Project Zero

di Giuseppe 'Sovrano' Schirru

Per le ambientazioni nulla da eccepire: contribuiscono a creare un'atmosfera oscura e claustrofobia grazie a luoghi tetri ed angoscianti. Ed è in questo frangente che risultano ottimamente realizzate con un sapiente uso di texture, praticamente sempre all'altezza, e una particolare cura per i dettagli. A dirla tutta una magione in tipico stile giapponese è molto differente rispetto a ville "già visitate" quali quella di Resident Evil o Alone in the Dark: le differenze sono insite nel mobilio, nella disposizione delle camere, non più su vari piani, ma disposte soprattutto longitudinalmente, e anche gli ambienti da visitare coprono un'area parecchio più vasta solo perché questa è disposta praticamente su un solo piano. Palazzo Himuro quindi non è un vero e proprio palazzo, o così dalle nostre parti non lo considereremo mai: piuttosto è una grande abitazione che si estende in lunghezza piuttosto che in altezza.

In sintonia con l'aspetto grafico, anche il sonoro è ottimamente realizzato. Sono questi due fattori infatti che contribuiscono a dare allo spettatore quel senso di angoscia e paura, acuito oltre che dalla sfera audio-visiva, anche dalla suggestione per il terrore di quello che potrebbe succedere. Il sonoro quindi fa la sua parte, con musiche ed effetti in sintonia con l'atmosfera surreale, onirica, e gli effetti sono veramente stupefacenti: la quasi totalità di silenzio, interrotta giusto dalle grida delle anime che peregrinano per la magione, o dai rumori di sottofondo, offre una sensazione davvero paurosa.

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Per quel che riguarda i comandi, niente da eccepire: questi risultano semplici e intuitivi, anche se a volte, per via di qualche cambio di telecamera poco felice vi capiterà di ingarbugliarvi un pochino. Quel che invece non convince è la protagonista, che oltre a soffrire di lentezza acuta (in una casa piena di spettri qualche corsetta veloce non farebbe di certo male) ha l'abitudine d'incastrarsi negli angoli o di fermarsi di fronte a ostacoli invisibili: problemi poco frequenti di un motore grafico però di tutto rispetto.

Dopo tante parole buone spese nei confronti di questo titolo, è tempo anche di citare i difetti. Presto mi sono reso conto che visitare casa Himuro non ha lo stesso fascino provato ai tempi della magione di Resident Evil o di Alone in the dark, ma questo non vuol dire che ne sia priva, solo che è diverso. Non è più un gironzolare tra le varie stanze, un camminare attraverso i corridoi per vedere cosa questi celano, è più una lotta contro noi stessi e il nostro sub-inconscio. Come ho già detto prima quindi, la paura dopo le prime orette di gioco verrà meno e la mancanza di colpi di scena altro non farà che appiattire tutta un'atmosfera creata inizialmente davvero per benino.

Per quel che concerne il gameplay, l'idea di catturare i fantasmi tramite la macchina fotografica è originale, ma per certi versi non troppo felice. In un certo senso contribuisce a creare quel senso di impotenza dinnanzi al pericolo, però già dopo le prime battute risulta noioso scattare istantanee a destra e a manca. Puntare la macchina addosso al fantasma, aspettare che il cerchietto si illumini e premere il tasto non è poi la fine del mondo.
Sempre per quanto riguarda il gameplay, gli enigmi sono davvero di facile risoluzione e i luoghi che potremo visitare non sono in numero eccessivo. Capiterà infatti di dover ritornare sui nostri passi, consuetudine che accade in ogni titolo, ma il numero di stanze visitabili non è per niente alto. Tutto questo influisce anche sulla longevità, che è bene dirlo, è ridotta ai minimi termini.

L'interesse quindi resterà alto, dall'inizio alla fine del gioco, quel che invece calerà drasticamente sarà l'atmosfera e il senso di terrore provabile nelle prime ore: la paura per quello che effettivamente è lontano, ma allo stesso tempo così vicino. Ed è il ritmo che non prende mai quota, il senso di paura nei confronti di quello che può accadere ma che tarda ad arrivare e la conseguente suspence che viene a crearsi, sono i due lati della medaglia di questo PZ, capace si di spaventare, ma non di esasperare, per quella che alla fine è una lunga spasmodica attesa, attesa di un nulla.

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