LEGO Star Wars: Rebuild the Galaxy: Pieces of the Past, recensione
Ai confini della Galassia si può fare quasi di tutto
Quella che stiamo vivendo, almeno per quanto riguarda l’intrattenimento, verrà ricordata tra altre cose come l’era del multiverso. Sdoganata alle masse dal Marvel Cinematic Universe, la contaminazione tra universi narrativi si è estesa con la rapidità di un disastro ecologico (e con le stesse conseguenze, secondo i detrattori) raggiungendo ogni angolo della brand-o-sfera. LEGO Star Wars: Rebuild the Galaxy: Pieces of the Past (il titolo completo è davvero questo, nessun errore) è la seconda stagione di uno show che ha saputo, sorprendentemente, prendere il concetto di multiverso, applicarlo a un brand che in teoria non si presta facilmente alla modifica della sua formula e spingerlo quanto più in là possibile.
Tra i tanti pretesti utilizzati in questo anni per giustificare allegre scampagnate (o più spesso scazzottate) tra un universo parallelo/narrativo e l'altro, LEGO Star Wars: Rebuild the Galaxy ne sfodera uno dei più simpatici e azzeccati. Ambientando i suoi eventi nell'universo LEGO, la nuova serie Disney+ che approda oggi in streaming con tutti i quattro episodi disponibili riporta in scena la coppia di fratelli protagonisti della prima stagione, graziati dalla Forza del potere di, rispettivamente, combinare e scombinare i mattoncini. Sulla strada di Sig e Dev Greebling questa volta si trova però il maestro del loro maestro, Solitus, riemerso da un esilio forzato con l'intenzione di cancellare l'intero universo sfruttando i poteri dei due fratelli.
I due fratelli o dello Yin e dello Yang
C'è un motivo se il rimescolamento di LEGO Star Wars: Rebuild the Galaxy, dove i buoni diventano cattivi e linee temporali si mescolano, ed è tutto da ricercare nella dimensione di archetipo applicabile a qualunque personaggio del cast principale della serie. Sig e Dev replicano nelle loro dinamiche tutte le dicotomie su cui è stata costruita la mitologia di Star Wars, inclusa problematicità della dimensione familiare, per una volta lontani della dinastia Skywalker. Sono al contempo fratelli, padawan rivali, Jedi e Sith, eroe e ribelle: è come se il loro rivivessero tutti i protagonisti della saga da Luke Skywalker ad Han Solo, Anakin Skywalker, Kylo Ren, fino a Cassian Andor.
E allo stesso modo Jedi Bob, Yesi Scala e Servo, che fanno il loro ritorno dalla stagione precedente, rappresentano ciascuno il modello del maestro, della spalla e dell’assistente robotico. Mescolano al loro interno caratteristiche di personaggi diversi senza mai tradire lo spirito del ruolo, al punto che tutto ciò che gira intorno alla loro evoluzione si può intravedere con largo anticipo, senza sorprese. A differenza di altri casi in cui il ritorno alle radici della saga è stato un pretesto per affondarla in un loop creativo da cui tuttora fatica a riemergere (sapete a quale pellicola mi riferisco, suvvia), in questa occasione l'assoluta fedeltà di Sig & co. al loro archetipo è un àncora che consente a Pieces of the Past di salpare verso rotte territori inesplorati attraverso l'uso davvero molto libero del cast di supporto e dei tanti comprimari.
Una galassia da rifare
E a dirla tutti, i personaggi contemporaneamente in scena spesso sono talmente tanti che ogni tanto si rischia di perdere il filo del discorso e dimenticarsi di chi sia rimasto dove; poco male, in questi casi basta rispolverare l'approccio utilizzato per godersi Tenet e tirare dritto. Non che si abbia molta altra scelta in fondo, perché LEGO Star Wars: Rebuild the Galaxy: Pieces of the Past condensa in quattro episodi da circa 23 minuti ciascuno quattro mini-film, quasi fruibili individualmente come capitoli di una tetralogia. Il mezzo attraverso cui la serie di Dan Hernandez e Benji Samit raggiunge questo risultato è un ritmo serrato, incessante, sincopato, che lascia poco tempo agli eventi per sedimentare.
La libertà creativa concessa dalla contaminazione tra LEGO e Star Wars consente ai due showrunner, i già citati Dan Hernandez e Benji Samit, di sfumare il confine del possibile e un Darth Maul tenerino e canterino è solo una dei tanti azzardi con cui LEGO Star Wars: Rebuild the Galaxy: Pieces of the Past si concede di maneggiare la saga di Lucas, strizzando l’occhio ai fan e sistemando qua e là qualche piccola incoerenza narrativa vecchia di decenni a colpi di battute. Il punto più alto del rimescolamento galattico, tuttavia, è senza dubbio la sottotrama che vede coinvolti gli Skywalker, una riunione familiare impossibile altrove che vede il ricongiungimento di tutti i membri della famiglia intorno alla spassosa figura di Jedi Vader, uno degli esempi più riusciti di ribaltamento delle prospettive operato da LEGO Star Wars: Rebuild the Galaxy: Pieces of the Past.
La contaminazione tra generi e linguaggi non si manifesta però solo attraverso il variegato cast di personaggi, ma anche in alcune scelte registiche che a tratti fanno assomigliare la serie a un videogioco: in particolare, in diverse scene di combattimento si fa ricorso a un linguaggio ben noto ai videogiocatori, quello che codifica il momento della battaglia col boss nelle sue diverse fasi. In termini di riferimenti visuali, in LEGO Star Wars: Rebuild the Galaxy: Pieces of the Past c’è davvero un po’ di tutto, inclusi alcuni richiami all’estetica del combattimento dei manga, elemento che nell'ultimo decennio sta fortemente influenzando l'intrattenimento occidentale.
La frenetica e allegra esplosività con cui LEGO Star Wars: Rebuild the Galaxy: Pieces of the Past mette in scena le sue avventure riesce a mascherare qualche magagna, come una regia un po’ altalenante che in alcune occasioni si concede inquadrature e soluzioni visive davvero interessanti, mentre in altri frangenti risulta un po’ più pigra. Si fa quasi fatica ad accorgersene però mentre si viene colpiti da sequenze e battute a ripetizione, che si rincorrono a un ritmo vertiginoso. Nella sua frenesia, LEGO Star Wars: Rebuild the Galaxy: Pieces of the Past riesce a fare qualcosa di molto complicato, ovvero mantenersi fedele allo spirito di Star Wars e al contempo a esplorare territori quasi proibiti della saga, il tutto in meno della durata standard di un film. Se dopo aver visto i quattro episodi doveste sentirvi un po’ frastornati, non preoccupatevi, è solo un piccolo effetto collaterale della Forza.