Tormented Souls 2, recensione: l'ottimo sequel di un survival horror vecchia scuola sempre più promettente

Caroline Walker affronta ancora una volta l'oscurità e i suoi orrori per salvare la sorella Anna

di Alessandra Borgonovo

Tormented Souls è stato un omaggio brillante e sentito, seppur imperfetto, a quella stagione d'oro dei survival horror che vide in titoli come Silent Hill e Resident Evil i suoi massimi esponenti. Sviluppato con passione dai fratelli Gabriel e German Araneda di Dual Effect Games, il primo capitolo ha dimostrato come anche una piccola produzione indipendente cilena, lontana anni luce dai tripla A di Capcom e Konami, potesse catturare e modernizzare l'essenza di un genere: l'atmosfera opprimente, le inquadrature fisse strategiche e, soprattutto, gli enigmi cervellotici che ci costringevano a riprendere in mano il blocco note. L'esperienza nell'Ospedale Wildberger non era esente da difetti tecnici, specialmente nel doppiaggio e nelle scene d'intermezzo, ma il suo cuore pulsante - quella combinazione di design dei mostri aberrante e ambientazioni cliché ma curate - ha superato ogni spigolosità. Il gioco si è imposto come un titolo imperdibile per i puristi, desiderosi di riscoprire i percorsi a ritroso forzati e la gestione oculata delle risorse. Dopo aver chiuso il cerchio narrativo di Caroline Walker con finali multipli e averci lasciato con la speranza di un futuro luminoso per lo studio, era naturale attendere un seguito che potesse consolidare le basi gettate.

Con Tormented Souls 2 (Qui su Amazon), la protagonista Caroline Walker è di nuovo costretta a "sporcarsi le mani" e a riabbracciare i suoi poteri per affrontare un nuovo incubo, questa volta non per la sua identità, ma per salvare la sorella gemella Anna, tormentata dalle visioni dopo gli eventi della villa/ospedale - se vi state chiedendo il perché della disparità di età nonostante siano gemelle, dovete giocare il primo capitolo e sbloccare il finale segreto, su cui questo nuovo capitolo si basa. Il seguito si presenta come un'espansione naturale e necessaria, mantenendo fede ai pilastri che hanno reso grande l'originale: inquadrature fisse, l'uso della luce contro l'oscurità letale, enigmi mutuati dai punta e clicca e un costante senso di vulnerabilità. Dual Effect ha ascoltato i feedback dei giocatori, introducendo miglioramenti dell'esperienza utente, come la fluidità dei comandi in combattimento, pur espandendo l'ambientazione dall'unico ospedale all'intera cittadina di Villa Hess. La promessa era quella di una narrazione più ampia, con nuove mostruosità, e di un'esperienza che evolve senza tradire le sue radici, spingendo la nostra materia grigia e la nostra resistenza allo stress sempre più in là. Dopo averlo completato, posso confermare che gli sviluppatori sono riusciti nell'intento di evolvere l'esperienza originale senza per questo snaturarla. Ci sono ancora dei necessari passi da muovere per quanto riguarda la resa degli esseri umani, e qualcosa si può fare anche lato doppiaggio sebbene sia migliorato rispetto al precedente, ma tutti i pilastri che hanno sostenuto il primo capitolo qui si ripropongono maggiormente rifiniti.

Gli orrori di Villa Hess

La storia riprende alcuni mesi dopo gli eventi traumatici vissuti da Caroline Walker nell’Ospedale Wildberger. Dopo aver ricucito i brandelli della sua identità e aver salvato la sorella gemella Anna, Caroline nutre la legittima speranza di una vita finalmente normale. Tuttavia, il destino, o l'eredità maledetta della loro famiglia, ha in serbo ben altro. Anna, la cui mente è stata profondamente scossa dagli esperimenti subiti e dalla vicinanza a quell'"Altro Lato" che Caroline è in grado di attraversare, inizia a soffrire di una misteriosa e agghiacciante afflizione. Le sue visioni di violenza e morte non solo la tormentano nel sonno, ma si manifestano in disegni inquietanti che, con orrore crescente, sembrano in qualche modo prendere forma nella realtà.

Di fronte all'inutilità dei rimedi convenzionali - un tema, quello dell'impotenza della medicina moderna contro l'orrore soprannaturale, che è un chiaro topos del genere - Caroline è costretta a rivolgersi nuovamente a ciò che è proibito. La ricerca di una cura per liberare Anna da questa misteriosa malattia porta le due sorelle nella remota cittadina di Villa Hess, nel sud del Cile. Il luogo si presenta come una comunità appartata, ma il loro vero punto d'arrivo è una clinica nascosta all'interno di un convento/monastero gestito da un ordine religioso. Il viaggio, suggerito pare da una vecchia conoscenza di Caroline, si conclude con l'arrivo nella struttura, dove un sorriso affabile delle suore cela presto una verità nauseante.

Non appena cala la notte, Caroline si risveglia da un sonno profondo e scopre che Anna è stata rapita. L'azione non è casuale: è opera di un culto contorto guidato da Madre Lucia, la matriarca dell'ordine. La setta ha un obiettivo terrificante: completare l'opera del nonno di Caroline e Anna, quel Dottor Noah che aveva avviato gli impensabili esperimenti all'Ospedale Wildberger. Caroline si ritrova subito intrappolata nelle claustrofobiche mura del convento, risvegliandosi in un'infermeria, ma è tra queste stesse mura che ritrova la sua vecchia amica: la fidata sparachiodi pneumatica, segno che la lotta per la sopravvivenza è ricominciata.

Da questo punto, l'esplorazione si espande oltre il monastero labirintico, rivelando gli orrori di tutta Villa Hess, che nasconde oscuri segreti e creature abominevoli. Caroline dovrà ancora una volta fare affidamento sui suoi poteri sovrannaturali, il viaggio nell'"Altro Lato" e l'interazione con i "replay" dei ricordi, per manipolare la realtà, risolvere gli enigmi che le sbarrano la strada e svelare i diversi strati di una storia complessa, il cui unico obiettivo è liberare Anna da un destino che sembra perseguitare le due gemelle. La posta in gioco è la salvezza della sorella e, implicitamente, la possibilità di riscattare la loro vita da quel passato che si rifiuta di lasciarle andare.

Dopo aver concluso il mio viaggio a Villa Hess, posso confermare che l'impianto narrativo è ancora una volta ben strutturato e, soprattutto, trae un netto vantaggio dall'espansione del mondo di gioco, non più confinato alle sole mura di un ospedale. La trama non manca affatto di colpi di scena, riuscendo a mantenere viva l'attenzione e la tensione man mano che Caroline si addentra nelle nuove ambientazioni: ogni scorcio del convento labirintico (l'ambientazione più riuscita a livello di cura dei dettagli), dell'inquietante centro commerciale e delle altre aree della città porta con sé la genuina curiosità per l'orrore in serbo. Il ritmo dell'esperienza, tuttavia, può risultare volutamente rallentato in diversi passaggi. Questa cadenza è dettata dalla mancanza di chiarezza sulle aree già visitate o sui legami specifici tra gli oggetti chiave e gli enigmi, spingendoci a fare un frequente avanti-indietro.

Questo continuo percorso a ritroso è, di fatto, uno dei piaceri più classici del genere: è il gioco che ci costringe a tenere traccia personalmente di quanto succede e di dove va usato ogni elemento, senza alcuna concessione o scorciatoia moderna. Sebbene i dialoghi non raggiungano vette eccezionali - e permangono le spigolosità dal punto di vista della recitazione, per quanto migliorata rispetto al capitolo precedente - Dual Effect è stato in grado per una seconda volta di intrecciare una trama interessante che riprende con efficacia le basi poste con il primo capitolo. I modelli dei personaggi umani mantengono ancora la natura indie della produzione, ma c'è un elemento che è ormai difficile definire un difetto: l'abbigliamento improponibile di Caroline. Ritengo che sia ormai diventato un tratto distintivo, quasi iconico, mantenuto apposta per distinguersi e aggiungere quella punta di stravaganza che, in un contesto old school, non stona affatto.

Enigmi e abomini: l'arte di sopravvivere a Villa Hess

Tornando al cuore del gameplay vero e proprio, il primo Tormented Souls richiamava l'horror vecchia scuola in tanti aspetti, tra cui il sistema di salvataggio. Tormented Souls 2 introduce una maggiore flessibilità: l'impianto dei salvataggi classici, basati su nastri magnetici e stanze sicure, è rimasto intatto nella modalità normale, dove i nastri sono disponibili in quantità più che generose, quindi il problema di rimanere a secco non sussiste. Tuttavia, Dual Effect ha voluto rendere il gioco un pochino più accomodante includendo una sorta di modalità assistita per i meno puristi, che introduce l'autosalvataggio, assente nella modalità standard. Coerentemente con la tradizione, è presente anche una modalità difficile, bloccata finché non si completa il gioco una prima volta.

Il passo avanti più significativo riguarda la gestione dell'inventario. Questo resta, come nel primo capitolo, ottimamente suddiviso in sezioni logiche (oggetti, armi/risorse, documenti) e non è soggetto a limitazioni di spazio, un ottimo svecchiamento di un topos del genere che elimina la necessità di trovare casse. Quello che brilla è l'introduzione della selezione rapida delle armi (quick select), che permette di associare fino a quattro oggetti al D-Pad. O meglio, e qui è l'iniziale inghippo, la struttura logica è quella del D-Pad ma in realtà il cambio avviene tramite la levetta analogica destra. È una funzione, quella della selezione rapida, assolutamente pratica e personalizzabile che consente di non doversi addentrare continuamente nei menù per cambiare equipaggiamento, un grande vantaggio in termini di combattimento e sopravvivenza. Io, ad esempio, impostavo sempre l'accendino - essenziale per via della tematica dell'oscurità persistente - insieme a tre armi. Questo per dare l'idea di come impostare la selezione senza per forza basarsi solo sull'offensiva.

L'unica riserva, che tocca il sistema di combattimento nel suo nucleo, è un certo ritardo avvertito proprio nel passaggio da un'arma all'altra. Spesso mi è capitato, volendo conservare munizioni, di sparare per stordire il nemico e poi tentare di finirlo rapidamente in mischia (con martello o piede di porco), ma il tempo di stordimento è relativamente breve e il cambio dell'arma non è così immediato. Questo si traduce nel rischio concreto di sprecare munizioni potenti, come un colpo di fucile a pompa, a causa della concitazione del momento e di una fluidità non ancora ottimale nella transizione. Sebbene il quick select dia una svolta fondamentale, questo aspetto potrebbe sicuramente essere migliorato.

La maggior varietà di ambientazioni ha portato a un miglioramento parallelo nel design e varietà dei nemici: ci ne sono di più e alcuni di essi sono del tutto inaspettati. Il lavoro svolto è stato meticoloso, poiché i nuovi abomini riprendono coerentemente la tematica specifica dell'ambientazione in cui ci si trova. Se il monastero ha nemici più standard e adatti a un'area iniziale, il passaggio all'impianto idrico, ad esempio, svela creature che richiamano la logica del luogo e del mare, conferendo un suggestivo effetto Lovecraftiano. Questa cura nei dettagli è apprezzabile e arricchisce l'immersione nell'orrore.

Detto questo, sono i boss ad avermi convinto particolarmente. La loro sezione è ingegnosa perché sfrutta appieno la meccanica del mondo parallelo (l'Altro Lato). Le boss fight richiedono una logica specifica: anzitutto si affrontano nella loro versione "altra", poi al netto dell'offensiva standard con le nostre armi il danno effettivo che porta all'eliminazione avviene solo tramite un'interazione con l'ambiente circostante e con oggetti circostanti. È un cambio di prospettiva che trasforma il boss in un enigma ambientale a tempo, costringendo il giocatore non solo a sparare, ma a comprendere la logica contorta e originale dell'Altro Lato per sconfiggere la minaccia.

Sul fronte del combattimento, per chiudere questa parte, il feeling delle singole armi è buono e l'originalità la fa da padrona. Troviamo un arsenale sì raffazzonato, ma al contempo unico: dalla pistola sparachiodi che ha anche una variante mitraglietta (consumando chiodi a bobina come munizioni specifiche) al fucile a pompa messo insieme pezzo dopo pezzo, fino alla balestra che spara provette di acido anziché dardi classici. Questa singolarità si affianca alle armi contundenti più semplici, come il martello. Inoltre, il movimento è più fluido rispetto al primo capitolo (che pur non avendo i tank control puri era decisamente più rigido) e il balzo all'indietro di Caroline è più reattivo e gestibile con maggior precisione, cruciale per evitare i colpi. Infine, i nemici reagiscono bene ai colpi: a seconda dell'arma e della frequenza con cui sono colpiti, non solo barcollano, ma possono restare effettivamente storditi. Questo apre una preziosa finestra di opportunità per gli attacchi in mischia e la conseguente conservazione dei proiettili, aspetto fondamentale di ogni survival horror che si rispetti.

Per quanto riguarda gli enigmi e l'interazione esplorativa, il titolo si mantiene sugli alti livelli del primo capitolo, ma con significative rifiniture. Non si tratta di aggiunte radicali, quanto di un perfezionamento: gli enigmi sono se possibile ancora più cervellotici e complessi, richiedendo una riflessione che va ben oltre la risoluzione immediata. Quello che si dimostra un pro enorme, ma che può anche mettere in crisi il giocatore abituato agli schemi classici, è l'utilizzo di oggetti non-chiave, ovvero le armi stesse, per risolvere una parte dell'enigma. Prendiamo il piede di porco o il martello (la prima arma contundente che si trova): quest'ultimo nello specifico può essere impiegato per spaccare un lucchetto, invece di sprecare munizioni con un'azione di sparo che, data la visuale a inquadrature fisse, non sarebbe comunque coerente con la mira precisa. Questa variazione sul tema spinge il giocatore a pensare fuori dagli schemi convenzionali del genere, rendendo la risoluzione dell'enigma ancora più gratificante.

Le meccaniche del cosiddetto Altro Lato, che è uno specchio distorto e marcio della realtà, e dei Replay (sequenze passate memorizzate sulle videocassette) sono state entrambe ulteriormente approfondite. L'Altro Lato consente ora di compiere azioni con ripercussioni tangibili sulla realtà: si pensi alla sala delle torture nel monastero, dove l'attivazione di un meccanismo in quel mondo fa sì che l'analogo cadavere nel mondo reale venga smembrato, permettendo di ottenere l'oggetto necessario. Per quanto riguarda le videocassette, offrono un vero e proprio tuffo nel passato che il giocatore può modificare. Trovando la cassetta e compiendo un'azione specifica all'interno di quella limitata porzione di scenario (il replay), si alterano gli eventi in modo che nel futuro – ovvero nel nostro presente di gioco – non accada qualcosa che avremmo voluto evitare. È un modello di alterazione del tempo che strizza l'occhio a titoli come l'originale Life is Strange, ma rielaborato in chiave horror e reso più elaborato in termini di risoluzione logica. Il puzzle solving di Tormented Souls 2 si dimostra, quindi, non solo all'altezza del primo, ma nettamente migliorato, consolidandosi come il suo pilastro portante.

Tra giochi di luce e silenzi angoscianti

Come ho già accennato, le spigolosità dal punto di vista della modellazione dei personaggi umani sono un retaggio della natura indie del progetto e, sebbene migliorate, rimangono il punto visivamente più debole della produzione; tuttavia, è doveroso riconoscere che, nel complesso, il comparto grafico ha compiuto un balzo in avanti significativo rispetto al primo capitolo, superando di gran lunga le aspettative per un titolo di queste dimensioni.

Tormented Souls 2 non cerca il fotorealismo esasperato; eccelle, invece, nell'unica cosa che conta davvero in un survival horror: l'atmosfera. Il design delle ambientazioni è ottimo e l'uso dell'illuminazione è estremamente sapiente: le luci tremolanti, la fiamma del nostro accendino che squarcia un buio assoluto e i riflessi sulle superfici sono gestiti con molta cura. Tutto ciò costruisce un mood opprimente che fa da manuale per il genere. È evidente che l'enfasi maggiore è stata riposta nel design degli ambienti e, soprattutto, nella realizzazione aberrante dei mostri - tutti elementi che godono di un dettaglio nettamente superiore rispetto, per l'appunto, ai modelli di Caroline e degli altri personaggi.

Sul fronte delle prestazioni, il titolo è stato ottimizzato per garantire un frame rate stabile a 60fps sulle console di ultima generazione (PS5 e Xbox Series X) e PC, un requisito ormai quasi obbligatorio per un'esperienza fluida. Va detto che la resa visiva, soprattutto in virtù degli effetti di luce e delle texture più complesse, è piuttosto esigente in termini di hardware, specialmente quando ci si avventura in aree più aperte o con illuminazione complessa. Non è escluso, quindi, che su alcune configurazioni meno recenti si possano riscontrare piccole flessioni; ciononostante, l'obiettivo di stabilità generale è stato raggiunto, rendendo l'esperienza molto più reattiva in combattimento.

Infine, l'audio si conferma un pilastro fondamentale dell'angoscia. Il sound design è stato rifinito per mantenere gli stessi eccellenti livelli qualitativi del predecessore. L'atmosfera non è creata solo dalle tenebre, ma anche dai silenzi improvvisi, dagli inquietanti versi dei nemici che non si capisce da dove provengano e, in generale, da una colonna sonora ambientale che alimenta la costante paranoia. Il sonoro è l'arma che Dual Effect usa per far calare la tensione in modo subdolo, in perfetto stile Silent Hill, rendendo ogni passo un momento di potenziale terrore.