Sex Education stagione 4, recensione: una serie che ci mancherà, anche con le sue contraddizioni

Sex Education se ne va centrando un finale abbastanza riuscito. Le contraddizioni rimangono, ma Otis e gli altri ci mancheranno. La recensione della quarta e ultima stagione.

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Prima di guardare l’ultima stagione di Sex Education, fatevi un favore: riguardate il primo episodio, il pilota che ha aperto la splendida avventura scolastica e umana di Otis, Maeve e Eric. Solo così potrete apprezzare il finale della serie che va a citare proprio le prime scene, cogliendo appieno il cambiamento non tanto dei personaggi, quanto del clima seriale e sociale che circonda il mondo degli adolescenti, di come sono raccontati dai giovani adulti che tentano di dare loro voce.

Sex Education è cambiata tanto nel corso delle sue 4 stagioni, non sempre per logiche puramente interne al suo racconto. Il balzo dalla terza alla quarta e ultima stagione è notevole, si assiste quasi a un terremoto. Con la chiusura del Moordale Secondary, Otis e gli altri vengono dirottati in una realtà completamente differente, quasi opposta: quella del Cavendish Sixth Form College. È una mossa rischiosa, perché porta lo show a introdurre e dare spazio a tanti, tantissimi nuovi personaggi, che strizzano l’occhio in più di un’occasione al clima e al cast di Heartstopper.

La creatrice dello show Laurie Nunn si ritrova quindi a inseguire una realtà differente, a dover tradire in parte l’origine e il clima della sua serie. Nel complesso fa un buon lavoro, dando un finale abbastanza soddisfacente alla sua creatura. È evidente però cone Sex Education abbia perso l’energia vorace e la spregiudicata comicità del suo avvio, finendo spesso per avvitarsi su sé stesso e facendo un torto ad alcuni dei suoi migliori personaggi.

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Cosa succede nella quarta stagione di Sex Education

La quarta stagione di Sex Education è un vero e proprio reset. Maeve è lontanissima, Otis, Eric, Ruby e gli altri ripartono da zero al Cavendish Sixth Form College: una realtà scolastica radicalmente differente da quella che hanno finora conosciuto.

Autogestito dagli studenti, paradiso e rifugio per la comunità queer, artistica e gli stramboidi in generale, il Cavendish rifiuta le logiche competitive dei voti, propone tablet personali e corsi di yoga mattutina, vede tra gli studenti più popolari coloro che pratica una gentilezza assoluta, indiscriminata.

Non è uno shock solo per Otis ed Eric: anche lo spettatore rimane smarrito da un’ambiente così lontano dagli esordi della serie da assumere un’involontaria aura parodica. Laddove non c’è attrito, laddove tutto funziona, non c’è appiglio per la comicità. Nel paradiso del Cavendish le contraddizioni sono ridotte al minimo e dalle problematiche tragicomiche tra le lenzuola dei giovani studenti si passa a tematiche drammatiche, o quantomeno da dramamedy.

L’asse è quasi completamente spostato sullo spettro queer: si parla delle difficoltà di alcuni studenti che stanno affrontano la transizione, di ragazzini cacciati dalla loro casa e comunità che stanno ricostruendo la loro vita, di persone con disabilità che tentano di rendere visibile quanto la visione abilista, per quanto ben intenzionata, renda loro difficile la vita. 

Ben più canonica e drammatica è anche la svolta narrativa che prendono i vecchi personaggi: Maeve affronta una batosta dietro l’altra, Aimee cerca di mettere a fuoco come uscire dal suo trauma, Ruby di scendere a patti con ferite del suo passato che si ripresentano inaspettatamente.

Sono Otis e Eric, insieme alla madre del protagonista Jean Milburn, a portare avanti le parti più brillanti della storia. Otis viene messo in crisi dai suoi “sostituti”: la madre è completamente assorbita da una neonata che piange di continuo, a scuola c’è un adolescente terapeuta che gli dà del filo da torcere. Eric deve fare i conti, in via definitiva, con il suo essere queer e credente, supportato per la prima volta da una realtà in cui non è un reietto e in cui sente di essere capito e supportato come non era mai avvenuto, nemmeno con il suo amico d’infanzia Otis.

Con l’approssimarsi della fine dell’anno scolastico, ogni personaggio dovrà cominciare a tirare le somme e pensare al proprio futuro.

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Otis, Maeve, Ruby: un finale inconcludente

C’è grande attesa tra i fan di Sex Education per scoprire chi farà coppia con Otis. Come si risolverà il triangolo al centro della serie tra Otis, Maeve e Ruby? La risposta, da qualsiasi prospettiva la si guardi, non è pienamente sviluppata e, in ultima istanza, sin troppo timorosa.

Il problema non sta tanto nei personaggi di Maeve e Ruby, che anzi hanno una trama dedicata in questa quarta stagione. Entrambe si sono affrancate da tempo dall’essere un semplice interesse amoroso del protagonista, conquistano spazio e dignità proprie. Il bello di Sex Education sta proprio nella capacità di tratteggiare grandi personaggi tra comprimari e anche comparse, restituendo una collettività di caratteri (sessuali e non) composita.

Il problema è Otis di cui, puntata dopo puntata, è sempre più evidente che Laurie Nunn non sappia cosa fare. Se Sex Education venisse scritto oggi, Otis non sarebbe il protagonista, nonostante l’ottima attitudine comica di un fuoriclasse come Asa Butterfield (25enne con una carriera da veterano) è ciò che ha salvato la serie in più di un momento di difficoltà.

Non è che Otis non sia un personaggio interessante. In avvio di serie è un ragazzino con tante problematiche ma un dono, una passione, una prospettiva e una cotta, Maeve. Il problema sta nel fatto che la serie prende progressivamente questi elementi e li sposta su altri personaggi. Nella quarta stagione Otis si scontra con O., che ha lo stesso talento e le stesse ambizioni. A posteriori il suo personaggio è meno convenzionale, ma cade nella trappola narrativa che taglia le gambe di gran parte degli show Netflix: quella di una rappresentazione queer pulita, iperpositiva, in cui anche i tratti sgradevoli (i pochi presenti) si risolvono con il personaggio che fa o dice sempre la cosa giusta, o quantomeno l’eterosessuale bianco lì vicino ne fa una talmente sbagliata da salvare la situazione.

Otis quindi viene spogliato dei suoi elementi interessanti e caricato del ridicolo, del cringe necessario a preservare la vena comica sempre più sottile della serie. Butterfield tiene il tutto a galla, anche quando la scrittura riserva al suo adolescente innamorato scelte e battute abbastanza infelici e irrealistiche. Al contempo, Sex Education finisce per accodarsi alla lunga serie di titoli visti in questi anni che sembrano suggerire che una realizzazione femminile piena non può coesistere con una relazione romantica appagante: da qui l’unico finale possibile per Otis, Maeve e Ruby, che finisce per tarpare un po’ le ali a tutti e tre.

Sex Education stagione 4, recensione: una serie che ci mancherà, anche con le sue contraddizioni

Eric e la rappresentazione queer di Sex Education

A tagliare davvero le gambe a Sex Education è la mancanza di coraggio nel fare una scelta radicale. Otis è ridondante, è sempre più ridicolo e nel torto? Perché non renderlo l’antagonista, quello rimasto indietro, dando la corona di protagonista a un altro? Sicuramente sarebbe stata una scelta divisiva e forse impopolare, ma più forte, coerente con quello che la serie riesce a fare meglio.

Sin dall’inizio Eric è stato un grande personaggio di Sex Education, complice la strepitosa performance di Ncuti Gatwa. In questa stagione gli vengono riservate alcune delle pagine più belle, ispirate, graffianti. Centrale per il suo personaggio è la difficilissima riconciliazione con il suo lato religioso. La madre vorrebbe farlo battezzare, ma lui non si sente accettato in una chiesa che gli chiede di fingere di essere un altro per fare parte della comunità.

In linea con la natura sopra le righe e irriverente del personaggio, Eric è protagonista di una serie di sogni e visioni che pian piano gli mostrano la strada per riconciliare il suo amore per “Black Jesus” con la sua identità. Sex Education raggiunge vette molto alte nel rendere visivamente la ricchezza spirituale di Eric, il continuo dialogo interiore che ha col divino, l’irresistibile attrazione che ha verso la spiritualità.

Non solo: Nunn ci regala un grandissimo sviluppo nell’amicizia tra lui e Otis, in cui entrambi si rendono conto che l’altro non può capirli completamente. Eric sente che Otis non comprende appieno la sua lotta queer ma anche il suo essere religioso, Otis gli confessa in un passaggio vibrante di non riuscire a essere del tutto sé stesso per timore di dire o fare qualcosa di sbagliato. Sfortunatamente però Sex Education manca di prendere una scelta forte anche su questo versante. Otis ed Eric non affrontano mai davvero questo problema dopo averlo esplicitato. La serie dà a Otis una comunità queer che lo capisce fino in fondo, ma ricuce il rapporto con Otis senza indagare le sue criticità. È vero che Otis capisce Eric fino a un certo punto, è vero che Eric mantiene il suo rapporto con Otis a distanza di sicurezza da quello con il resto degli studenti queer di Cavendish. Solo questa questione avrebbe richiesto, avrebbe meritato un’altra stagione.

Sex Education stagione 4, recensione: una serie che ci mancherà, anche con le sue contraddizioni

L’evoluzione del personaggio di Eric è forse la più riuscita di tutta la serie: trova la sua strada e riesce a mettersi a fuoco, senza però perdere le sue sfumature, le fallacità che fanno di lui un personaggio a tutto tondo.

Il resto delle tante aggiunte queer al cast - a partire da O. - hanno un ottimo potenziale maconflitti così residuali, così inconsistenti da portare poco alla stagione e alla serie. Sono santini: chi ha bisogno di vedersi rappresentato ne troverà conforto, ma è un’immagine idealizzata, pulita, che anche nei suoi momenti più drammatici risulta in qualche modo sterilizzata.

La storia dei due adolescenti che affrontano la transizione è durissima sulla carta, ma la trama ben più convenzionale riservata a Maeve è l’autentico pugno dello stomaco della stagione. A lei è riservato il diritto di essere confusa, incoerente, di sbagliare, risultando però vibrante.

Cosa rimarrà di Sex Education

Sex Education è tra le serie migliori realizzate nella seconda fase della vita di Netflix, una volta che il servizio streaming si è stabilizzato, ha fatto investimenti meno rischiosi e ha puntato più su un target giovanile.

Il suo più grande lascito è indubbiamente una batteria di giovani interpreti talentuosi che è stata lanciata proprio da questa serie: Emma Mackey, Ncuti Gatwa, Tanya Reynolds, Connor Swindells. Ha inoltre rivelato la versatilità di Asa Butterfield, attore dai grandi tempi comici sinora votato a ruoli di forte impatto drammatico.

Otis, Maeve ed Eric rimarranno a lungo nel pantheon Netflix, anche se la serie inglese, pur popolarissima, non ha avuto l’impatto epocale di altri titoli del catalogo, come Stranger Things e La casa di carta.

Il suo sviluppo ha inoltre fotografato come la crescente attenzione alla rappresentazione di gruppi precedentemente poco o per nulla presenti in TV ha creato tutta una serie di criticità narrative non da poco. Essere presenti ed essere ben rappresentati è diverso dal essere efficaci narrativamente.

Sex Education stagione 4, recensione: una serie che ci mancherà, anche con le sue contraddizioni

Sex Education

Rating: V.M. 14

Nazione: Inghilterra, America

7

Voto

Redazione

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Sex Education

Seppur costretto progressivamente a inseguire una sensibilità in costante cambiamento, Sex Education se l’è cavata meglio di altre serie nel tentare di rappresentare una realtà poliedrica senza perdere una certa complessità o, peggio, dare l’impressione di seguire “un’agenda” piuttosto che portare avanti una narrazione, una visione.

Nel finale però ci lascia tanti conflitti irrisolti, tornando un po’ al punto di partenza: il sesso e la vita sono complicati e, anche quando si tenta di tenere insieme tutto e tutti per un mondo migliore, c’è sempre qualcosa che finisce per lasciare una nota dolce amara. Sex Education insomma non ha saputo risolvere i problemi di una serialità in cambiamento, ma è riuscita a fotografarli e affrontarli con discreta efficacia.