Dolph Lundgren: «Aver avuto il cancro è come essere stato in guerra. Se Drago tornasse, io ci sarei».
«Credevo fosse la fine»: Dolph Lundgren racconta il calvario della malattia e la voglia di tornare a combattere al cinema
Dimenticatevi per un attimo l’immagine di Ivan Drago (o nella saga de I mercenari) del Dolph Lungren muscoloso, perché l’attore svedese, entrato ovviamente nell’immaginario grazie a questi titoli, è un uomo dalla personalità più stratificata, curiosa, interessata a esplorare più se stesso, ciò che lo circonda e attende. Lo incontriamo all’ultimo Torino Festival dove per l’occasione ha presentato in anteprima il documentario Dolph Unbreakable, diretto da Andrew Holmes, ad oggi senza ancora distribuzione. Un racconto intimo e personale, nel quale attraversa le tappe più importanti della sua vita e carriera (80 film), la malattia, il cancro, sconfitto dopo otto anni di battaglia, la famiglia, e ovviamente Rocky 4 (quest’anno compie 40 anni) che da quel momento lo ha lanciato nell’universo dei grandi volti del cinema.
Che sensazione si prova nel rivedere (e ripensare) alla propria vita?
In realtà è piuttosto emozionante per molte ragioni. Una è, ovviamente, che ho avuto una vita dura sotto molti aspetti. Ho dovuto lottare, ci sono stati alti e bassi davvero belli, soprattutto ultimamente con la mia situazione di salute e il cancro. Tutte le persone che mi hanno aiutato, mia moglie, i miei medici, mi fanno sentire grato di essere qui, di essere in Italia, di mangiare pasta, invece di essere laggiù o forse lassù. Preferirei rimanere sulla Terra ancora per un po'...
Recentemente ha dichiarato su Variety di non aver ancora finito con Ivan Drago.
Me l'hanno chiesto e io ho detto: "Beh, mi piace il personaggio, ovviamente, perché segue la mia vita. Ero giovane, un combattente nella vita reale, e poi ho interpretato questo personaggio, ritornando anche in Creed 2. Ora posso interpretare il padre di un figlio e vedere un po' di più di quest'uomo, una persona reale.
C'era un altro progetto alla MGM, sul personaggio, intitolato appunto Drago, parlava di me e mio figlio: inizia in Ucraina con un'invasione russa, da dove dobbiamo andarcene, per l’America. Era una bella sceneggiatura, come una storia di immigrati, ma poiché l'universo di Creed è molto potente, i film fanno un sacco di soldi, e Michael B. Jordan è quasi al comando, penso che la MGM abbia messo da parte questo progetto. Sarebbe bello interpretare di nuovo il personaggio se la sceneggiatura fosse buona, ma se non succede va bene lo stesso, l'ho già fatto per 40 anni.
Perché Rocky è ancora così attuale?
Stallone è un ragazzo molto intelligente. Vedi il film, ma non devi sapere nulla di boxe per godertelo, si tratta di vita. Come si incassa un pugno e ci si rialza? Come si combatte in ogni combattimento della nostra vita? Rocky è ancora valido, parla di questo, non ci sono versioni B, è quella colonna sonora, la gente la ascolta e sa subito cosa rappresenta, magari dice” Oh, sì, voglio andare in palestra. Voglio essere qualcuno di speciale".
Ha qualche memoria di quel set?
Un sacco di ricordi. La prima volta che ho incontrato Stallone aveva i capelli lunghi, doveva fare Rambo. Rimasi folgorato nel suo ufficio. Disse: “Dobbiamo indossare pantaloncini corti e scattare foto”. C’è una scena in Rocky 4 in cui sono su questo ring a Las Vegas, mi stanno portando in quest'arena, e io aspetto. E il tizio si avvicina, il mio allenatore, e io aspetto. Quando c'è il via, ed entro in questa sala da ballo con James Brown e tutte queste ballerine e mille persone e ci sono aerei che volano. Ricordo che nel film si vede la mia faccia, non quella di Drago, ma quella è realmente del Dolph sorpreso e si chiede: “cosa mi è successo? cosa ci faccio qui?”
È divertente perché è un momento davvero bello del film, è il mio preferito.
Il suo percorso contro il cancro cosa le ha insegnato?
Ho dovuto dirlo ai produttori, non lo sapevano, è successo dopo circa sei, sette mesi, ed ero emozionato. Quando si attraversa una cosa del genere è come essere un soldato in guerra, sei in trincea a sparare, ma non hai tempo per pensare. Corri, spari, dormi. Non senti niente, sei in modalità sopravvivenza. Ma poi, c’è qualcuno, nel momento in cui torna a casa, magari quattro mesi dopo, che inizia a bere, forse si droga, forse si suicida, il corpo ha una reazione. Io dopo un anno ho iniziato ad avere problemi emotivi, ma ne sono uscito. Rivivo alcune di quelle esperienze quando lo guardo, sono però molto grato di averle affrontate e di essere seduto qui, nel documentario si ride anche (sorride, ndr).
Avrebbe mai immaginato questa carriera?
Ero un ragazzino svedese che non aveva idea di cosa sarebbe successo. Sono andato in America per diventare ingegnere chimico e sono finito a Hollywood, allo Studio 54, da lì è accaduto tutto il resto, incontrando poi Stallone. È quasi come un film, come se qualcuno avesse scritto una sceneggiatura, ma è reale, e io ci sono ancora dentro. Spero di avere ancora qualche pagina da scrivere e aggiungere.
Anni fa parlò un po' di suo padre, un rapporto molto duro e complicato, lui era un militare. Questo in che modo ha influito sul suo essere diventato genitore?
Bella domanda. È stata una parte difficile della mia vita. Mio padre, che ammiravo, era piuttosto violento. Più tardi ho capito che probabilmente aveva avuto lui stesso molti problemi fin dall'infanzia, come diceva il mio terapeuta, “siamo vittime di vittime”. Quindi, da bambino ho avuto un periodo difficile, era violento con mia madre. Ovviamente, a quell’età, volevo salvare mia mamma, ma non potevo perché ero troppo piccolo e lui troppo grande. Penso di essermi sempre detto: se avrò figli miei, allora voglio essere molto amorevole e premuroso con loro. Sono stato fortunato ad avere due figlie femmine, i figli maschi sono più complicati. Penso di viziarle un po' troppo, ma forse, per il loro bene, ora devono prendersi cura di se stesse. Penso ancora a mio padre, in un certo senso, forse è stato il destino. Senza di lui, non sarei diventato un combattente. Probabilmente non sarei diventato un attore. I miei fratelli sono persone semplici in Svezia, svolgono un lavoro normale. Non puoi scegliere i tuoi genitori, ma sono quasi stati scelti per te, così puoi completare un percorso nella tua vita che qualcun altro, più grande di te, ha deciso. Credo che sia così che la vedo.
Pensa davvero che le ragazze siano più facili dei ragazzi? È la prima volta che lo sento.
Non sono più facili da gestire, ma non c'è quella minaccia fisica, come con un ragazzo, che alla fine, potrebbe prendere il sopravvento su di te. Se sei insicuro come padre, puoi sentirti minacciato da un ragazzo. Io sono stato il primo figlio, mia madre mi amava e mi baciava, e papà è diventato geloso forse, vede io avrei potuto commettere i suoi stessi errori, finendo per fare esattamente come mio padre.
Guardano i suoi film?
Non so cosa gli piaccia. Ho diretto un film intitolato Castle Falls, in cui c'è mia figlia Ida, abbiamo una scena insieme. E un altro , Command Performance, dove suono la batteria, gli è piaciuto quello. Credo sicuramente I Mercenari perché erano sul set con Stallone e Arnold.
Qual è l'immagine migliore invece della sua carriera e che la rappresenta di più?
Non ho interpretato bravi personaggi d'azione, raccontare un essere umano a tutto tondo è difficile. Anche quando recitavo in Creed, interpretavo mio padre. Mio fratello mi disse: "Oh, no, è nostro padre". Forse vedere un ragazzo normale in palestra, che cerca di stare da solo, quella è la mia immagine. Sarebbe bello interpretare una commedia o un personaggio più leggero, ma non vedo sceneggiature del genere. La gente vuole pagare per vedermi in azione.
Non si è mai sentito etichettato?
Certo, moltissimo, e fin dal primo momento. L'etichetta è cambiata però un po'. Sono passato dall'essere un ragazzo d'azione, un giovane muscoloso che picchiava la gente, a ruoli un po' più complessi, anche una figura “politica” come in Aquaman, un genitore, come in Creed 2. Ora, grazie al documentario, posso parlare di cancro e di argomenti più profondi. Penso anche che bisogna riconoscere che a volte un'etichetta è una buona cosa, perché se non ce l’hai, forse nessuno ti vuole comprare.
Guarda Clint Eastwood, è un tipo intelligente, interpreta quel personaggio (lo imita verbalmente, ndr), è lui, ed è sempre riconoscibile, non importa se vince l'Oscar. C’è una strada in cui si possono mantenere alcune di quelle qualità commerciali che la gente ama vedere in me, come essere duro e spaventoso, ma si può avere anche un lato più umano.
Com’è il suo presente e futuro?
Ora produco alcuni film, ho anche un libro in uscita l'anno prossimo. Cerco di aiutare le persone che stanno combattendo contro il cancro, faccio anche parte del consiglio di amministrazione di una fondazione, la Kidney Cancer Association. Mi sono unito a loro solo questa settimana, in realtà, per aiutarli con la raccolta fondi. Il cinema, il teatro, sono sempre lì: mi piace correre in giro e interpretare altri personaggi. Ho una sceneggiatura, l’abbiamo sviluppata, qualcuno è venuto da me con un'idea.
Tempo fa c'è stato un incidente in cui qualcuno sparò a un dog sitter e prese i tre cani di Lady Gaga. Poi ha pagato un riscatto, tipo 500.000 dollari. Uno scrittore mi ha proposto un'idea su questi due tizi coinvolti con la mafia a Los Angeles, due idioti, due ragazzini, che volevano far soldi, rapire dei bei cani ricchi a Beverly Hills.
Spero si concretizzi, è una storia particolare, anche divertente. L'anno prossimo condurrò anche una serie su History Channel chiamata "History's Great It", roba da ingegneri, è la prima volta che lo faccio.
Lei ha anche un'azienda di vodka che ha creato qualche anno fa, si chiama Hard Cut Vodka.
Ho iniziato con mia moglie, ma ora devo prendere in mano la situazione, sono dovuto diventare l'amministratore delegato dopo aver licenziato alcune persone. Voglio ancora tanto lavoro, lo faccio ogni giorno. Spero di portare il marchio in Italia. Qualcuno ha detto che la mia pubblicità sarà: "Devi bere la mia vodka o ti spiezzo in due".
Vedremo se funzionerà (ride, ndr)