Il cinema senza il cinema: lo strano caso di Netflix agli Oscar

Netflix sbarca agli Oscar.

Non era la prima volta, ma la carica e l’attesa non era mai stata così dirompente. Il tema del cinema e le nuove tecnologie non è nuovo. Anzi: nel 1950 era la televisione la nuova tecnologia. E l’emergere di questo nuovo mezzo (a disposizione di tutti e soprattutto in ogni casa) soppiantò la sala cinematografica classica in nome di film che si potevano vedere comodamente a casa propria. Sin da allora ci si era posti il tema se vedere un film in sala non equivalesse o meno a vederlo su un piccolo schermo casalingo. Ma essendo il cinema (nell’accezione statunitense) in primo luogo un mercato, si trattava anche quella di una scelta economica da parte del consumatore. Per cui occorreva pagare uno scotto. Accade dunque una cosa per certi versi imprevista: cambiò il cinema.

Non più per gli over50, ma a misura degli under50. Se ora gli “anziani” potevano stare a casa e vedere film ed intrattenimento, i giovani vedevano quelle sale cinematografiche buie e molto allettanti come una possibilità di svincolarsi dal giogo paterno. Cambiano dunque i registri produttivi, lo stile e le tematiche trattate dei film. Film più innovativi, finalizzati a trarre insegnamento dalle filmografie straniere e soprattutto capaci (alla vigilia del ’68) di essere meno moralisti e maggiormente capaci di trattare tematiche sentite dal nuovo pubblico giovanile: identità, sesso, droga, impegno e guerra. Nasce la Nuova Hollywood, esce Il Laureato di Mike Nichols e tutto ciò che ne consegue.

Oggi la nuova sfida e la nuova linea di frattura si chiama Netflix.

Può un mezzo strettamente intrecciato alla tv ma anche alla rete, dunque a suo modo emanazione della terza rivoluzione industriale, concorrere o essere paragonato ad una pellicola tradizionale e alla sua distribuzione in sala? La contesa non è tanto valoriale (ognuno ha i suoi gusti e le sue sensibilità), ma di carattere formale. I primi a porsi il tema (come spesso capita) sono stati i Festival. Cannes ha detto no. Venezia sì. Il Festival sulla riviera francese ha infatti rifiutato film prodotti dalla Netflix e non riservati ad un’esclusiva distribuzione in sala. Venezia e il suo direttore Alberto Barbera invece hanno accettato film con questa storia e il Leone d’Oro 2018 è stato assegnato ad un film come “ROMA” di Alfonso Cuaron, prodotto dalla piattaforma online e disponibile per i suoi clienti.  Febbraio è il mese degli Oscar.

E il netflixiano “ROMA” si aggiudica ben 10 statuette, finendo per essere il film favorito (assieme a…“La Favorita”) di questa competizione. Per accedere agli Oscar e concorrere alla competizione occorre essere usciti in sala negli Usa (almeno questo prevede l’attuale regolamento, ma a onore del vero non è sempre stato in passato così considerando i film in lingua straniera), cosa che “ROMA” ha fatto più come atto formale di partecipazione che per reale volontà artistica (nonostante per il suo strepitoso sonoro sia quanto mai consigliato…vedere il film in sala!). Non è la prima volta che una produzione Netflix si aggiudica la nomination con miglior film (molto spesso viene dimenticato “Hell or High Water” nel 2017, che per certi versi ha una storia simile ma con un eco mediatico molto limitato) ma è la prima volta che un film del genere corre per vincere. E gli Oscar 2019 rischiano di passare alla storia proprio per questo. Perché possono definire nuovi equilibri e soprattutto nuove scale di valori.

Che cos’è un film oggi? Un premio cinematografico può riguardare anche prodotti non cinematografici? E come si possono evitare forme di elusione come quello di far uscire un film solo in 4-5 sale per concorrere agli Oscar?Temi dirimenti che devono tener conto del grande successo della serialità e della volontà di alcuni premi (in primis i Golden Globes) di premiare anche i prodotti tv oltre che quelli strettamente cinematografici o filmici. Ma se l’Academy risulterà essere una delle ultime fortezze di resistenza e della reazione o un soggetto capace di aprirsi a nuove istanze, lo scopriremo soltanto nei prossimi mesi. Se non addirittura, il 24 febbraio stesso.