Gunhead, Hawken a gravità zero – Recensione PC

La recensione del frenetico sparatutto in prima persona roguelike di Alientrap, sequel di Cryptark; azione esilarante, ma un po' monotona

di Jacopo Retrosi

Dopo aver provato la demo qualche mese fa, descrissi Gunhead nel nostro Settimana Indie dell’epoca come il connubio tra Sublevel Zero (che a sua volta si ispira al buon vecchio Descent) e Void Bastards con il gameplay di Hawken. Ebbene, dopo aver provato la versione definitiva non posso che essere d’accordo con il giudizio preliminare.  

In un contesto sci-fi in chiave roguelike, il titolo Alientrap propone azione sparacchina non-stop ad alta velocità all’interno di un robot da combattimento con ben 4 armi agganciate alla sua testa (da qui il nome Gunhead), con cui dovremo esplorare enormi complessi meccanici alla deriva nello spazio, tra droni, trappole ed enormi boss bio-meccanici. Tutto questo per recuperare dei campioni per conto del nostro sinistro “cliente”. Sarà mica riuscito a conquistarci?

Gunhead, dritti al punto

Gunhead è uno di quei giochi che non perde tempo in preamboli. Dopo un breve tutorial, in cui vengono spiegati obiettivi, interfaccia e controlli, veniamo catapultati senza troppi complimenti in uno dei vascelli abbandonati della flottiglia galattica in cui dovremo infiltrarci. Infiltrarci per modo di dire, visto che il ritmo suggerito è un frenetico cerca e distruggi senza esclusioni di colpi; guai a fermarsi un secondo o a lasciare vivo un nemico a tiro, qui si gioca come in un FPS arena, ma solo dopo aver studiato un piano di attacco. 

Le navi sono infatti enormi blocchi di metallo, dal design intricato e non sempre interconnesse in modo logico o funzionale. Ce ne sono di diverse tipologie, ognuna caratterizzato da particolari insidie e peculiari sistemi difensivi, come le Warship, ben difese e dense di droni e torrette, oppure le Overgrowth, una giungla di cavi in grado di rigenerarsi.

Prima di abbordare è sempre opportuno studiare la planimetria dell’area per individuare il nucleo, la cui distruzione interrompe ogni comunicazione a bordo e completa la missione, e i principali sistemi operativi, come generatori di scudi, sistemi di allarme, fabbriche di robot e altro ancora. In questo modo è possibile compiere attacchi mirati, approfittando dei tanti sbocchi all’esterno della struttura, che conducono nel vuoto siderale, per colpire rapidamente, raccogliere occasionali chiavi di accesso, armi e potenziamenti, e svignarsela verso il prossimo obiettivo prima che la sicurezza si intensifichi. 

Dopo ogni missione riceveremo una ricompensa in denaro più un bonus per ogni obiettivo extra portato a termine, come concludere entro tot minuti, distruggere determinati sistemi o tenerne attivi altri, non curarsi presso le stazioni di ricarica e così via. Se si schiatta il ciclo ricomincia daccapo (parliamo di 6 navi di dimensioni e difficoltà crescenti), ma i crediti accumulati non vengono perduti, grazie ai quali acquistare licenze per nuove armi (che compariranno come drop casuali all’interno dei relitti) e nuovi mech.

La frenesia del sistema di combattimento e gli ambienti claustrofobici rendono l’esperienza caotica e molto spassosa, adatta soprattutto a sessioni mordi e fuggi, dato le missioni di solito non durano più di 5 minuti. Più volte mi sono ritrovato infatti ad avviare il gioco durante brevi pause giusto per far piazza pulita di un paio di navi, per poi tornarci su tempo dopo e ripetere la pratica, parecchio divertente grazie a controlli reattivi e puntuali, che consentono rapidi movimenti e colpi di precisione senza particolari impedimenti.  

Il mech del giocatore è veloce negli spostamenti e può contare su una certa agilità verticale grazie a propulsori e pedane di salto (che accentuano l’impressione di trovarsi in un FPS arena); il mero atto di scorrazzare a destra e manca, seminando distruzione e dando la caccia alle orde di robot ostili, è senza ombra di dubbio il punto forte del titolo Alientrap, che vanta inoltre un arsenale piuttosto nutrito e un livello di sfida più che adeguato (diabolico già al setup intermedio), ma avremmo gradito fosse stato accompagnato da una formula di gioco più sostanziosa.

Sebbene pilotare il mech sia semplicemente galvanizzante, e ogni dollaro accumulato è per sempre, pare di non compiere mai davvero dei reali progressi. I power-up raccolti sono validi solo per la sessione in corso e le armi, oltre a dover essere di volta in volta raccattate in giro (si possono acquistare una volta sbloccata la licenza ma lo sconsiglio, meglio conservare i quattrini per roba nuova), non variano molto da un modello all’altro, con modalità di fuoco che si affidano alla classica filosofia “spara e prega”, non importa che si tratti di mitragliatrici, fucili a pompa o missili a ricerca. 

Discorso analogo per i vari chassis, che pur cambiando caratteristiche e armamentario di base non riescono a diversificare adeguatamente l’offerta. Forse il problema di fondo è da ricercare in una formula di gioco un pelo monotona nella sua ilarità, che mal si adatta a cambi di soluzione, complice la natura degli ambienti e dei nemici; in pratica è tutto così stretto, asserragliato e metodico che non resta troppo spazio per poter sperimentare. Si corre a perdifiato e si crivella qualunque cosa indiscriminatamente; cambiare strategia comporta legnate e in breve un approccio poco ottimale. Funziona, ma ha vita breve.

Unico neo che mi sento di menzionare è che spesso si viene colpiti senza aver modo di reagire, visto che laser, missili e mine arrivano da ogni dove e non c’è un qualche sensore per segnalare impatti imminenti, e il mixaggio dell’audio non aiuta. Non sarebbe un’aggiunta da poco in uno dei futuri aggiornamenti. 

Solide le prestazioni, con una veste grafica in cel-shading che mette in risalto il groviglio meccanico con contorni marcati e colori accesi; interessante il design bio-meccanico dei nemici, sebbene un po' limitati a livello di animazioni. Qualche bug, come suoni che non si interrompono e si ripetono in loop dove non dovrebbero, o quella volta in cui un nemico ci spinse dentro un muro, obbligandoci a riavviare. Buono il doppiaggio in inglese, niente male la rockeggiante colonna sonora, che cambia intensità a seconda dell’azione a schermo, e la pletora di effetti sonori durante le incursioni; il mech del giocatore salta come una cavalletta, ma è possibile avvertirne tutto il peso (e la potenza) grazie all’ottima effettistica.