Kaku: Ancient Seal, tentarle tutte per non azzeccarne una – Recensione PC

La ricetta cinese per ammiccare un po' a tutti senza convincere davvero nessuno

di Jacopo Retrosi

In questo periodo tutti i riflettori sono puntati di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, ma nei ritagli di tempo c’è sempre spazio per una nuova avventura dal panorama indie. Esce in questi giorni su Steam in early access Kaku: Ancient Seal, dal team cinese BINGOBELL. Il titolo è previsto anche per PlayStation 4 e 5, e Xbox One, ma noi ci assicureremmo di tenerlo qualche altro mese o due sul fuoco, se capite cosa intendiamo. 


Non è carne, non è pesce, Kaku sa solo quello che non è

A guardarlo in azione, Kaku: Ancient Seal sembra la reincarnazione in chiave moderna di quella pletora di platform usciti tra le fine degli anni ‘90 e l’inizio degli anni ‘00, quando numerosi titoli “doppia A” seguivano le orme dei “big”, ognuno con la sua mascotte e la sua personale interpretazione di meccaniche già rodate, nella speranza di sfondare; molti ci hanno provato, pochi ci sono riusciti, creandosi un piccolo seguito che però sopravvive tuttora. 

Nel caso di Kaku, è palese l’ispirazione a un certo Breath of the Wild, con l’immenso mondo di gioco suddiviso in 4 macroaree, esplorabili a piacimento e in qualunque ordine, ognuna contraddistinta da un particolare tema e una sua storia. La mappa è inoltre tappezzata da piccoli templi, che propongono rompicapi in cui combinare materia grigia e abilità ginniche, con tanto di ricompensa al termine. 

Ma si può ravvisare anche un po' di Darksiders, per l’articolato sistema di combattimento che combina sequenze di attacchi in mischia con tecniche assortite e colpi a distanza; e un po' di Star Fox Adventures, per la presenza di una “spalla” che segue il protagonista e lo aiuta in alcune circostanze, ma anche per il gran numero di materiali e risorse da recuperare, tutte dall’utilizzo estremamente specifico, e una geografia che collega regioni fondamentalmente diverse tra loro senza troppi complimenti.  

Ma potremmo citare altri esponenti del genere per dettagli più o meno minori (dalla regia mi comunicano Immortals Fenyx Rising, ma al sottoscritto manca NdR); se avete giocato un qualunque platform 3D o action-adventure negli ultimi anni è facile ritrovarne qualche influenza in Kaku: Ancient Seal. E questo non è affatto un problema, anzi. Attingere dai mostri sacri ed espandere, migliorare oppure reinterpretare gli elementi che li hanno resi grandi è una delle caratteristiche più affascinanti del mercato indipendente, ma BINGOBELL sembra aver puntato più sulla quantità che non sulla qualità. 


Scavarsi la fossa da soli

Kaku è un progetto ambizioso, che cerca di amalgamare spunti e meccaniche da più fonti in un unico pacchetto; platform, action, avventura, puzzle game, GDR, con giusto una spruzzata di crafting e collectathon, l’incarnazione perfetta del meme “ha un po' di tutto per tutti”. Peccato che questo “tutto” sia superficiale e non proprio piacevole da giocare. 

Ci sono tantissime dinamiche da tenere d’occhio mentre si esplorano le variegate e gigantesche lande di gioco, ma molte di queste sono superflue, e si potrebbero tranquillamente accorpare o eliminare del tutto. Ad esempio, accendendo le torri per il trasporto rapido, dopo un noioso puzzle a scorrimento, si ottiene una runa che, combinata ad altre, consente di accedere al dungeon del boss di quell’area; i templi sparpagliati in giro sono invece del tutto opzionali, e forniscono solo risorse extra. Perché dunque non infilare le rune nei templi e usarli come punti di riferimento assieme alle torri, a cui magari assegnare la classica funzione di vedetta per segnalare le aree di interesse sulla mappa, rendendola così più accessibile? 

O ancora, per aumentare salute e stamina di Kaku dobbiamo trovare un accampamento e pagare una quota crescente di globi colorati, trovati negli scrigni o dalle spoglie dei nemici più pericolosi. Ma suddette sfere servono solo a quello; non era quindi meglio il solito sistema di frammenti? Discorso analogo per equipaggiamento e statistiche: armi, armature ed accessori forniscono solo dei bonus passivi, i numeri salgono solo spendendo i cristalli minati dalle pareti; quelli rossi per la clava, quelli viola per la fionda; quelli blu per difesa e stabilità, quelli gialli per l’inventario... Ma piuttosto che passare metà del tempo a colpire piante e sassi come dei maniaci, non conveniva assegnare dei parametri al guardaroba, valorizzandoli nell’insieme e bilanciando il gioco in quest’ottica a nostro avviso più sensata, in modo da pulire lo schermo e rallegrare il ritmo? 

Per qualche bizzarro motivo Kaku: Ancient Seal fa sue convenzioni raffinate nel corso di decenni, le decostruisce alla base, e ci appiccica pezzi che le rendono derivative e macchinose; non è un simulatore, né un survival, da permettersi il lusso di sommergere il giocatore con dozzine di materiali da catalogare, né vanta lo spessore di un MMO o di un JRPG a caso per allungare il brodo con menù, voci e valori buttati lì tanto per fare volume. Ricette e munizioni sono più che sufficienti per quanto riguarda il crafting, e hanno anche senso nel contesto. 

Una soluzione deliberata? Forse, ma in tutta onestà l'accumulo eccessivo di risorse e alcune scelte di design poco ottimali non sarebbero così problematiche se il resto del gioco fosse all’altezza del compito. E così purtroppo non è. 


Ambire oltre le proprie possibilità

Che lo si inquadri come un platform puro o più come un action, pad alla mano Kaku: Ancient Seal fallisce su tutti i fronti, trasformando un’esperienza sulla carta interessante in un concentrato di tedio e frustrazione. Il sistema di controllo è incostante e impreciso, con collisioni farlocche, strani ritardi nell’esecuzione di una qualunque azione, e una fisica dei salti monca.  

Ci si domanda spesso se un appiglio sia reale o meno, mentre si scivola giù dalle pareti come se intrise di sapone, e la piroetta ha un feeling tremendo, poiché blocca il moto verticale di Kaku, ma non previene i danni caduta accumulati, e annulla l’inerzia facendoci cadere a picco. La barra della stamina poi è un ulteriore paletto alla nostra libertà di movimento, e non aggiunge nulla se non tempi morti per attendere che si ricarichi (sì, ci sono i funghi per accelerare il processo, ma è un palliativo a un problema che non dovrebbe esistere), ma la trovata peggiore è il game over con respawn presso l’ultimo punto di controllo visitato in caso di morte, e questo comprende anche immergersi fino alle caviglie. Peccato che l'acqua profonda non sia segnalata in alcun modo (se non incollando gli occhi sulla minimappa) e Kaku sia incapace di aggrapparsi ai bordi, cosa che lo vede spesso scomparire dallo schermo come se si fosse aperta una botola sotto i suoi piedi mentre passeggiava in quella che credevamo una pozzanghera. 

Il level design si sviluppa anche in verticale, e presenta un sacco di percorsi alternativi che il giocatore può intraprendere con un po' di fantasia, ma è come se la formula di gioco fosse stata confezionata appositamente per impedire ogni sperimentazione; è troppo rigida, troppo approssimativa, millanta una struttura open world ma se non si seguono le rotte principali basta una svirgolata (e non sempre a causa nostra) per essere sbattuti al punto di partenza. In soldoni, Kaku: Ancient Seal come platform non è divertente, nonostante si basi in gran parte su questo aspetto. 

E se si prova a menare le mani la situazione non migliora, anzi. I nemici sono delle spugne, non reagiscono ai colpi e telegrafano malissimo i propri; hanno un’IA basilare, ma sono spesso in gruppo e attaccano tutti insieme senza ritegno, mentre Kaku non possiede in alcun modo gli strumenti per gestire più di una minaccia a schermo, a dispetto di un albero delle abilità da sbloccare tanto voluminoso quanto inutile. Anche qui le pessime collisioni si fanno sentire, in particolare contro i boss, con barre vita chilometriche e pattern che non coincidono con l’anteprima mostrata per “avvisare” il giocatore. L’idea di alternare tecniche leggere e pesanti per spezzare la guardia del bersaglio è interessante, ma il feedback degli attacchi è veramente brutto. Sembra di giocare a Devil May Cry 2, solo che le pistole fanno schifo. 

Si salvano giusto i puzzle dei templi, basilari, ma caratterizzati ogni tanto da qualche spunto che mette in moto i neuroni e premia movimenti rapidi e precisi, nei limiti del gioco s’intende. Non pervenuta la trama, con Kaku e Piggy (il nostro porcello da compagnia) che vantano zero alchimia tra loro due, e i dialoghi sono poco più di spiegoni verso la prossima meta; si cerca di montare la tensione nei momenti topici con filmati dal taglio cinematografico, ma le transizioni poco riuscite e il claudicante mixaggio audio rovinano sequenze altrimenti discrete. 

La veste grafica urla “Unreal Engine” da lontano un miglio, e non si è fatto molto per camuffarlo, ma alcuni scorci non sono affatto male e i design di personaggi e mostri tutto sommato funzionano. Le prestazioni però sulla 2070 Super del sottoscritto sono altalenanti, con continui caricamenti che fanno singhiozzare il frame rate e salti netti di 20-30 fotogrammi al passaggio da una configurazione grafica all’altra, sebbene le differenze non siano così marcate; c’è di mezzo Denuvo e nel dubbio diamo la colpa a lui. Comparto audio rotto, con fonti mal bilanciate che partono alla rinfusa, spesso con picchi random e fastidiosi (nei templi in particolar modo l’eco dell’acqua è assordante). Fino a qualche giorno fa le musiche dei livelli non ricominciavano una volta concluse, lasciando muto il sottofondo, ma è stato risolto con una patch, quindi ci auguriamo venga fatto lo stesso con gli effetti sonori.