Project Zero: Mask of the Lunar Eclipse, la recensione

Mettete da parte gli zombie, qui ci sono i fantasmi del sol levante a portare una ventata di terrore!

di Luca Gambino

Pur non arrivando ai picchi di vendite di Resident Evil o Silent Hill, quella di Project Zero è una saga che nel corso degli anni è riuscita a ritagliarsi una buona fetta di utenti che ha saputo apprezzare le atmosfere rarefatte dei classici horror giapponesi, svincolandosi in particolar modo dal concetto di horror “un tanto al chilo” proposto, per esempio, proprio da Capcom.

Purtroppo la peculiare distribuzione di questi titoli (per molto tempo legata a Nintendo), ha fatto si che proprio questo Mask of the Lunar Eclipse arrivasse su territorio italiano unicamente su Nintendo Wii, con tutte le limitazioni del caso. Per fortuna Tecmo Koei ha voluto tirare nuovamente e lucido uno dei suoi episodi più riusciti, includendo il territorio europeo nella distribuzione di questo remake, dandoci quindi la possibilità di poter mettere le mani su Mask of the Lunar Eclipse su PC, Ps5 e Xbox Series X|S.

Project Zero: Mask of The Lunar Eclipse. Cosa funziona e cosa no

Come da tradizione Project Zero si allontana dal resto dei survival horror in commercio, incentrando il suo fascino sull’utilizzo del “Camera Obscura”, ovvero una particolare macchina fotografica in grado di catturare gli spiriti senza pace che infestano le particolari location (un ospedale psichiatrico, per dirne uno..). A snellire un po’ la formula arriva l’introduzione di una nuova arma, che prende forma di una comunque torcia elettrica, che ha praticamente le stesse peculiarità della più famosa macchina fotografica.

Come già sperimentato in altri episodi della saga, anche in Mask of the Lunar Eclipse l’avventura è suddivisa tra diversi componenti, spostando narrazione ed elementi di gameplay tra differenti soggetti. Se escludiamo le due protagoniste femminili, che si spartiscono la Camera Obscura, la vera novità è portata proprio da questa torcia, riservata al protagonista maschile, che in un certo modo introduce un piacevole elemento di novità, che avrebbe sicuramente meritato un maggiore approfondimento.

Il gameplay ricalca molto da vicino quello visto anche nei precedenti capitoli della saga, a cui sono state aggiunte alcune novità, non tutte riuscite perfettamente. Il primo è quello legato al movimento della pila utilizzata da Madoka e Misaki, che potranno avere un controllo indipendente per evidenziare anche gli angoli più nascosti all’interno degli ambienti per trovare oggetti ed elementi utili per la soluzione dei puzzle o direttamente materiale per potenziare la Camera Obscura. Se questa feature poteva essere considerata vincente su una console come Wii (non dimentichiamoci che ci troviamo ad una conversione diretta da questa console), dove il sistema di controllo poteva in un certo modo favorire queste soluzioni, lo stesso non si può dire per quello che abbiamo potuto vivere in prima persona.

Joypad alla mano, infatti, abbiamo trovato piuttosto difficoltoso riuscire a indirizzare il fascio della torcia in modo altrettanto chirurgico. A questo si deve anche unire un certo imbarazzo della telecamera nella gestione dei personaggi all'interno degli ambienti angusti, andando a rappresentare un problema (soprattutto all'inizio, poi ci si prende la mano) nelle prime fasi dei combattimenti.

Per fortuna la nostra Camera Obscura può infatti ospitare nuove pellicole, più sensibili e capaci di imprigionare gli spiriti più potenti, ma anche nuove lenti e nuovi potenziamenti che saranno utilissimi per affrontare i fantasmi che popoleranno le aree più avanzate della nostra avventura. Del resto la natura “incorporea” dei nemici che ci si pareranno di fronte darà loro un vantaggio non indifferente, potendo “letteralmente” spuntare fuori da qualsiasi parete che ci circonda, rendendo ogni scontro una vera e propria incognita.

Ed è forse questa atmosfera di continua tensione e incertezza a rappresentare il fulcro del successo di Project Zero. In ogni momento la vostra fase di esplorazione può essere interrotta dall’arrivo di un fantasma che ci si presenta davanti dal nulla. Un plauso deve essere fatta al sound design che incentra molto su un sapiente uso del silenzio, o di rumori di sottofondo capaci di aumentare il livello di tensione, creando un substrato di terrore capace di conoscere veri e propri picchi di stampo horror, senza fare ricorso ai continui jumpscare a cui devono invece fare ricorso altri titoli dello stesso genere per cercare di portare un po’ di emozione all’interno di produzioni decisamente più piatte.

Se quindi dal versante del gameplay e dell’ambientazione Mask of Lunar Eclipse segna sicuramente un punto a suo favore, questo viene puntualmente perso nel momento in cui si va a dare un’occhiata nella produzione tecnica. Se da una parte il confronto con l’originale mette in evidenza il buon lavoro fatto con i modelli poligonali dei protagonisti (non dimentichiamoci che l’originale è uscito 15 anni fa sulla console meno potente in commercio), lo stesso lavoro certosino non è stato fatto con le altre strutture poligonali presenti sulla scena, o su alcune texture che risultano colpevolmente ancora in bassa risoluzione, e anche se il gioco è stato testato su un PC munito di una 3070, non abbiamo avuto la possibilità di poter attivare alcun tipo di effettistica particolare per migliorare un quadro generale tutto sommato deludente.

Certo, Project Zero non è mai stato un titolo che ha puntato sulle capacità tecniche delle console sul mercato e il suo successo è da ricercare proprio nella sua essenza, sempre legata a temi capaci di guardare tanto al passato del folklore nipponico, quanto a temi tristemente attuali. Nel corso dell’avventura, che ha una durata di media di circa otto ore, potremo affrontare tanto gli spettri del passato, legati a riti ancestrali della tradizione giapponese, fatta anche di sacrifici umani, quanto a dover affrontare gli spiriti inquieti di chi ha deciso di farla finita prima del tempo, lasciando in eredità documenti al contempo tristi e agghiaccianti.

Ed è proprio questa capacità degli sviluppatori di saper dosare il silenzio con il rumore (a volte assordante) e i momenti di calma con quelli di maggio urgenza a decretare il successo di questo capitolo di Project Zero, che prende definitivamente le distanze da survival horror più sparacchini e meno “puri” per continuare sulla strada dell’horror più psicologico e disturbante. E il risultato è davvero notevole.