Speciale: la violenza sulle donne nelle serie TV e il podcast dedicato a The Handmaid's Tale

Alla scoperta dell'episodio speciale del podcast e del tema della violenza sulle donne nelle serie TV

di Chiara Poli

Nel dicembre del 1999, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e ha stabilito che fosse celebrata il 25 novembre.

La data è stata scelta perché il 25 novembre del 1960 vennero uccise le sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabel, tre attiviste politiche considerate pericolose dal dittatore Rafael Leónidas Trujillo.

Le tre donne vennero sequestrate, stuprate, torturate e infine strangolate, messe nella loro auto e poi gettate a bordo dell’auto in un precipizio nel tentativo di simulare un incidente. Un incidente a cui nessuno credeva.

Il 25 novembre in tutto il mondo - inclusa l’Italia - vengono organizzate iniziative per sensibilizzare sul tema della violenza contro le donne. Un tema oggi molto discusso per via dei recenti e drammatici fatti di cronaca che tutti conosciamo.

Il brutale omicidio di Giulia Cecchettin, massacrata dall’ex fidanzato che sosteneva di amarla, ha scatenato un dibattito che da una settimana occupa le prime pagine dei giornali e tutte le trasmissioni TV. Ma si tratta di un dibattito non certo nuovo.

Per ricordarcelo, e per ricordare in che modo le serie TV abbiano affrontato più volte il tema della violenza contro le donne, abbiamo dedicato un episodio speciale del podcast Ma sei serial? alla serie più importante sull’argomento: The Handmaid’s Tale, Il racconto dell’ancella nell’edizione italiana.

Il racconto dell'ancella e l'episodio speciale di Ma sei serial?

La serie tratta dall’omonimo romanzo di Margaret Atwood, pubblicato per la prima volta nel 1985, racconta l’ascesa di una teocrazia dittatoriale in cui le donne, in una parte degli Stati Uniti, vengono ridotte sostanzialmente a schiave. La Repubblica di Gilead nasce mentre il mondo sta morendo per l’infertilità: i pochi bambini che vengono messi al mondo sono spesso malati e muoiono entro pochi giorni.

Ogni donna fertile viene sequestrata e inviata al Centro Rosso, una prigione in cui viene addestrata a diventare un’ancella. Ovvero la donna che verrà assegnata alla casa di uno dei comandanti di Gilead per mettere al mondo un figlio e lasciarlo al comandante e alla moglie, per poi passare ad un’altra casa e ripetere l’operazione.

Le donne diventano incubatrici viventi, sottoposte a ogni genere di tortura e di minaccia in una società senza più processi, giustizia, diritti.

The Handmaid’s Tale, premiata con 15 Emmy e 2 Golden Globes che hanno riconosciuto l’incomparabile bravura della protagonista Elisabeth Moss in un ruolo difficile come pochi altri, ha un punto di vista femminile. Moss è June Osborne, protagonista assoluta e nostra guida nel mondo spaventoso di Gilead. Ma non è - ci tengo a sottolinearlo - una serie che contrappone uomini e donne come stanno facendo alcuni nel dibattito sulla cronaca italiana.

Scoprirete tutto sulla serie, le differenze con il romanzo e le tematiche nel podcast, in cui ho voluto sottolineare come i personaggi non si dividano in “buoni” e “cattivi” in base al sesso. Due dei personaggi più crudeli dell’intera storia sono infatti donne, così come ci sono uomini coraggiosi che rischiano la vita per salvare le donne.

25 novembre: Serie di donne e uomini per donne e uomini


Come molte altre serie e miniserie di grande valore - The Handmaid’s Tale è indiscutibilmente un capolavoro - il messaggio contro la violenza sulle donne si rivolge agli spettatori. Tutti gli spettatori. Uomini e donne. E viene rivolto loro da uomini e donne.

Unbelievable, miniserie di Netflix con Toni Collette, Merritt Wever e Kaitlyn Dever, è stata co-creata da un uomo. Parla di una storia incredibile - “unbelievable”, appunto - costruita attorno a una denuncia di violenza da parte di una ragazza e ci mostra come le vittime di stupro, fin troppo spesso, finiscano sul banco degli imputati.

Unbelievable è una serie toccante, cruda, che parla al pubblico senza ipocrisie e che segue la linea indicata da The Handmaid’s Tale: mostrare la realtà. Non si dà la colpa agli uomini, si raccontano semplicemente i pregiudizi che circondano ogni storia di violenza sessuale.

Ancora una volta, l’invito è a comprendere, a riconoscere quali siano i problemi e a risolverli insieme.

Big Little Lies, trasmessa in Italia da Sky, vita un cast di star - Meryl Streep, Nicole Kidman, Reese Witherspoon, Shailene Woodley, Laura Dern, Alexander Skarsgård… - per raccontare una storia di violenza sessuale e una storia di violenza domestica, evidenziando la difficoltà di intervenire in una relazione privata, in particolare quando la coppia è benestante, conosciuta e di successo.

A firmarla è un uomo, il grande David E. Kelley, già dietro le quinte di cult televisivi come Ally McBeal, The Practice e Boston Legal.

Sempre di Kelley è anche la miniserie The Undoing - Le verità non dette, con Nicole Kidman e Hugh Grant in un ruolo inedito. Un ruolo che il celebre attore ha accettato proprio perché il punto di vista sulla questione della violenza contro le donne non viene liquidato in tifoserie maschi contro femmine.

Su Netflix troverete anche Maid, eccezionale miniserie con Margaret Quelley e Andie MacDowell che racconta le difficoltà affrontate dalle donne che cercano di sfuggire alla violenza domestica e finiscono per ritrovarsi di fatto sole, guardate con sospetto, accusate di essere in qualche modo artefici della propria condizione.

La delicata questione della violenza è stata affrontata anche da Ragazze elettriche (titolo originale: The Power), la serie di Prime Video con Toni Collette e John Leguizamo incentrata sulla (ri)scoperta di un potere tramite il quale le donne possono generare corrente elettrica, esattamente come le anguille. La serie si spinge oltre: ci mostra come un organo che l’evoluzione ha depotenziato torni a svilupparsi nella società contemporanea, quando le donne hanno bisogno di difendersi dalla violenza. Naturalmente, la diffusione di questo potere terrorizza il mondo, che teme il ribaltamento del potere nell’equilibrio fra i sessi.

Le serie TV ne parlano da sempre

Sono moltissimi i titoli che trattano il tema della violenza sulle donne, ma è anche importante ricordare che le serie TV l’hanno sempre fatto. Perché ci hanno sempre parlato del mondo. E la violenza, nel mondo, esiste da sempre.

Perfino Buffy (Sarah Michelle Gellar), la Cacciatrice in persona, si ritrova vittima di violenza da parte di un uomo. L’icona femminile creata nel 1997 da Joss Whedon (e portata con successo in TV dal suo film del 1992) che vive in un mondo in cui esistono vampiri e demoni che vogliono ucciderla si trova a fare i conti con la violenza sulle donne. Perfino lei, per quanto forte e indipendente, è a rischio. Per il semplice fatto di essere una donna.

E ancora: New York, New York, il grande poliziesco con Tyne Daly e Sharon Glass, negli anni ’80 ci raccontava storie di donne vittima di violenza e metteva in pericolo le protagoniste stesse.

A prescindere dal genere, la violenza sulle donne fa parte della storia della TV. Dal miglior medical drama di sempre, E.R. - Medici in prima linea, a tutti i polizieschi della storia da Adam-12 (1968) a T.J. Hooker col grande William Shatner, fino a Bosch: Legacy (qui la recensione della stagione 2, che si occupa da vicino proprio di violenza contro le donne) hanno sempre trattato l’argomento. Per non parlare di Law & Order: SVU - Unità Vittime Speciali, che ha costruito un’intera serie sulla delicata questione, ottenendo premi e riconoscimenti, e che è ancora in produzione dal 1999. Significa che al pubblico - uomini e donne - interessa.

Non si tratta di una tematica nuova, semplicemente sono aumentate le produzioni televisive - in tutti i campi - e anche le serie che trattano principalmente la violenza sulle donne sono aumentate di numero.

Ma non hanno mai cambiato approccio. Non mi viene in mente - e io ho visto praticamente tutto - una serie che voglia scatenare l’odio fra i sessi. Mi vengono in mente solo prodotti più o meno intelligenti e più o meno memorabili che, anche in epoche in cui era un tabù, mettevano in scena storie che erano sempre in qualche modo ispirate dai fatti di cronaca.

Nell’eterno dibattito in cui psicologici ed educatori indicano nel cinema e nella TV i loro nemici, rei di proporre violenza e orrore a un pubblico anche giovane e non strutturato, da quando studio Cinema ho sempre sostenuto la medesima posizione: la realtà supera sempre la fantasia. Sempre.

Una persona sana di mente non si mette a uccidere o violentare dopo aver visto un film o una serie TV. Se lo fa, significa che stava solo aspettando di esplodere.

I mostri di Buffy - vampiri, demoni, licantropi - non esistono. Esistono uomini e donne che diventano mostri, che compiono azioni mostruose per tante ragioni che non spetta a me ricordare. E che le serie TV, fin dagli anni ’60, mettono in scena come monito contro le derive violente della società.

Criminal Minds non crea mostri, li racconta. Molti dei serial killer della serie sono ispirati ad assassini realmente esistiti. Così come Psyco, il capolavoro di Hitchcock del 1960, era ispirato alle terribili, reali gesta di Ed Gein. Un uomo che nella realtà ha superato la fantasia di ogni sceneggiatore. Aprendo la strada a un dibatto che cinema e TV si preoccupano di proporci perché impariamo a occuparcene nelle nostre vite. Quelle vere. Reali. Quotidiane.