Animal Pound, la fattoria degli animali negli USA di Trump
Questa volta, la fattoria è un rifugio. Forse da queste parti lo chiameremmo canile o gattile, ma poco cambia: parliamo sempre di una struttura dal nome rassicurante dove animali domestici sono tenuti in gabbia nella spesso vana attesa che un umano arrivi e li porti fuori di lì. Inizia già da questo piccolo dettaglio il lavoro di distacco da La fattoria degli Animali di George Orwell, di cui il Animal Pound realizzato dallo sceneggiatore statunitense Tom King in collaborazione con Peter Gross (disegni) e Tamra Bonvillain (colori) per Image Comics, pubblicata in Italia da Bao Publishing, è sia un omaggio che un ammodernamento.
Pubblicato nel 1945, La Fattoria degli Animali è stato il primo tentativo del saggista e romanziere inglese George Orwell di fondere in una sua opera slancio artistico e visione politica: partendo dalle posizione del socialismo democratico, Orwell attraverso l’allegoria del mondo animale raccontava la deriva autoritaria dell'URSS, a cui le diverse anime della sinistra europea guardavano fin dai primi decenni del ‘900, più precisamente dalla Rivoluzione d’Ottobre, come la culla di un mondo nuovo, di una nuova visione della collettività e della condivisione, contrapposta al dilagante capitalismo occidentale che lentamente iniziava la sua opera di erosione delle classi sociali.
Oggi, il mondo a cui si affaccia Animal Pound di Tom King è profondamente diverso ed esponenzialmente più complesso. La figura stessa di Tom King ne è un esempio: nato in California con la passione per i fumetti, King si trasferisce a studiare a New York per avvicinarsi al sogno di lavorare con Marvel e DC. Ma dopo una breve collaborazione con la Casa delle Idee, le Torri Gemelle vengono abbattute da due aerei dirottati e in breve King decide di prestare la proprie capacità alla CIA e alla Guerra al Terrore avviata come reazione dagli USA. Solo nel 2009 tornerà a scrivere, dopo la nascita di un figlio, riuscendo a ritagliarsi un’opportunità in DC Comics che sfrutterà fino a diventare uno degli sceneggiatori più importanti della scena statunitense.
Secondo gli standard europei, è difficile ritrovare in Tom King la medesima visione politica e sociale del mondo che spinse Orwell a scrivere la sua celebre satira, eppure non c’è dubbio che - pur intriso fino alle ossa nei valori fondativi statunitensi - Tom King nelle sue sceneggiature supporta e avanza posizioni progressiste, in difesa dei diritti delle minoranze e contro la deriva autoritaria intrapresa dal governo a stelle e strisce col supporto di almeno una buona metà della popolazione. E a differenza di Orwell, Animal Pound non è il primo lavoro in cui King mescola arte e visione politica del mondo: Sheriff of Babylon, il suo primo lavoro seriale a ricevere importanti riconoscimenti, è una rielaborazione del suo impegno sul campo in Afghanistan; in Heroes in Crisis ha affrontato le conseguenze della sindrome da stress post-traumatico attraverso i supereroi, mentre l’Eisner Award vinto per Vision è frutto anche dell’allegoria sulla discriminazione messa in scena attraverso la famiglia del celebre androide Marvel. Di recente King si è dedicato a una rivisitazione dei romanzo novecentesco attraverso il fumetto arrivando ad Animal Pound dopo Love Everlasting!, serie pubblicata per Image che rilegge il romanzo d’amore attraverso una chiave decisamente più femminista e illuminata da considerazioni più moderne sulla coppia, i sentimenti e i ruoli.
È in questa complessità di vedute che si colloca Animal Pound, una graphic novel che trova un punto di contatto tra una satira piuttosto esplicita e di grana grossa (non molto diversa da quella di Orwell in questo senso) sull’attuale amministrazione Trump (ma più in generale sulla deriva populista delle democrazie occidentali) e uno sguardo fin da subito antispecista e per nulla antropocentrico. E il primo impatto con Lucky, il cane che ispirerà la rivolta degli animali, mette subito le cose in chiaro.
Nelle primissime pagine, prima di muovere gli ultimi passi verso la stanza da cui non uscirà più, il vecchio cane Lucky lascia alla gatta Madame Fifì un messaggio che verrà tramandato per anni nel rifugio: cani, gatti e tutti gli animali sono uguali, accomunati dalla privazione dell’uomo attraverso la cattività. Ogni carezza, ogni ciotola di cibo è ulteriore giro nella serratura di una gabbia che incatena l’animale all’uomo, costringendolo alla dipendenza e all’obbedienza.
L'adesione a una rappresentazione animale fedele alla loro natura e lontana dall’umanizzazione, fatte salve alcune sporadiche concessioni utilizzate come escamotage narrativi per consentire alla trama di procedere, si riflette anche nei disegni di Peter Gross. Il realismo del disegnatore statunitense raffigura gli animali intenti in quei comportamenti a cui l'uomo è ormai familiare, come annusare il terreno per decidere dove lasciare della pipì o il costante poltrire dei gatti, mentre cani e gatti costruiscono e distruggono una democrazia, ragionando sui rapporti di potere o il senso dell'esistenza.
“Ricorda Lucky!” risuona nei corridoi del rifugio, prima, durante e dopo la rivoluzione: quei princìpi potenti ed egualitari guidano le azioni e i pensieri di cani, gatti e conigli, ma la convivenza tra prede e predatori, insieme alle scorte di croccantini ormai agli sgoccioli, esigono regole. L’arrivo delle elezioni segna una svolta, un'accelerazione verso il precipitare degli eventi la cui direzione diventa chiara nel momento in cui, oltre a una webcam usata dagli animali per dirette video attraverso cui raccogliere donazioni, il pavido e un po' tonto bulldog Piggy appare in scena con un berretto in testa. Il bersaglio satirico su Trump si fa sempre più definito nella sceneggiatura di King, Quella che parte come un'allegoria critica muta nella seconda parte evolve in una pura parodia, grottescamente azzeccata va ammesso, in cui Piggy inizia a sproloquiare come il presidente statunitense, adottando iniziative altrettanto contraddittorie che alternano momenti di preoccupante quiete a rapide esplosioni di caos e violenza.
Come inevitabile, arrivato agli eventi più vicini all'attualità, a King manca il giusto distacco e la necessaria riflessione per produrre un'analisi con la giusta profondità come nei primi due terzi, ma il finale risulta comunque interessante e semina spunti la cui maturazione è a quel punto affidata al lettore, su tutte il supporto trasversale a Piggy, popolare non solo tra i carnefici ma anche tra le vittime. Animal Pound probabilmente non sarà un capolavoro trasmesso per generazioni come la sua ispirazione letteraria (benché allo stesso King in uno slancio di umiltà piaccia immaginarlo nell'introduzione), ma resta un esempio di fumetto solido e dichiaratamente impegnato, supportato da un ottimo lavoro ai disegni e ai colori, che col loro connubio immergono le vicende in un realismo a tinte tenui perfetto per le atmosfere ricercate da King, bruscamente interrotte da saltuari scoppi di violenza, graffianti e di forte impatto. Tuttavia, non può che restare un sapore amaro in bocca al termine della lettura, soprattutto se si riflette su come Animal Pound dialoghi col testo scritto quasi un secolo fa da Orwell: nonostante i moniti, lo scorrere del tempo e le differenti condizioni di partenza, la tendenza umana a trascinare la società verso l'ingiustizia rimane immutata.