Little Goody Two Shoes, e se Atelier fosse un horror? - Recensione PC 

La recensione Little Goody Two Shoes, l’avventura 2.5D in chiave horror di AstralShift, ispirata nell’estetica alle serie animate degli anni ‘90 

di Jacopo Retrosi
Little Goody Two Shoes (ispirato all'omonima storia inglese per bambini) è quello che si ottiene quando vengono fuse le dinamiche placide e la gestione dei ritmi di gioco di un Atelier a caso con la formula di un horror realizzato tramite RPG Maker, come Yume Nikki o Ib (o Pocket Mirror, dagli stessi autori del titolo odierno).
 
Quello che AstralShift propone è un viaggio all’insegna del paranormale, tra il sogno e la follia, in un contesto che rievoca il medioevo europeo immaginato attraverso gli occhi di uno studio di animazione nipponico di qualche decennio fa. Una chicca per intenditori, e questo solo analizzandone la copertina; vediamo di andare più nel dettaglio.

Little Goody Two Shoes, la trama: una favola dell'orrore

Occhi enormi, chiome fluenti che sembrano avere vita propria, dettagli certosini ma scostanti, forti contrasti tra luci e ombre... ma questo è un anime degli anni ‘90! Lo stile ricercato e riprodotto fedelmente nei minimi particolari è di sicuro la prima cosa a saltare all’occhio, merito della splendida sigla animata, seguita dagli altrettanto elaborati titoli di testa e il nome del gioco pronunciato in un invidiabile engrish. 

È come se il team di sviluppo volesse narrarci una fiaba virtuale, ma la realtà dei fatti è ben diversa. In Little Goody Two Shoes vestiremo i panni di Elise, una ragazza che vive da sola nella foresta e brama una vita di lusso e sfarzi, lontana dal piccolo borgo dov’è cresciuta e che la tratta come una sguattera.

Qui la gente conduce una vita semplice, fatta di comunità e piccoli piaceri, dove la devozione è forte e basta anche il più piccolo sospetto di eresia per farti finire sulla forca. In questo ambiente ostile allo stile di vita che desidera, Elise dovrà portare a termine un rituale che potrebbe esaudire le sue ambizioni, ma deve stare attenta a non restare senza viveri, a non perdere la testa e soprattutto a non dare troppo nell’occhio, pena l’essere bruciata sul rogo come strega. 

Se vi sembra una premessa preoccupante, non avete tutti i torti, e non avete ancora visto nulla. Little Goody Two Shoes ci mette veramente un attimo a prendere la tangente e a diventare parecchio inquietante, con contenuti a dir poco lugubri e immagini che catturano davvero bene il piglio horror descritto, ma allo stesso modo, in linea con le atmosfere oniriche che avviluppano ogni angolo dell’avventura, basta uno schiocco delle dita per vederlo tornare allegro e colorato, in apparenza almeno.

Presentazione e narrazione lavorano a braccetto, creando un quadro davvero avvincente, sorretto da personaggi interessanti e dialoghi che mantengono il giocatore sulle spine, tra misteri e circostanze “spiacevoli”, un approccio che ritroviamo nella formula di gioco, studiata per obbligare il giocatore a compiere delle scelte e ad essere sempre vigile, anche durante gli attimi più dozzinali della vita quotidiana. 

Spesso durante i dialoghi potremmo infatti compiere delle scelte su come procedere, e a seconda delle nostre risposte potrebbe scendere oppure aumentare il “sospetto” nei nostri confronti; e non sarà la sola cosa da gestire. Salute fisica e mentale non si ricaricano in alcun modo con il passare del tempo, così come la barra della fame, che anzi scende di una tacca dopo ogni periodo della giornata (sei in totale, dall’alba a notte fonda).


Cibo e ricostituenti però non sono gratis e le finanze scarseggiano; dunque, occorrerà svolgere regolarmente dei lavoretti per gli abitanti del borgo, come raccogliere le uova, tagliare la legna o intrattenere i bambini, il tutto rappresentato da minigiochi 8-bit che prendono vita in uno stiloso cabinato arcade in tema. In base ai nostri risultati riceveremo una piccola paga, che potremo spendere come meglio crediamo, tra pagnotte di pane, pretzel, tonici ed altro ancora. 

Il gioco però si svolge nell’arco di una settimana, in cui dovremo anzitutto investigare i fenomeni che si stanno verificando in città e coltivare la nostra “amicizia intima” con le tre pulzelle del nostro cuore. Esattamente come in Atelier il primo impatto è straniante, quasi oppressivo, ma non appena presi i ritmi e fatto qualche sacrificio si riescono a gestire rapporti, finanze e indagini senza troppi problemi. Il gioco poi è piuttosto generoso con i punti di salvataggio e offre una comoda mappa con tutti i promemoria del caso, un vero toccasana considerata la mole di eventi importanti da ricordare.

Little Goody Two Shoes, il gameplay: da RPG Maker con terrore

Di giorno, un’avventura narrativa, un po' mystery, un po' visual novel, alle volte persino un musical; di notte, un gioco di ruolo horror. Al calar delle tenebre volente o nolente Elise viene trascinata nei boschi, dove dovrà fronteggiare gli orrori che vi abitano e risolvere una serie di enigmi per riuscire a spuntarla. Anche qui la direzione stilistica svolge un lavorone, con elementi dello scenario di diverse concezioni artistiche che cozzano l’un l’altro creando scenari fantasmagorici e angoscianti al tempo stesso. 

La difficoltà generale non è mai eccessiva, ma capita spesso di non comprendere al volo gli indizi e di fare una prematura brutta fine, o di perdersi nei meandri di labirinti invasi da mostri senza avere idea di come proseguire; se ne viene comunque a capo dopo averci riflettuto qualche minuto e al limite si può ricorrere al vecchio metodo “pigia ogni singolo elemento a schermo” (ciò non mi ha impedito di quasi perdere le staffe durante la prima prova del serpente, ma questo è un altro discorso NdR). Il gioco trova persino spazio per occasionali scontri con boss, nonostante non ci si possa difendere in alcun modo.

Little Goody Two Shoes, longevità e tecnica: una tela d'altri tempi da rimirare più volte

Portare a termine l’avventura per la prima volta richiede tra le 8 e le 10 ore, con ben 10 finali disponibili a seconda del nostro approccio; non temete, una volta appresi dungeon e bad ending il gioco diventa una passeggiata e bastano tranquillamente 4-5 ore per ripetere l’opera, anche meno. Salvare tra un giorno della settimana e l’altro (in-game s’intende) aiuta ulteriormente a snellire i tempi. I ritmi sono piuttosto rilassati ma sempre infusi di una certa inquietudine, con le fasi horror che tendono a “riempire” più del previsto, portando a preferire brevi sessioni rispetto a periodi prolungati. La qualità dell’esperienza però rimane alta fino alle battute conclusive, dopodiché (traumi permettendo) vien solo voglia di ricominciare e intraprendere nuovi percorsi. 

Abbiamo già lodato il comparto tecnico ma non vedo perché non rincarare la dose. Non c’è un singolo dettaglio lasciato al caso, e ogni elemento a schermo è finemente dettagliato, regalando scorci molto evocativi, delineati poi alla perfezione dall’ottima colonna sonora, ora bucolica, ora più torva, caratterizzata da numerosi accorgimenti che enfatizzano la realtà distorta in cui prende atto la vicenda. Solo parziale il doppiaggio (in inglese o in giapponese) e un pelo ripetitivo; azzeccatissime la canzoni.