Another Code: Two Memories

Another Code Two Memories
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La visione onirica di cui immediatamente Ashley Robins ci rende partecipi rappresenta quanto ella vagamente ricordi della sera di dieci anni prima, quando cioè la sua esistenza fu segnata per sempre. Adesso uno strano pacco postale, giunto in concomitanza del suo quattordicesimo compleanno, promette cambiamenti altrettanto radicali. La firma del mittente è infatti quella del padre che, invitandola nell'isola di Blood Edward e regalandole uno strano apparecchio elettronico, sconvolge quanto la figlia aveva finora ritenuto una triste verità. Cresciuta con la zia Jessica, Ashley credeva che il padre Richard e la madre Sayoko fossero morti, ma evidentemente la verità le è sempre stata celata. Perché? E che ruolo svolge in tutto questo il "Dual Another System" affidatoci (il DAS: quel gingillo elettronico dalle fattezze del DS di cui sopra)?
Ha forse a che fare con gli studi condotti dalla famiglia (biometria e ricerche sulla memoria)? O è forse solo il mezzo con il quale farsi strada lungo le future peripezie?
Tutte domande che non solo troveranno risposta, ma che, come da tradizione per le avventure punta-e-clicca, costelleranno di mistero l'intero racconto, da capo a coda.
Sono sette i capitoli che attendono d'essere esplorati, numerose le idee pregevoli ed alcuni i lati invero migliorabili. Quel che ora occorre tuttavia presentare, prima dell'effettiva analisi del titolo Cing (già artefici sotto egida Capcom di Glass Rose), è il compagno di viaggio affidatoci: il fantasma d'un ragazzo morto cinquantasette anni fa. D, questo il suo nome, vaga alla ricerca di ricordi e l'incontro con Ashley (solo i puri di cuore possono parlargli e vederlo) non fa che ben sperare: forse il suo passato potrà essergli rivelato.


L'alleanza di cui sopra, ragazza e fantasma, oltre a plasmare due storie nella storia, ha risvolti anche per quanto concerne la longevità, che se di per sé varia alla prima esperienza dalle sei alle otto ore circa (a seconda di quanto il puzzle-solving scorra nelle vene del giocatore), con l'aggiunta d'una seconda sessione (consigliata al fine di comprendere fino in fondo il racconto ed anche piacevole qualora si volesse scoprire tutto lo scopribile) potrebbe incrementare il numero d'ore complessivamente trascorso. Il ritmo, inoltre, salvo nel finale dove tende a scemare, è costantemente uniforme: fondato sulla lentezza e sulla pacatezza come il genere vuole (amanti dell'azione a tutti i costi siete avvisati).
Detto questo, tolta la spina al leone e fattocelo amico, occorre parlare del modo in cui le peculiarità della macchina sono state sfruttate. Mentre lo schermo superiore per la stragrande maggioranza del tempo ospiterà il lato per così dire panoramico della grafica, il display inferiore ottempererà all'aspetto funzionale (con tanto di visuale a volo d'uccello). Le cesellate illustrazioni e lo splendido, filo-nipponico character design, sono del resto le principali componenti di un'atmosfera stilisticamente di prim'ordine, con tanto d'una attenta cura del dettaglio e di calzanti scelte cromatiche (e mai come nelle avventure di vecchia scuola la "contemplazione" va di pari passo con l'aspetto ludico-pratico).
Stilo alla mano e stile sugli occhi, "peccato" solamente che le composizioni musicali non vadano oltre la soglia del discreto.


Ad una pregevole inventiva dimostrata nell'utilizzo dello schermo tattile, non si affianca ancora una volta un sapiente utilizzo del microfono. Posto che la console sia ancora giovane, va segnalato come ancora nessun titolo abbia convinto se non solo modestamente sotto questo aspetto. Il "touch screen" d'altra parte è il luogo dove accedere ai menu, risolvere gli enigmi e dove far muovere i nostri comprimari (la locomozione è gestibile anche per mezzo della croce direzionale).
Per ispezionare gli ambienti ed osservare gli indizi basterà richiamare l'azione "Verifica" (la cui icona raffigura una lente d'ingrandimento) e, puntando letteralmente su qual che sia oggetto sospetto, mobile, cassetto e quant'altro, da una parte si accederà a qualche descrizione di rito, dall'altra, decisamente meglio, si darà vita o alla raccolta di schede DAS, o a qualche enigma (magari a base di fotografie e loro sovrapposizione, per un massimo di trentasei archiviabili, o risolvibili con qualche oggetto). Le sopraccitate schede sono spesso ben celate e contengono per lo più scritti inerenti le abitudini di chi, come scopriremo ben presto, è andato a vivere nella nobile eppure decaduta villa Edwards. Per quanto tali informazioni non si possano definire propriamente entusiasmanti, il divertimento, o se vogliamo l'auto-gratificazione, sta tutto nello scovarle.
La maggior parte dei rompicapo, assoluto cardine del genere, prevede basilarmente tre mansioni sfruttanti il pennino: trascinamento, rotazione e sfregamento.
All'inizio, ad esempio, un cartello ligneo spezzato dovrà essere ricomposto al fine di leggerne le scritte. Trascinando pezzo per pezzo e ruotandoli nella giusta posizione l'avremmo presto vinta. Per oltrepassare invece un ponte e per andare oltre il molo, dove il capitano ed il suo battello attendono gentilmente il ritorno della zia addentratasi nell'isola, occorrerà far ruotare una manovella. Per lo sfregamento, infine, prestissimo si dovrà tratteggiare con del carbone il foglio di un taccuino bianco. Giusto tre esempi fra i più semplici, per meglio comprendere le basi.

Il buon esito d'un enigma non può dipendere ciononostante dai soli strumenti di cui esso può avvalersi (mouse o pennino), ma deve far leva quasi totalmente sulle idee e sull'originalità di quest'ultime. L'aspetto tattile del DS è sì ottimamente chiamato in causa, ma migliore è l'effetto dovuto a tutto quanto possa stimolare più a lungo le tre meningi (le signore dura madre, pia madre ed aracnoide).
Non di sola intuizione, insomma, vive l'avventura, ma anche di prolungata riflessione.
Alcuni puzzle brillano d'una luce splendente, altri decisamente meno e la linearità di fondo rende il percorso verso l'epilogo un viaggio non esattamente periglioso. Ma nel globale ci si può comunque ritenere soddisfatti, perché pur non re-inventando un genere e non venendo incoronato con il prestigioso titolo di capolavoro, Another Code interpreta con personalità la tipologia di gioco e lo fa in una dimensione, quella portatile, che potrebbe dimostrarsi il futuro terreno per generi dimenticati anzitempo.

Another Code: Two Memories
7.5

Voto

Redazione

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Another Code: Two Memories

Il buon esito d'un enigma non può dipendere dai soli strumenti di cui esso può avvalersi (mouse o pennino), ma deve far leva quasi totalmente sulle idee e sull'originalità di quest'ultime. L'aspetto tattile del DS è sì ottimamente chiamato in causa (non così quello legato all'uso del microfono), ma migliore è l'effetto dovuto a tutto quanto possa stimolare più a lungo le tre meningi (le signore dura madre, pia madre ed aracnoide). Non di sola intuizione, insomma, vive l'avventura, ma anche di prolungata riflessione. Alcuni puzzle brillano d'una luce splendente, altri decisamente meno e la linearità di fondo rende il percorso verso l'epilogo un viaggio non esattamente periglioso. Ma nel globale ci si può comunque ritenere soddisfatti, perché pur non re-inventando un genere e non venendo incoronato con il prestigioso titolo di capolavoro, Another Code interpreta con personalità la tipologia di gioco e lo fa in una dimensione, quella portatile, che potrebbe dimostrarsi il futuro terreno per generi dimenticati anzitempo.