedia romantica che diventa presto un dramma-riflessione sulla vita

In testa alla classifica italiana di Netflix c’è Amore a Copenhagen, un film che non è affatto ciò che sembra… E che forse colpisce il pubblico proprio per questo.
La trama di Amore a Copenhagen
Mia (Rosalinde Mynster, Carmen Curlers) è una scrittrice di successo. Single, spensierata, abituata a frequentare ragazzi più giovani di lei, non pensa al futuro. Ma quando incontra Emil (Joachim Fjelstrup, Carmen Curlers), un uomo della sua età, divorziato e padre di due bambini, capisce che qualcosa sta cambiando. Finalmente, Mia sa cosa vuole. E ciò che vuole è una vita con Emil, e un figlio con lui. Ma quando il bambino non arriva, e la coppia inizia il difficile cammino delle cure per la fertilità, la distanza fra Mia ed Emil inizia ad aumentare…
Una commedia? No, un dramma e una storia d’amore
Se pensate di assistere a una commedia romantica, sappiate che non sarà così. Nonostante l’inizio in classico stile rom-com, Amore a Copenhagen è un film drammatico.
Mia è una scrittrice. Scrive di amore e lo fa con ironia… Fino a quando la sua vita, e il film di cui è protagonista, cambiano. Perché il film racconta il dramma di tutte quelle persone che cercano disperatamente di avere un figlio senza riuscirci. Lo stress di sottoporsi continuamente a esami, iniezioni e cure molto costose finisce per logorare molte coppie ed è di questo che Mia, autrice brillante che fino a quando incontra Emil è il classico spirito libero senza progetti per il futuro, inizia a scrivere.
Ma condividere il dolore e la frustrazione di una condizione che riguarda milioni di persone in tutto il mondo può essere considerato irriguardoso dall’altra metà della coppia. Può essere molto doloroso per chi scrive e inopportuno per chi, partecipando allo stesso dramma, non vorrebbe vedere i fatti propri messi nero su bianco.
La città come sfondo delle fasi della vita
Amore a Copenhagen ci presenta una città splendida, soleggiata, piena di vita. Almeno all’inizio. Col passare dei minuti, man mano che ci addentriamo nel dramma di Mia ed Emil, tutto diventa grigio, nuvoloso, opprimente. Gli spazi aperti vengono ridotti al minimo mentre la claustrofobia di sentirsi costretti in una situazione che non vorremmo dover affrontare si fa sempre più pressante. Aggiungiamo il dramma di chi un figlio potrebbe averlo, ma non lo vuole, e il quadro è perfetto: la vita ci prende in giro. Sappiamo che lo fa fin troppo spesso.
Ma c’è anche molto altro. La paura del fallimento, la scelta della via più facile, la fuga dal dolore che diventa uno schema di vita. Le famiglie allargate, le cure per la fertilità, la gestione dello stress... Ci sono tante riflessioni importanti in questa storia ed è forse per questo che è schizzata in testa alla classifica dei film più visti in Italia su Netflix: perché parla di temi universali, in cui molti si possono riconoscere.
Soprattutto, dicevamo, Amore a Copenhagen parla della paura. La paura che finisce per rovinare tutto, perfino le cose più belle.
Viviamo con il costante terrore di fallire, di restare soli, di non essere amati… E poi facciamo di tutto perché questo avvenga davvero. Magari senza neanche accorgercene.
Il film danese di Netflix ci invita a pensarci, a provare a guardare le nostre vite dall’esterno, con una prospettiva nuova, nel tentativo di dirci che cercare di scappare dei problemi non ha senso. Anche quando sembra il contrario. Perché, alla fine, i problemi entrano a far parte di noi. Possiamo provare a ignorarli, ma non basterà per farli scomparire. L’unico modo per riuscirci è affrontarli.
Voto
Redazione

Amore a Copenhagen: la recensione del film danese di Netflix
Amore a Copenhagen è il film danese in testa alla classifica italiana di Netflix che parte come una commedia romantica ma presto finisce per diventare un dramma: la storia di una coppia che cerca disperatamente di avere un bambino. Tutte le delicate tematiche correlate, come il non sentirsi una “vera donna” da parte della protagonista e il non comprendere a fondo la sua frustrazione da parte del compagno, accompagnano questa storia toccante e ben recitata verso un finale molto intelligente e non banale.
Per raccontarci che, alla fine, qualunque sia la nostra condizione, la paura non fa che metterci i bastoni fra le ruote. Si dovrebbe imparare a vivere abbracciando ogni esperienza, senza il terrore di fallire.