Servant: la trama, il cast, il messaggio della serie Apple prodotta da M. Night Shyamalan

Alla scoperta di Servant, la serie-simbolo di AppleTV+, con un grande cast e una storia ricca di mistero e inquietudine sullo sfondo di un’umana tragedia senza nome.

di Chiara Poli

Arrivata con la prima stagione nel 2019, contemporaneamente al lancio della piattaforma, a tutt’oggi Servant rimane una delle produzioni originali AppleTV+ più iconiche.

Per gli appassionati di serie TV, infatti, l’arrivo di AppleTV+ è coinciso con la diffusione della prima serie prodotta e parzialmente diretta da M. Night Shyamalan, regista e sceneggiatore amatissimo dagli appassionati del genere thriller e soprannaturale.

Il regista che si fece conoscere in tutto il mondo grazie a Il sesto senso ha messo la firma sulla storia di una coppia impegnata a cercare di superare il dramma peggiore che un essere umano debba affrontare. E quella firma si vede.

La trama di Servant


Si chiamano “reborn dolls” e vengono usate per aiutare i genitori che hanno perso un figlio, solitamente per morte in culla o comunque in età inferiore ai 15 mesi di vita.

Dorothy e Sean Turner ne hanno una, una reborn doll assegnata da una specialista che sta cercando di aiutarli a superare la perdita del loro bambino, Jericho.

Quando Dorothy, giornalista televisiva di Filadelfia, decide di essere pronta per tornare al lavoro, però, non se la sente di lasciare Jericho a casa da solo con Sean - chef in ascesa sempre molto impegnato, che non prende affatto sul serio la storia della bambola sostitutiva - e assume una tata a tempo pieno.

Alla porta di casa Turner si presenta così Leanne, una giovane ragazza educatissima e molto dolce, la cui presenza coincide con la trasformazione della reborn doll dei Turner in qualcosa di diverso.

Ma Leanne porta con sé, oltre a una vita di cui nessuno si spiega la provenienza, anche una grave minaccia: la ragazza è infatti fuggita da una sorta di setta, che si presenta dai Turner per riportarla indietro. Dorothy crede di proteggerla offrendole una casa e il calore di quella famiglia che Leanne afferma di non aver mai avuto, ma presto capirà che la storia raccontata dalla ragazza non corrisponde alla realtà…

Il cast della serie


Dorothy, personaggio centrale della serie, ha il volto di Lauren Ambrose (Six Feet Under, Yellowjackets), mentre a interpretare Leanne c’è la giovane e talentuosa Nell Tiger Free, già vista dal grande pubblico in un ruolo minore de Il trono di spade (era Myrcella Baratheon).

Il personaggio di Sean è affidato a Toby Kebbell (Prince of Persia, Bloodshot) che, come le due co-protagoniste, si rivela praticamente perfetto nella sua interpretazione.

Ma non sono solo i tre personaggi al centro della storia a regalarci molte emozioni in Servant: una menzione d’onore va sicuramente all’ex Ron Weasley di Harry Potter, Rupert Grint, che interpreta efficacemente il tormentato fratello di Dorothy, molto presente nella vita della sorella e del cognato.

Anche la famiglia di Leanne entra in scena, a cominciare dall’inquietante zio George, magistralmente portato in scena da Boris McGiver (House of Cards, Person of Interest, The Wire), caratterista di lungo corso che lascia il segno con un personaggio davvero inquietante, da cui è però difficile staccare gli occhi.

Citiamo infine, fra i maggiori, il personaggio di Tobe, anch’esso molto riuscito, interpretato da Tony Revolori (Grand Budapest Hotel), qui nel ruolo dell’assistente di Sean, che lavora quasi sempre da casa e quindi dà a Tobe le chiavi per avere accesso a ingredienti e cucina.

La famiglia Shyamalan dietro le quinte


L’impronta di M. Night Shyamalan, che dirige 5 episodi e produce le 4 stagioni, si coglie nella presenza e l’utilizzo dell’elemento soprannaturale, nell’atmosfera misteriosa, nella tensione narrativa e naturalmente nelle svolte inaspettate prese dalla trama, marchio di fabbrica di Shyamalan, ma anche nel lavoro come regista, produttrice e sceneggiatrice di Ishana Shyamalan, figlia di M. Night, che con questa serie spicca il volo dimostrando di aver imparato bene il mestiere dal padre.

Firma come creatore Tony Basgallop, già dietro le quinte dell’ottima Outcast, serie purtroppo cancellata dopo una sola stagione nonostante fosse l’adattamento di un altro fumetto di Robert Kirkman, il celebre “papà” di The Walking Dead.

Alcuni degli episodi di Servant sono veramente inquietanti. La tensione, soprattutto negli episodi della prima stagione - che gettano le fondamenta per un complesso impianto narrativo - raggiunge spesso livelli molto alti. In una parola, gli episodi della stagione 1 sono veramente creepy, cosa che ha attratto molto gli appassionati del genere horror, ma che poi grazie al passaparola ha mostrato tanti elementi attrattivi anche per un pubblico diverso.

Le quattro stagioni alternano 4 diversi fulcri narrativi, concentrandosi sugli aspetti della genitorialità, del matrimonio, della non facile divisione fra lavoro e famiglia e delle fasi di elaborazione del lutto, mantenendo però sempre al centro della storia il mistero che avvolge il recente passato dei Turner, la vita di Leanne - che non sembra essere chi afferma di essere - e la sua influenza sulla vita di Dorothy e Sean.

Il culto della paura e il messaggio di Servant


Mentre le carte vengono scoperte, un episodio dopo l’altro, grazie agli indizi puntualmente e accuratamente disseminati lungo la strada, Servant passa dall’essere un efficace thriller soprannaturale ad affrontare tematiche importanti e delicate. Prima fra tutte, quella “tragedia senza nome”, come ci raccontano gli stessi personaggi, che riguarda chi perde un figlio.

Chi perde un coniuge diventa vedovo, chi perde i genitori è un orfano, ma non c’è un parola che indica le persone che hanno perso un figlio: si tratta di un evento talmente innaturale, insopportabile e doloroso che nessun termine per indicarlo è stato inserito nel vocabolario comune. Perché si tratta della più grande tragedia che un essere umano possa trovarsi a dover sopportare, e già questo la rende indegna di un nome che in qualche modo potrebbe renderla più “comune”.

Servant ci insegna due cose. Lancia due messaggi molto importanti.

Il primo riguarda il cosiddetto culto della paura: come American Horror Story aveva fatto con Cult, la stagione 7, allo stesso modo Servant ci parla del culto delle personalità, di quella convinzione - e autoconvinzione - che trasforma una persona in una sorta di messia per una setta di seguaci, pronti a tutto pur di farsi notare e “servire”, non a caso, l’oggetto del proprio culto. Servant in inglese significa “servitore, domestico”, insomma si riferisce evidentemente al personaggio di Leanne, ma anche ai servitori di Leanne stessa, che incontriamo nel corso delle varie stagioni.

Nell’era degli influencer, in cui i ragazzini compiono imprese con esiti letali pur di farsi notare, il culto della personalità è un elemento costante nelle produzioni di qualità. E Servant non fa eccezione: ci mostra, ancora una volta non a caso in una famiglia che è nota grazie alla TV e ai social network, come per “servire” la personalità di turno, o per cercare di emularla, si corra il rischio di perdere completamente il contatto con la realtà. E con il concetto stesso di giusto e sbagliato, celebrando il culto della paura, del nonsense, delle impressioni sbagliate.

Il secondo, importantissimo messaggio lanciato da Servant vuole insegnarci a non giudicare. A non giudicare mai le tragedie altrui, che dall’esterno paiono così semplicistiche e dall’interno, come ci mostra la serie, sono in realtà il frutto di una serie di eventi e problemi complessi, che portano a compiere gesti per noi inconcepibili.

Ma stare sul piedistallo e guardare giù, affermando che a noi non sarebbe mai successo, è il più grande errore che possiamo commettere. In questo mondo c’è bisogno di empatia, di aiuto reciproco, di sostegno di fronte al dolore. Servant ce lo ripete a ogni occasione, in modo sempre molto efficace e anche originale.

Curiosità su Servant


Nel gennaio del 2020 la regista italiana Francesca Gregorini ha fatto causa a M. Night Shyamalan e Tony Basgallop per plagio. Secondo lei, infatti, la trama di Servant è stata copiata da quella del suo film del 2013 intitolato La verità su Emanuel, con Jessica Biel e Alfred Molina. In realtà ci sono solamente delle similitudini con il film della Gregorini, che sia Shyamalan che Basgallop hanno dichiarato di non aver mai visto. La Gregorini chiedeva un risarcimento danni, i profitti di Apple e il blocco della distribuzione di Servant, ma un giudice federale nel maggio del 2020 ha archiviato la causa, dichiarando inesistente il plagio. La Gregorini ha fatto ricorso in appello nel 2022 e il ricorso è stato accolto. Ma le speranze che una seconda sentenza dia soddisfazione alla Gregorini sono davvero poche, soprattutto per chi ha visto entrambi i prodotti.

In tutti i suoi film, M. Night Shyamalan si ritaglia un ruolo minore, o una semplice comparsata. Servant, pur essendo la sua prima produzione televisiva, non fa eccezione: il celebre regista compare infatti nei panni di un fattorino.

Per rendere il personaggio dello chef Sean Turner competente al punto giusto, la produzione ha assunto in qualità di consulente lo chef italo-americano Marc Vetri, titolare dal 1998 del famoso ristorante Vetri a Filadelfia, sua città natale. Inizialmente Servant era stato ambientato in una città senza una precisa identità, poi si era pensato prima alla città di Londra e infine a New York. Ma Shyamalan volle che fosse Filadelfia a fare da sfondo alla storia, la stessa città in cui si trova il celebrato ristorante di Vetri.

Rupert Grint, alla sua prima prova in una serie TV americana, ha ottenuto un larghissimo consenso da parte del pubblico - come abbiamo già visto nella sezione dedicata al cast. Nei panni di Julian Pearce, fratello di Dorothy, ha conquistato un HCA Award (il premio assegnato dalla Hollywood Critics Association) per il miglior attore non protagonista in una serie TV.

Oltre a Grint, tutti gli altri attori principali della serie sono di origini britanniche: la sola americana fra gli interpreti principali è Lauren Ambrose. La scelta si deve all'iniziale intenzione di ambientare Servant nella città di Londra, come abbiamo visto poi modificata per volontà del produttore.

Jericho


Nulla, in Servant, è casuale. Nemmeno il nome del figlioletto dei Turner: un nome biblico che richiama la città considerata, a seguito di diversi studi, come la più antica città del mondo. La città della Cisgiordania che compare moltissime volte nell’Antico Testamento e che anticamente rappresentava un punto nevralgico nella storia del cristianesimo. 

L’Enciclopedia Treccani, a proposito di Gerico, recita:

"Durante le feste di Pasqua, Gerico era il ritrovo dei Giudei che dalla Perea e dalla Galilea si recavano a Gerusalemme. Anche Gesù vi passò più volte e nell'ultimo suo viaggio alla santa città vi operò la guarigione dei due ciechi ed accolse l'invito del pubblicano Zaccheo".

In seguito, Gerico - che dagli studi risulta essere stata presente fin dal Neolitico - subì un declino che la portò a diventare una città in rovina, poi riportata in auge all’arrivo degli inglesi nel 1918. Da simbolo del cristianesimo a città abitata prevalentemente da musulmani, nel corso dei secoli Gerico ha rappresentato non soltanto un forte richiamo alla storia, al passato e alle religioni, ma anche quell’influenza della storia, del passato e delle religioni nelle nostre vite. Oggi. A secoli di distanza.

Un rimando al culto della personalità, religiosa o no, che torna in ogni elemento principale di Servant.

Con l’immancabile monito: fate attenzione agli idoli che scegliete di seguire, soprattutto in momenti di forte debolezza, quando siete influenzabili perché in preda alla sofferenza… Anche quando non ha un nome.