5 film ambientati sulla neve, da recuperare secondo le previsioni

Mentre il meteo prospetta un tempo da lupi per diverse zone del nostro Paese nei giorni a venire, ecco qua per voi cinque film da recuperare al caldo delle mura domestiche.

di Maurizio Encari

Neve in arrivo secondo le previsioni? I film da guardare

Chi controlla il meteo online ogni giorno sa bene che è prevista l'arrivo di una perturbazione che potrebbe portare in diverse zone del nostro Paese un'ondata di gelo e possibili nevicate.  E quando uscire col freddo diventa difficile, cosa c'è di meglio che chiudersi in casa, sedersi sul divano con una tisana calda - o un idromele, a seconda dei gusti - e guardare dei bei film? In questo speciale abbiamo deciso di accompagnarvi alla (ri)scoperta di cinque titoli dove proprio la neve è elemento chiave dell'ambientazione o anche della stessa narrazione.

D'altronde vi è sempre stato qualcosa di atavico e primordiale nel rapporto tra la macchina da presa e la coltre bianca. Lontana dall'essere semplice elemento meteorologico o decorazione natalizia, al cinema ha spesso assunto i contorni di un'entità silenziosa e onnivora capace di isolare, nascondere e rivelare al tempo stesso. Il bianco accecante diventa una tabula rasa su cui si inscrivono le più oscure pulsioni umane, un deserto gelido che amplifica il senso di solitudine o costringe i protagonisti a una convivenza forzata e claustrofobica, dove la sopravvivenza fisica va di pari passo con quella psicologica. Che sia il teatro di crimini efferati, il confine invalicabile di una prigione post-apocalittica o lo specchio freddo di una crisi familiare, la neve trasforma il paesaggio in uno stato mentale.

I segreti di Wind River (2017, Taylor Sheridan)

Nella desolata riserva indiana di Wind River, in Wyoming, l'esperto cacciatore esperto Cory Lambert ritrova il corpo congelato di una ragazza nativa americana, scalza e con i polmoni letteralmente esplosi a causa dell'aria gelida inalata durante un disperato tentativo di fuga. Ad affiancarlo nell'indagine arriva Jane Banner, un'agente dell'FBI tanto volenterosa quanto impreparata ad affrontare le leggi non scritte di quella terra dimenticata da Dio e dagli uomini. Insieme, i due dovranno scavare nel silenzio di una comunità ferita, dove la violenza è un linguaggio quotidiano e la giustizia sembra un concetto astratto, sepolto sotto metri di neve e indifferenza.

Secondo film da regista dell'apprezzato sceneggiatore Taylor Sheridan, I segreti di Wind River è un neo-western glaciale e dolente, che usa il paesaggio innevato non come semplice sfondo, ma come metafora di un'America che ha cancellato le tracce dei propri peccati. La neve qui è un sudario che copre le vergogne e preserva il dolore, un elemento naturale ostile che punisce chi non ne rispetta le regole. Un thriller solido e tesissimo, che si eleva a potente denuncia sociale sulla condizione dei nativi, a maschera tragica di un dramma sociale che non conosce disgelo.

The Hateful Eight (2015, Quentin Tarantino)

Qualche anno dopo la fine della Guerra Civile, una diligenza sfreccia attraverso i paesaggi invernali del Wyoming cercando di anticipare una violenta tormenta. A bordo viaggiano il cacciatore di taglie John Ruth, la sua prigioniera Daisy Domergue e due sconosciuti incontrati lungo la strada: l'ex maggiore nordista Marquis Warren e il presunto nuovo sceriffo Chris Mannix. Costretti a rifugiarsi nell'emporio di Minnie per sfuggire alla bufera, i quattro si trovano a condividere lo spazio con altri misteriosi avventori. Mentre fuori la tempesta infuria cancellando ogni via di fuga, dentro la baita la tensione sale progressivamente tra bugie, sospetti e vecchi rancori.

Quentin Tarantino trasforma il formato panoramico dell'Ultra Panavision 70mm in uno strumento paradossale per un kammerspiel claustrofobico, dove l'immensità del bianco esterno serve solo a sigillare l'orrore che si consuma al di dentro. The Hateful Eight è un giallo alla Agatha Christie in salsa western, intriso di sangue e cinismo, un teatro della crudeltà dove la neve funge da sipario invalicabile, costringendo i personaggi a un confronto brutale con la menzogna sulla quale sono stati fondati gli Stati Uniti. Tra dialoghi affilati come rasoi e le note di un Ennio Morricone premiato con l'Oscar, il film è una discesa negli inferi più gelidi dell'animo umano, dove il bianco della tormenta si tinge inesorabilmente di rosso sangue.

Snowpiercer (2013, Bong Joon-ho)

In un futuro non troppo lontano, un fallito esperimento per contrastare il riscaldamento globale ha fatto precipitare la Terra in una nuova, letale, era glaciale, che ha sterminato quasi ogni forma di vita. Gli unici superstiti si trovano a bordo dello Snowpiercer, un treno che procede in moto perpetuo attraversando ininterrottamente il pianeta sferzato dalle tempeste senza fine. All'interno del convoglio vige una rigida divisione in classi: mentre nella testa i ricchi vivono nel vizio, nelle ultime carrozze la gente muore di fame e di freddo. Curtis, leader dei reietti, guida una sanguinosa rivolta per risalire vagone dopo vagone fino alla cima e sovvertire l'ordine prestabilito.

Il regista sudcoreano Bong Joon-ho esordisce ad Hollywood e firma una distopia su rotaie visivamente stordente, dove il concetto di lotta di classe si fa materia cinetica e furiosa. La neve e il gelo assoluto che dominano l'esterno rappresentano la morte istantanea, rendendo il treno un ecosistema chiuso e soffocante, unica possibile arca di Noé in un mondo vittima dell'apocalisse. Snowpiercer è un blockbuster d'autore che alterna sequenze d'azione brutale a momenti di grottesca satira sociale, utilizzando il bianco perenne che scorre oltre i finestrini come costante spauracchio, a ricordare che la vera mostruosità non è il freddo là fuori, ma la crudeltà che l'uomo ha conservato al sicuro dentro i vagoni.

The Snow Woman (1968, Tokuzo Tanaka)

Durante una terribile bufera di neve in una foresta, il giovane scultore Yosaku e il suo anziano maestro cercano riparo in una capanna abbandonata. Nella notte, una donna dalla bellezza spettrale e dalla pelle bianca come il ghiaccio appare e uccide il vecchio con il suo alito gelido, risparmiando però il giovane a patto che non riveli mai a nessuno ciò che ha visto. Anni dopo, Yosaku, ora sposato con la dolce Yuki e padre felice, è tormentato dal ricordo di quella notte. La rottura di quel giuramento scatenerà tragiche conseguenze.

Basato su uno dei racconti più celebri del folklore nipponico, già parte dell'antologico Kwaidan (1964), The Snow Woman di Tokuzo Tanaka è un gioiello del genere kaidan-eiga che mescola l'horror soprannaturale al melodramma gotico. La neve qui non è solo ambientazione, ma essenza stessa della protagonista, incarnazione di una natura bellissima e letale, effimera eppure eterna. Con una fotografia che esalta i contrasti cromatici e una messa in scena di algida eleganza, il film trasforma la leggenda della Yuki-onna in una struggente riflessione sull'amore e sul tradimento, dove il candore del paesaggio riflette la purezza impossibile di un sentimento destinato a sciogliersi come ghiaccio al sole.

Forza maggiore (2014, Ruben Östlund)

Una famiglia svedese modello, formata da padre, madre e due figli biondissimi, trascorre una settimana di vacanza in un esclusivo resort sciistico sulle Alpi francesi. Durante un pranzo sulla terrazza panoramica, una valanga sembra dirigersi minacciosamente verso di loro. Mentre la madre cerca istintivamente di proteggere i bambini, il padre, colto dal panico, afferra il cellulare e scappa via, abbandonandoli. La valanga si rivela infine innocua, fermandosi poco prima dei tavoli, ma il gesto di codardia dell'uomo avrà profonde ripercussioni sull'equilibrio familiare, innescando una crisi di non facile risoluzione.

Prima della Palma d'Oro per The Square (2017), Ruben Östlund aveva già dimostrato la sua capacità di mettere a nudo le ipocrisie della borghesia contemporanea con questo dramma psicologico travestito da commedia nera. In Forza maggiore, la neve e l'ambiente asettico e controllato della stazione sciistica fungono da laboratorio sociale in cui osservare al microscopio la scomparsa della mascolinità moderna. Il bianco abbacinante del panorama riflette le crepe di un matrimonio fondato sulle apparenze, con la valanga a metaforizzare una fiducia tradita. Un film scomodo, tagliente come quel gelo che sfrutta per mettere a nudo le fragilità umane.