Close Combat: The Bloody First

Close Combat The Bloody First
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"Io non posso uccidere nessuno, sergente!". "Noi non uccidiamo, noi ammazziamo". "E' la stessa cosa". "Col cavolo che lo è, Griff. Tu non uccidi gli animali, li ammazzi". Se avete riconosciuto la citazione, siete sulla buona strada. L'ultimo capitolo di Close Combat, saga resa famosa da un poker di versioni uscite a cavallo dell'inizio di questo secolo, le prime tre delle quali griffate addirittura Microsoft, ripercorre le vicende dei soldati della Prima Divisione di fanteria dell'esercito americano, il Grande Uno Rosso sopra citato, portato sullo schermo in un memorabile film con Lee Marvin, Mark Hamill e Robert Carradine, dalla battaglia di Longstop Hill in Tunisia fino a quella di Mortain tra i bocages normanni.

Close Combat: The Bloody First
Accerchiato dai panzergrenadieren, quello Sherman non ha scampo!

Tre le campagne a disposizione del giocatore singolo o multiplayer cooperativo, Tunisia, Italia e Normandia, appunto, per un totale di 36 diversi scenari di battaglia. Una volta scaricato il gioco da Steam e installato sul nostro PC, unica piattaforma prevista per la localizzazione del titolo, almeno per il momento, ci sarà rimessa la pianificazione e la gestione tattica sul campo delle unità a disposizione, scelte tra oltre 50 veicoli (inclusi quelli della fazione tedesca, nemica, giocabile solo nel multiplayer PvP) e 300 diverse combinazioni di soldati appiedati con differente equipaggiamento e armamento. I requisiti per un giocone ci sono tutti, dal blasone ereditato da una serie di titoli memorabile all'implementazione di un nuovo motore 3D che permette di spostare il punto di vista del giocatore in ogni momento dal volo d'uccello a una prospettiva quasi soggettiva. Per non parlare dell'editor che permette ai fan più accaniti e mai sazi di costruire e giocare i propri scenari, una volta macinati quelli delle campagne di gioco. Purtroppo, come vedremo tra poco, il gioco appena rilasciato nella sua versione destinata al commercio non è esente da difetti che rischiano di raffreddare troppo presto gli entusiasmi di appassionati e neofiti curiosi, minandone la potenziale longevità.

Della campagna di gioco abbiamo detto, e c'è poco da aggiungere, visto che questo capitolo della saga ricalca in pieno le orme dei predecessori. Sgombrato il campo da qualsiasi tentazione role-playing (i soldati non hanno nome, né le loro caratteristiche migliorano lungo la via, come pure sarebbe lecito attendersi da reclute che diventano poco a poco veterani) il gioco si concentra sulla gestione tattica del campo di battaglia al livello di scontro tra piccole unità di fanteria (dimensioni massime di una compagnia) con il frequente appoggio di unità meccanizzate di pari taglia. Vedremo in azione, da parte alleata, i soliti plotoni di fucilieri rinforzati con fucili mitragliatori BAR e bazooka, e affiancati da letali cecchini e unità armi pesanti con mortai. Lo stesso da parte tedesca (con i Panzerfaust al posto dei bazooka). 

Close Combat: The Bloody First
Un convoglio corazzato, quando attraversa un centro abitato, ha bisogno di copertura sui fianchi!

Molto vario anche il menu dei mezzi, ricostruito con accuratezza anche dal punto di vista storico (ad esempio, i Panther compaiono solo in Italia e in Normandia, non avendo fatto in tempo ad entrare in servizio in tempo utile per debuttare in Tunisia, a differenza dei Tiger). Gli scenari prevedono quasi sempre obiettivi da conquistare avanzando anche se, alle volte, ci si accorge che per vincere basta conquistare una posizione favorevole e poi costringere il nemico a dissanguarsi, lasciandosi annientare le sue riserve contro le nostre difese ben piazzate. La varietà di terreni a disposizione e lo sfruttamento attento della terza dimensione, aggiungendo avvallamenti e rilievi al campo di battaglia aggiungono sufficiente varietà a un menu di missione che, altrimenti, dopo un po' rischierebbe di stancare. Mentre la possibilità di tentare approcci diversi per arrivare alla vittoria rappresenta senz'altro uno spunto che favorisce rigiocabilità dei singoli scenari e conseguente longevità.

Il gameplay, invece, soprattutto dal punto di vista tecnico, ci vede molto meno soddisfatti. E' senza dubbio apprezzabile che The Bloody First abbia mantenuto l'impostazione dei suoi predecessori per la gestione delle unità. Cliccandoci sopra compare il familiare menu a tendina da cui scegliere l'azione da impartire a ciascuna, di movimento o di fuoco, ed è possibile in qualsiasi momento mettere in pausa il gioco per ragionare qualche secondo sulla mossa successiva. Alle funzioni già viste si aggiunge poi la possibilità di visualizzare la linea di vista di ciascuna unità, scoprendo a colpo d'occhio cosa possa vedere e cosa no. Come in passato, infatti, la "fog of war" di Close Combat non nasconde le caratteristiche del terreno (che il comandante sul campo ha ragione di conoscere in virtù di ricognizioni aeree e cartografia in suo possesso) ma solo la posizione del nemico, finché questo non viene avvistato e resta nel campo visivo di un'unità alleata.

Close Combat: The Bloody First
A volte chiamare un attacco aereo può rappresentare la svolta decisiva.

Essendo un gioco tridimensionale, è presente la possibilità di spostare la telecamera, mantenendo una visione a volo d'uccello sicuramente gradita ai "nostalgici" del 2D oppure scendendo in campo e avvicinandoci alle unità per ingrandire un singolo scontro. E' qui che emerge uno dei problemi, visto che la gestione della camera in questione si rivela spesso ostica e capricciosa, nascondendovi sul più bello quello che volete vedere o mostrandovi, invece, inutili spazi neri privi di texture oltre il terreno dello scontro che danno un po' troppo l'impressione di plastico di miniature montato in una stanza buia per poterli apprezzare. Il suggerimento è quello di cercare in rete e mettere in pratica l'editing della funzione rendendola liberamente gestibile da parte del giocatore, e riuscendo in questo modo a godere al meglio della terza dimensione.

Entrando ancor più nel dettaglio tecnico, constatiamo con rammarico che la versione rilasciata provoca non infrequenti blocchi di sistema, nonostante il PC adoperato per la prova sia ben al di sopra dei requisiti minimi comunicati. Un problema sul quale un appassionato sarebbe disposto comunque a sorvolare, se le partite non fossero minate da altri difetti, assai più fastidiosi. Parlo naturalmente dell'implementazione dell'AI, capace di far compiere alle vostre unità e a quelle avversarie bizzarrie che sarebbero perfino divertenti da vedere se non ci costassero, a volte, la perdita di preziose unità o addirittura la sconfitta in uno scenario che eravamo convinti di essere sul punto di vincere.

Mettere ad esempio in conto una squadra di fanteria cacciacarri che si lascia travolgere da un panzer senza tentare di mettersi al riparo, o un Tiger che riesce a sottrarsi a un'imboscata in un centro urbano infilandosi in un vicolo dove non riuscirebbe a passare una motocicletta. O ancora un Panther che riesce non si sa come a infilarsi tutto all'interno di una casa (nota bene: gli edifici non possono essere distrutti né abbattuti dai carri, in teoria) o un altro che riesce ad avvisare e mitragliare un gruppo di fanti attraverso le case, sfruttando le aperture delle finestre! Fino ad arrivare al paradosso di uno Sherman e un Tiger che si fronteggiano a pochi metri, muso contro muso, ma nessuno dei due spara, per misteriosi motivi, costringendoci a ritirarci e ad attendere che il capriccioso motore di gioco ci consenta una soluzione di tiro efficace.

In un quadro generale simile, è normale argomentare che la presenza di un comparto multiplayer robusto, riferendomi in particolare al PvP, possa permettere al cervello umano dei giocatori di sopperire a quello artificiale (ancora) difettoso del gioco, in attesa di uno o più aggiornamenti il cui rilascio faccia finalmente giustizia. Il problema è che, per quanto l'editor di scenari possa garantire al titolo Slitherine una longevità virtualmente infinita, il gioco così com'è investe molto, nel proporsi a un pubblico vecchio e nuovo, sulle tre campagne in solitario.

La cui esperienza, a causa dei difetti di cui sopra, rischia di risultare molto meno godibile di quello che avrebbe potuto essere. Forse sarebbe stato meglio aspettare ancora un po' prima di mettere in vendita il titolo. Però ormai la frittata è fatta, e allora che fare? Non c'è altra soluzione che rimboccarsi le maniche e darsi da fare per rilasciare il prima possibile una patch che risolva davvero i problemi che minano il potenziale successo del titolo. Scongiurando così un veloce raffreddamento degli entusiasmi degli appassionati del settore. Fan della primissima ora, faccio il tifo per voi, ragazzi! E aspetto fiducioso sul mio mezzo da sbarco, al largo della spiaggia obiettivo, in attesa che mi diate il via libera per l'assalto!

Close Combat: The Bloody First
Capita che a questa distanza, si scopra che nessuno dei due carri riesce a sparare... Misteri dei bug!

Close Combat: The Bloody First
6.5

Voto

Redazione

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Close Combat: The Bloody First

Lo confesso, sono deluso. Ho giocato e amato tutti e quattro i capitoli storici della serie e, sarà che nel frattempo sono passati più di vent'anni, non vedevo l'ora di provarne un degno successore. Per questo, una volta digerito l'entusiasmo iniziale per il 3D e una grafica migliorata (ci mancherebbe altro!), sono stato freddato dall'eccessiva frequenza dei crash di sistema, che lasciano pensare a un motore di gioco ancora immaturo, e a più difetti nella gestione dell'AI di quanti un appassionato di tattica bellica virtuale sia disposto a perdonare. Trattandosi di una versione PC rilasciata via Steam, ci sono ottime speranze circa il rilascio di qualche corposa patch risolutiva che salvi la palla in corner prima della disaffezione da parte dei fan delusi. Penso però che la Slitherine, vista l'eredità che ha deciso di raccogliere, avrebbe fatto molto meglio ad aspettare e testare ancora un bel po' prima di rilasciare la versione definitiva sul mercato.