Floodland, recensione del nuovo RTS survival

di Simone Marcocchi

Tantissimi media ci hanno insegnato che dopo un grande disastro, c’è una grande rinascita, nonostante l’umanità sia rimasta irrimediabilmente ferita. Nel caso di Floodland tutto diventa indispensabile, ogni risorsa apparentemente superflua o precedentemente dannosa o addirittura che possa essere considerata spazzatura, può essere riciclata per creare nuove strutture.

Le terre emers....immerse

Il mondo è finito, e il vero inferno è fatto di acqua, un po’ ovunque, che rende difficile la sopravvivenza sulla terra ferma – immaginate perché, ma pensate che sia solamente un gioco e non la realtà… ehm – e ciò che resta di una sparuta umanità composta da un manipolo di umani che dovrà adattarsi. Non è solamente un gestionale, Floodland racconta una storia e la narra attraverso una serie di quest che abituano il giocatore ad affrontare l’impervio cammino dei sopravvissuti. La raccolta di cibo, la costruzione e l’affidamento ad una flebile tecnologia, retaggio di un passato non troppo lontano, è un segno di ripresa, di una voglia di rinascita, ma con il peso di un pianeta gravemente malato.

È ovvio che non è facile, le persone non sono tante a darci una mano e quanto racimoliamo è sufficiente per costruire poco e quel poco deve essere misurato col contagocce e con un numero di elementi umani che andrà soppesato con attenzione. Si inizia quindi con un accampamento base, per poi incrementare una serie di strutture ampie e complesse, con lo scopo di sintetizzare risorse ed energia. La parte più complessa arriva dopo, quando si inizia a gestire le leggi e con esse i rapporti diplomatici con i cittadini, ma anche i vicini di territorio e soprattutto tutto può cambiare nel giro di un attimo. Il morale infatti non è secondario e affinché un singolo edificio porti ad elevare e sostenere principi di qualcuno, porterà necessariamente scontento per altri e avendo così poco personale, risorse esigue e un numero di obiettivi costanti, ci si dovrà comportare da veri leader per provare a far sì che il bene comune – o soltanto ciò che vuole il giocatore – prevalga su ogni capriccio di una o dell’altra fazione.

Graficamente può piacere o meno, ma ho apprezzato comunque la scelta degli sviluppatori di dare quelle sfumature pastello e quel tratto personalizzato all’estetica generale che rende questo titolo diverso dalla concorrenza. In tantissimi segnalano bug di varia natura, quindi nel caso siate avvisati, ma nella mia esperienza non ne ho riscontrato alcuno, merito anche degli aggiornamenti repentini e copiosi che stanno sistemando i vari “buchi” nel codice e che sicuramente miglioreranno la stabilità generale nel prossimo periodo. Come per tanti titoli simili è il bilanciamento il vero avversario da battere, prima ancora delle quest in sé. Non tutte le fazioni iniziali funzionano a dovere sul lungo periodo e alcune logiche esplorative offrono il fianco a situazioni che possono essere più o meno piacevoli, ma soprattutto più o meno semplici da gestire.