Resident Evil 5

di Luca Gambino
Ebony and Ivory
La lente d'ingrandimento mediatica ha già analizzato Resident Evil 5 sotto tutti gli aspetti possibili, da quelli meramente ludici a quelli che sconfinano in assurde (e arroganti) logiche socio-politiche. Il verdetto? Troppo poco Resident Evil, troppo action, troppo razzista (questo detto da chi ovviamente vuole trovare polemiche ovunqe). Le prime luci dell'assolata ambientazione africana rischiavano di bruciare una volta per tutte l'impalcatura messa in piedi da Capcom e, a onor del vero, anche noi abbiamo avuto più di un dubbio nel corso dei primi minuti di gioco. D'accordo che l'impostazione di gioco sia del tutto identica a Resident Evil 4, d'accordo anche che dopo pochi minuti ci si sente un po' come a casa, ma era ugualmente presente quella sensazione di aver preso la confezione sbagliata dalla propria collezione. Niente atmosfere malate e “disturbanti” e un sole quasi rassicurante a riscaldare il fisico atletico di Sheva e il collo taurino di Chris. Ebano e avorio.

Lo scenario di Resident Evil 5 é appunto il continente africano e i due protagonisti sono alla caccia dei soliti batteri assassini e delle solite multinazionali, che questa volta stanno usando il cuore più debole del Continente Nero per mettere a punto la madre di tutti i Virus. Come sempre l'intreccio narrativo di Capcom riuscirà a mettere nello stesso piatto nuovi personaggi come Sheva, appunto, e vecchie conoscenze della saga come Chris Redfield (che ne frattempo ha potenziato il proprio fisico) e altri di cui ovviamente non vogliamo svelarvi l'identità. Sappiate solo che le sorprese non mancheranno.



Andamento lento
Quello di Resident Evil 5 é un motore che parte lentamente ma che acquisisce preziosi giri dopo pochi minuti di praticantato. Pochi istanti per prendere confidenza con il sistema di controllo (di poco variato rispetto al 4) e ci ritroveremo già a dover fronteggiare orde di zombie africani assetati del nostro sangue. Và detto fin da subito che gli avversari che ci ritroveremo a fronteggiare somigliano più alla visione dei “non morti” di “Quaranta giorni dopo”, che non quelli immaginati da Romero e ripresi tanto da Capcom nel primo capitolo della saga e da un'intera generazione di film horror. Messi da parte quindi i lamentosi manichini con le braccia tese in avanti entrati ormai nell'immaginario collettivo, Resident Evil 5 ci presenta avversari in grado di correrci incontro, schivare i nostri colpi o, peggio ancora, cercare di colpirci dalla distanza con armi a lungo raggio.

Gli spazi piuttosto angusti e le vie di fuga chiuse dei primi livelli faranno sentire il giocatore come un personaggi in bianco e nero all'interno di un film ad alta risoluzione. Tutto si muove veloce attorno a voi, mentre i vostri personaggi sembrano andare “fuori giri” rispetto all'universo che vi circonda. Capcom ha scelto ancora una volta di percorrere una strada mediana tra il survival horror più classico (che essa stessa ha in un certo senso inventato) e un action game in seconda persona (con la telecamera di gioco proprio sulle spalle del personaggio). Il risultato é quindi quello di un gioco d'azione fortemente limitato rispetto a quanto siamo abituati a vedere all'interno di questo genere ludico. Chris e Sheva non possono sparare in corsa, ricaricare in movimento e anche i movimenti, al contrario di quanto potrebbero suggerire le fattezze dei protagonisti, sono sempre piuttosto “legati” e macchinosi.


Anche il menù per la scelta delle armi e la selezione degli oggetti é stato parzialmente rivisto rispetto al passato. Adesso i nostri due protagonisti non potranno più ampliare il proprio archivio, potendo contare solo sui 9 spazi messi a disposizione fin dall'inizio del gioco. Si dovrà quindi fare una maggiore attenzione su cosa portarsi dietro e su quali oggetti raccogliere perché effettivamente utili e quali invece lasciare alla nostra partner o lasciare direttamente per strada. Ovviamente i due protagonisti potranno scambiarsi armi e oggetti nel corso della missione, sempre che i due si trovino a breve distanza. Attenzione, però, perché questa volta non saranno presenti i classici “safe menu”, che una volta aperti sancivano una sorta di “fermo gioco”. Al contrario, il tutto é gestito in tempo reale e quindi una volta avuto accesso all'arsenale vostro o della vostra partner, sarà imperativo muoversi e pensare con una certa velocità, dal momento che i nemici attorno a voi approfitteranno della situazione per bersagliarvi di santa ragione.

Capcom ha dato quindi modo al giocatore di assegnare ad ognuno dei quattro tasti del D-Pad un arma o un oggetto di particolare importanza per darvi accesso diretto in qualsiasi momento dell'azione e permettendovi quindi di passare rapidamente da armi da sterminio di massa come mitragliatrici o doppiette ad altre di precisione come fucili da cecchino. Al di là della semplicità del gesto é da apprezzare la possibilità quindi di variare molto il ritmo di gioco e adattarsi perfettamente alle situazioni che man mano ci verranno presentate. Peccato solo che l'organizzazione dell'arsenale avvenga solo ad inizio missione o quando, ahinoi, saremo morti. In questo caso, oltre che alla riorganizzazione degli spazi, potremo anche potenziare le armi in possesso, acquistarne di nuove o vendere gli oggetti che man mano troveremo nel nostro cammino.

Una soluzione che forse scontenterà ancora i puristi del survival horror ma che quantomeno rimuove la figura del mercante che era stata una delle introduzioni meno felici del quarto episodio. Anche il resto dei comandi é basato sui dettami storici della saga. Non si spara in corsa, si spara solo dopo aver puntato e non si ricarica in movimento. Accanto a queste semplici regole di base nell'universo di Resident Evil trova posto il classico utilizzo del coltello, utile per rompere casse in legno per recuperare oggetti e armamenti e un basilare sistema di copertura ancora acerbo per essere preso veramente in considerazione. In presenza di alcune superfici lisce, il giocatore potrà appiattirsi alla parete tramite la pressione del tasto X, per poi premere il tasto deputato alla mira e quindi fare fuoco con il trigger adatto. Un sistema che però non lo mette realmente al riparo dagli attacchi avversari e quindi, di fatto, piuttosto trascurabile, anche se questo evidenzia la volontà da parte dei produttori di sondare nuovi terreni e possibilità in seno al prodotto.