She's Leaving, recensione di un thriller con molto potenziale inespresso

Le porte di Haywood si spalancano per accogliere Charles Dalton nella sua ricerca della verità

She's Leaving, recensione di un thriller con molto potenziale inespresso

Nel panorama moderno dei videogiochi horror, dominato spesso da inseguimenti frenetici e jump scare ad alto tasso adrenalinico (ma sempre meno d'impatto), emergono occasionalmente titoli che cercano di elevare il genere attingendo a meccaniche meno convenzionali. She's Leaving, l'opera prima dell'ambizioso Blue Hat Studio, si posiziona proprio in questa nicchia, con la promessa di fondere il cuore pulsante della sopravvivenza con la disciplina metodica dell'indagine forense. Non è solo un gioco su cosa si nasconde nell'ombra, bensì su cosa le tracce lasciate in questa stessa ombra possono rivelare.

L'impostazione è intrigante: vestiamo i panni di Charles Dalton, un analista forense la cui ossessione per una serie di sparizioni che lui imputa a un serial killer lo spinge oltre i limiti della legalità. Quando le procedure ufficiali si rivelano cieche di fronte alle prove che lui ritiene inconfutabili, Dalton si introduce clandestinamente sulla scena del crimine. Questa premessa non è solo narrativa, ma è il fondamento stesso del gameplay, ponendo l'onere dell'investigazione scientifica direttamente nelle mani del giocatore.

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She's Leaving non si accontenta di fornire un semplice sfondo investigativo; l'obiettivo dichiarato è quello di immergere il giocatore in un'esperienza che valorizzi la reale pratica forense. Dalla raccolta meticolosa di campioni alla corretta documentazione delle prove, fino all'analisi balistica e chimica, il gioco chiede al giocatore di rallentare, di osservare con occhio critico ogni schema di schizzi di sangue e ogni minimo dettaglio ambientale. Al tempo stesso, l'elemento investigativo è bilanciato da un inarrestabile stalker la cui presenza opprimente trasforma l'indagine in una lotta per la sopravvivenza. Questa dinamica a doppio binario - la necessità di essere calmi e meticolosi da un lato, e di fuggire o nascondersi dall'altro - è il fulcro che She's Leaving si impegna a esplorare.

A questo punto la domanda da porsi è: sono riusciti gli sviluppatori a mantenere le proprie promesse? Sfortunatamente, non come ci si sarebbe aspettati, perché se da un lato l'indagine è coinvolgente dal punto di vista narrativo, l'effettiva messa in pratica dell'analisi forense non solo risulta molto blanda e poco impegnativa, ma si confina all'interno della prima parte del gioco per poi non essere più davvero chiamata in causa. Il resto del gioco ricade nello schema tipico dei thriller od horror in prima persona, con enigmi da risolvere e un nemico dal quale fuggire con ogni mezzo a disposizione. Entriamo più nel dettaglio del gioco, mostrando quei punti di forza dai quali si sarebbe potuto attingere di più per regalare un'esperienza da un lato più duratura e dall'altro più coinvolgente in termini di gameplay.

A caccia di sangue

Charles Dalton è, come abbiamo detto, un analista forense. Convinto che dietro la serie di sparizioni degli ultimi otto anni ci sia un serial killer, va contro le direttive del suo dipartimento e raggiunge Villa Haywood, dove l'ultima sparizione si è recentemente verificata. L'edificio, un tempo appartenuto a una famiglia il cui ultimo membro (la giovane Eleanor) è scomparsa a sua volta dopo aver preso il mare durante condizioni sfavorevoli, è diventato un'attrazione museale e un hotel. Proprio durante una di queste visite si è verificata una scomparsa, ancora sotto indagine da parte della polizia ma, a quanto pare, troppo facilmente derubricata a evento occasionale. Motivo per cui Dalton si reca sul posto. La zona è soggetta a intemperie e a un primo sguardo richiama moltissimo l'area di Donna Beneviento in Resident Evil Village (fonte peraltro dichiarata d'ispirazione da parte degli sviluppatori).

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Con Dalton c'è Annabelle, una donna che gli tiene compagnia attraverso la radio portatile, aiutandolo anche a portare avanti l'indagine. Dalla familiarità degli scambi è chiaro che i due si conoscono, forse sono colleghi; fatto sta che Annabelle sarà l'unica presenza a darci supporto durante un'indagine che si trasforma ben presto in un gioco del gatto con il topo. Abbiamo giusto il tempo di esplorare qualche stanza e familiarizzare con la dinamica dell'analisi forense, prima che una misteriosa figura inizi a cercarci lungo i corridoi e le stanze di Villa Haywood. Il volto è mascherato, la stazza imponente: chiaro segno che non vogliamo avere un confronto diretto con lui, anche perché farlo comporta subito game over. È imperativo non farsi raggiungere, ciò però non significa essere del tutto indifesi: Dalton ha infatti con sé una pistola taser che utilizza sia per interagire con l'ambiente, riattivando circuiti elettrici, sia per stordire momentaneamente lo stalker. Si tratta di una manciata di secondi, per cui dobbiamo essere rapidi a far perdere le nostre tracce - anche perché l'arma è monocolpo e i tempi di caricamento non sono rapidi, contando inoltre che Dalton rallenta l'andatura nel momento in cui diamo il comando.

Non esistono armadietti dove nascondersi, o altre opportunità del genere: solo il buio e stanze dove sappiamo lo stalker non entrerà mai, come quelle di salvataggio. Dobbiamo attingere a tutto quanto la villa ha da offrire per tenerci fuori dalla sua portata, consapevoli che i colpi a disposizione sono pochi (ma si ripristinano ogni tot in alcune zone specifiche), che non abbiamo una mappa a portata di mano ma dobbiamo consultarla ogni volta dalle poche appese alle pareti e che l'audio binaurale non è molto efficace nell'indicarci la posizione esatta dello stalker. Funziona a sufficienza per intuire se è molto vicino o si sta allontanando, un po' meno quando c'è da determinare la direzione.

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Passando alla questione dell'analisi forense, era la parte da cui ero più incuriosita. Purtroppo, la messa in pratica della stessa mi ha lasciato un po' l'amaro in bocca: nel primo capitolo del gioco bisogna cercare un totale di sei tracce di sangue, sfruttando il luminol, e analizzarle per determinarne l'origine. Il tutto mentre lo stalker ci cerca, fattore che aggiunge una certa tensione perché ci sono diversi passaggi da svolgere per arrivare infine alla conclusione. Il problema è che questi passaggi sono semplici e privano l'azione di quel brivido e quel coinvolgimento che avrebbero potuto restituire: una volta individuata la chiazza, la si illumina con il luminol finché non vi si può interagire; a questo punto si deve determinare a cosa sia dovuta, se a un colpo contundente, un taglio, oppure una pressione (come se qualcuno si fosse retto alla parete con una mano insanguinata); fatto anche questo, si scatta una foto e Dalton commenta la scoperta, in modo molto interessante questo va detto. Determinare la natura della chiazza di sangue è fin troppo facile, poiché le macchie sono pressoché sempre uguali nel ricadere nelle rispettive categorie: se contundente sarà una sorta di sbaffo orizzontale sul muro, se da taglio ci saranno rivoli a scorrere verso il basso, mentre per la pressione è sempre l'impronta di una mano. Non c'è davvero sfida e se da un lato posso capire il non dover complicare troppo la cosa per via dello stalker nei paraggi, dall'altro si priva una meccanica di tutto il suo enorme potenziale. Superato il primo capitolo, poi, questa dinamica non verrà più chiamata in causa e She's Leaving tornerà a essere uno dei tanti thriller/horror in prima persona in circolazione, perdendo dunque la sua unicità.

Il resto dell'indagine lo passeremo a risolvere semplici enigmi e sfuggire allo stalker nelle zone, piuttosto telefonate, in cui si trova, a volte giocando d'astuzia e altre andando diretti di colpi di taser per sbarazzarcene anche solo pochi secondi. Non c'è molto di più, sfortunatamente, e per quanto l'indagine risulti intrigante e l'atmosfera all'interno della villa sia convincente, la sensazione è quella di un gioco che avrebbe potuto dire molto, molto di più facendo leva proprio sulla meccanica dell'analisi forense. Chiaro che la scelta di una villa come unica ambientazione (se si escludono i due linearissimi momenti all'esterno) limita molto in termini di durata complessiva e possibilità: lo stesso stalker è presente solo in alcuni punti, perché la struttura dell'edificio e soprattutto il fatto di morire appena ci raggiunge rendono impossibile farne una presenza costante. Proprio per questo, però, fare maggior leva sulla dinamica che rende She's Leaving davvero unico rispetto ad altri titoli avrebbe giovato di più all'esperienza.

Versione Testata: PS5

6.5

Voto

Redazione

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She's Leaving, recensione di un thriller con molto potenziale inespresso

She's Leaving è un titolo che, fin dalle sue premesse, brilla per coraggio e originalità. Blue Hat Studio merita indubbiamente un plauso per aver tentato la complessa fusione tra la disciplina metodica dell'analisi forense e l'adrenalina del survival horror in prima persona. L'ambientazione, la storia di Charles Dalton e l'atmosfera cupa di Villa Haywood sono tutti elementi ben orchestrati che riescono a catturare l'attenzione e a costruire una tensione narrativa solida e intrigante. Per tutta la durata dell'esperienza, si percepisce il potenziale immenso di un concept capace di ridefinire un sottogenere.

Purtroppo, la realizzazione finale non riesce a sostenere il peso di questa ambizione. Il punto di maggiore rottura risiede proprio nella meccanica che avrebbe dovuto essere il tratto distintivo del gioco: l'analisi forense. Come abbiamo visto, non solo risulta eccessivamente blanda e priva di reale sfida, ma si estingue prematuramente, confinando il concetto di unicità all'interno del primo capitolo. Abbandonata questa promettente peculiarità, "She's Leaving" si ritira troppo comodamente nella formula più convenzionale del genere stealth horror in prima persona.

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