Spider-Man: Homecoming

Doveva succedere prima o poi. Spider-Man è un personaggio troppo importante per la Marvel, troppo valore affettivo verso un’icona della casa delle idee, ma più di ogni altra cosa, un tassello davvero troppo importante da inserire all’interno dell’ MCU.

E così, dopo la comparsata all’interno di Captain America: Civil War, Spidey torna con un film tutto suo, il primo film Marvel (Sony è sempre alle spalle, occhio) dedicato a quello che per molti è già stato ribattezzato il "bimbo ragno", e i risultati sono stati davvero sorprendenti.


Si è eroi anche senza maschera

Sono stati 133 minuti praticamente perfetti. Non fraintendeteci, quando parliamo di perfezione non intendiamo un film completamente esente da difetti, anche perché, qua e là, qualche piccola sbavatura c’è; nel complesso però ci troviamo davanti ad film scritto, diretto e recitato in maniera davvero incredibile, con tutti gli elementi messi lì al posto giusto.

Le origini di Spider-Man sono date per assodate. Scordatevi il povero zio Ben, frasi del tipo “da grandi poteri derivano grandi responsabilità” e così via, fate spazio invece ad una giovane Zia May (Marisa Tomei), a un ragazzino di 15 anni che gioca a fare l’eroe con i superpoteri (Tom Holland) e ad un Iron Man (Robert Downey Jr.) che funge più da mentore che da eroe aggiuntivo a schermo.

È proprio su questo elemento che la Marvel ha azzeccato tutto. Spider-Man: Homecoming è un film di formazione. Una pellicola in cui viene raccontata l’evoluzione di un adolescente irriverente, dalla lingua troppo lunga e sfrontato in maniera così esagerata da risultare a tratti irritante…esattamente come molti ragazzi della sua età. Nella normalità di una vita da teenager del Queens però, si innestano i superpoteri, un costume e la voglia di diventare subito un Avengers, per dimostrare ad Iron Man di essere già adulto e maturo.

Tutto questo viene gestito in maniera perfetta dalla sapiente mano di Jon Watts che ci regala un ritmo sempre serrato, alcune scelte di regia piuttosto azzeccate e uno stile visivo che ricalca molto i teen-movie, ma ha il pregio di innestarsi perfettamente all'interno dell’MCU.

Spider-Man:Homecoming funziona quindi, ma è anche merito di due signori (uno molto più giovane dell’altro) che portano il nome di Tom Holland e Michael Keaton. Il primo ci regala uno Spidey credibile, incasinato a tratti ribelle (sarà un caso la presenza dei Ramones nella soundtrack?) ma il più delle volte impacciato; a questo si aggiungono delle movenze credibili, e un vero e proprio percorso formativo che ha il merito di essere ancora più riuscito, proprio perché non si è potuto appoggiare sulle solide basi della “genesi del personaggio”. In 133 minuti scoprirete più facce dello stesso personaggio, e questo merito è da attribuire, per la maggior parte, ad un attore che ha dimostrato di amare seriamente l'Uomo Ragno.

Un supereroe ha però bisogno anche di un buon villain. In questo caso la presenza di Michael Keaton è a dir poco strabordante. Il suo Avvoltoio non è semplicemente credibile, ma è anche mosso da ideali veri, credibili e pienamente tangibili, che si incastrano non solo nella storia ma che prendono spunto da elementi provenienti dall’MCU. Ci sono dei passaggi, come una scena in macchina, che da soli valgono la presenza di Keaton.

Insomma, senza troppo giri di parole, ci troviamo davanti a quello che senza ombra di dubbio è in assoluto il miglior Spider-Man cinematografico visto fino ad ora. Storia, scene d’azione, momenti comici e drammatici sono perfettamente bilanciati, così come la presenza di personaggi che non rubano la scena all’eroe. Ma quello che più ci preme sottolineare è il ritmo: grazie ad un ottimo montaggio, ci troviamo davanti a un film che non fa mai respirare lo spettatore e lo catapulta costantemente all’interno di un momento topico o adrenalinico. Bravo Watts.

Se siete an di Spider-Man è davvero un obbligo morale andarlo a vedere, se non siete fan del ragno andate a vederlo lo stesso, rischiate di perdervi uno dei migliori film dell’MCU!