Unfrosted: un cast spettacolare che si diverte molto più del pubblico

Scopriamo insieme storia, cast e stile di Unfrosted.

di Chiara Poli

Su Netflix è arrivato Unfrosted: Storia di uno snack americano, il debutto alla regia di Jerry Seinfeld per raccontare la storia vera della nascita delle tortine pronte da tostare che hanno rivoluzionato il mercato americano negli anni ’60.

La trama di Unfrosted: Storia di uno snack americano


Battle Creek, Michigan, 1963. I due colossi nel settore dei cereali, Kellogg’s e Post, si sfidano nella cosa alla creazione di un prodotto rivoluzionario, fra spionaggio industriale, colpi bassi e un’atmosfera da Guerra Fredda e da gara per chi arriverà prima sulla Luna fra USA e URSS.

La storia di uno degli snack più amati dagli americani, le pop-tarts (le tortine pronte da tostare).

Il signor Kellogg (Jim Gaffigan, Lo scandalo Kennedy) si avvale della preziosa collaborazione di Bob Cabana (Jerry Seinfeld, che è anche regista e sceneggiatore del film) per vincere la gara contro Marjorie Post (Amy Schumer, Un disastro di ragazza) e il suo braccio destro Rick Ludwin (Max Greenfield, New Girl).

Un cast davvero pazzesco


Un cast pazzesco - da Hugh Grant che anima Tony la Tigre, uno dei pupazzi Kellogg’s più amati, a Christian Slater perfido lattaio e James Marsden guru della dieta - ha seguito Jerry Seinfeld, uno dei comici più amati degli Stati Uniti, che grazie ai suoi contatti ha messo insieme una squadra di comici del Saturday Night Live e di pellicole che li hanno resi volti noti al grande pubblico. Amy Schumer, Melissa McCarthy, Jake McBrayer, Sarah Cooper, Andy Daly, il grandissimo Patrick Warburton: tutti comici. Per non parlare di Tony Hale, Peter Dinklage, Dean Norris, Jon Hamm, John Slattery… Una parata di star. Il cast - con Hugh Grant che probabilmente non si era mai divertito tanto su un set - si cimenta nel ricostruire una storia vera, con personaggi reali, in uno stile da cartone animato. Una scoppiettante commedia ambientata negli anni ’60 e intrisa di quell’atmosfera, in una specie di enciclopedia cinematografica della pop-art.

La scelta, nonostante le numerose interpretazioni da urlo, può essere controproducente. Può distrarre dalla storia, richiedendo un impegno eccessivo agli spettatori più giovani che devono districarsi fra i mille riferimenti cinematografici e culturali del film.

Il debutto alla regia di Jerry Seinfeld, ex protagonista di quella che probabilmente è ancora oggi la sit-com più amata nella storia della TV made in USA, riesce nell’intento di mettere insieme un cast più unico che raro ma si ha l’impressione che siano proprio loro, gli attori, a divertirsi molto più degli spettatori. Ed è un peccato perché l’impegno creativo, dai costumi alle scenografie, dalla colonna sonora alla sceneggiatura infarcita di citazioni (non solo degli anni ’60: ci sono riferimenti a I Simpson, Mad Men, La famiglia Addams, Fantasilandia… Senza mai dimenticare la già citata corsa alla Luna e la rivalità con l’Unione Sovietica, in piena Guerra Fredda.

Troppa carne al fuoco


A dispetto delle citazioni spesso gustose, delle gag divertenti e del cast decisamente fuori dall’ordinario, Unfrosted esagera. Questa scelta di tenere altissimo il ritmo, con una battuta dietro l’altra, unita alla regia e allo stile più da cartoon che da film, risulta a tratti impegnativa da seguire.

Quando ci viene presentato JFK - interpretato da Bill Burr - fra i riferimenti a Marilyn, le scappatelle presidenziali e la first lady arrabbiata si finisce per trasformare l’intenzione di fare satira in un prodotto surreale. Hanno schiacciato troppo l’acceleratore, fra Walter Kronkite che parla con il cameraman come un disperato al bar farebbe con chi gli serve da bere e il protocollo NASA con tanto di (finto) cane che fuma.

Non aggiungo altro per evitare spoiler ma direi che il concetto è chiaro: too much.

La storia dello zucchero cubano - parodia della crisi dei missili di Cuba - è effettivamente un colpo di genio, come la citazione esplicita dell’assalto al Campidoglio, ma continuo a pensare che in questo copione sarebbe servito un importante lavoro di sottrazione.

Avendo un cast del genere, con interpreti così bravi, sarebbe stato più producente lasciare maggiore spazio a loro - lo dimostra il confronto a suon di musica fra Edsel e Marjorie, ma anche tutta la sequenza con i bambini in ufficio - e diminuire la quantità di scenette surreali inserite nel film. Perché danno la sensazione che la durata, di fatto appena superiore all’ora e mezza, sia superiore per la concentrazione richiesta, ma soprattutto la distrazione esercitata a danno dei personaggi e dei loro interpreti.