La morte di Tchéky Karyo - Addio a un attore inconfondibile

Duro e vulnerabile, elegante e imprevedibile, gigante capace di attraversare i generi

di Claudio Pofi

Il cinema perde uno dei suoi interpreti più riconoscibili e versatili. Tchéky Karyo, attore dal fascino ruvido e dallo sguardo inconfondibile, è scomparso all’età di 72 anni a causa di un cancro. La notizia, diffusa dall’agenzia AFP, è stata confermata dalla moglie Valérie Keruzoré e dai figli, che hanno annunciato la morte dell’attore.

Nato a Istanbul il 4 ottobre 1953 da padre turco di origini ebraico-spagnole e madre greca, Karyo aveva nel sangue la mescolanza culturale che avrebbe poi alimentato la sua carriera. Trasferitosi a Parigi da bambino, trovò nel teatro la sua prima vocazione, formandosi come interprete classico prima di approdare al cinema nei primi anni Ottanta. Il suo nome cominciò a circolare con forza nel 1982, grazie a La Balance di Bob Swaim, intenso noir urbano che gli valse una candidatura al César come miglior rivelazione maschile.

La consacrazione negli '80

Gli anni Ottanta e Novanta segnarono la sua affermazione definitiva. Karyo divenne presto uno dei volti più ricercati del cinema francese, capace di alternare ruoli di forza e vulnerabilità. Nel 1990 arrivò la consacrazione internazionale con Nikita di Luc Besson, dove interpretava Bob, freddo e carismatico agente dei servizi segreti francesi che trasforma la giovane criminale interpretata da Anne Parillaud in una spia letale. Ruolo misto di durezza e malinconia che lo fece conoscere al pubblico mondiale e aprì per lui le porte di Hollywood.

Nel decennio successivo apparve in produzioni internazionali come 1492: la conquista del Paradiso di Ridley Scott (1992), il biopic Nostradamus (1994) in cui fu protagonista, e 007 GoldenEye (1995), capitolo di James Bond in cui recitò al fianco di Pierce Brosnan. Parallelamente non abbandonò mai il cinema francese, lavorando con Besson anche in Giovanna d’Arco (1999) e partecipando a opere raffinate come Una lunga domenica di passioni di Jean-Pierre Jeunet (2004).

In un altro film di Jeunet, Il favoloso mondo di Amélie (2001), la sua presenza si ridusse a un curiosissimo e fugace cameo: il volto su una fotografia d’identità, simbolo involontario della sua capacità di restare impresso anche in una manciata di fotogrammi. La sua presenza magnetica è impressa in opere più mainstream come Il patriota di Roland Emmerich (2000), Bad Boys di Michael Bay (1995), Gang Story (2011) di Olivier Marchal, Kiss of the Dragon (2001) di Chris Nahon, Dobermann (1997) di Jan Kounen. Tra le opere più autoriali e meno note La masseria delle allodole dei fratelli Taviani (2007).

Una carriera lunga una vita

Negli ultimi anni, Tchéky Karyo aveva trovato nuova linfa nel mondo delle serie televisive, dove la sua intensità espressiva e la sua voce roca e inconfondibile divennero marchi di fabbrica. Nel 2014 conquistò il pubblico britannico e internazionale con The Missing, produzione BBC che lo vide nei panni del detective Julien Baptiste, investigatore segnato dalle ferite del passato ma animato da un incrollabile senso di giustizia.

Accolta con entusiasmo da pubblico e critica, la serie ebbe una seconda stagione nel 2016 e portò alla nascita di uno spin-off, Baptiste, andato in onda dal 2019. Anche qui Karyo dimostrò un equilibrio raro tra empatia e rigore, dando vita a un personaggio complesso e umano, capace di incarnare l’idea del poliziotto europeo disilluso ma mai arreso.

Il cordoglio di amici e colleghi

Alla notizia della sua scomparsa Lindsay Salt, direttrice della sezione Drama della BBC, ha espresso cordoglio e ammirazione: «Siamo profondamente addolorati per la morte di Tchéky Karyo. È stato un attore brillante, amato dal pubblico e dai colleghi. I nostri pensieri vanno alla sua famiglia e ai suoi cari».

Con la sua fisicità asciutta e il volto scavato, Tchéky Karyo apparteneva a quella generazione di attori capaci di imporsi senza bisogno di artifici. Portava sullo schermo un magnetismo istintivo, fatto di sguardi più che di parole, di silenzi che raccontavano la fatica e la nobiltà del vivere. Era al tempo stesso duro e vulnerabile, elegante e imprevedibile, attore capace di attraversare i generi – dal dramma al thriller, dal film storico all’action – senza mai perdere autenticità.

Nonostante la lunga carriera cinematografica, Karyo non cercò mai lo status di star. Preferiva i ruoli in cui poteva scavare, comprendere, trasformarsi. Lascia dietro di sé un percorso coerente e variegato, un cinema che ha saputo attraversare confini linguistici e culturali, sempre guidato da una presenza magnetica e da un rigore artistico senza compromessi. In Francia la sua figura era considerata un ponte tra la generazione degli attori classici e quella più internazionale degli anni Duemila.

Con Tchéky Karyo se ne va un attore di frontiera, uomo e artista inconfondibile che apparteneva a più culture ma che, nel profondo, era figlio di un’unica patria: quella del Cinema.