Quella pazza idea di Disney di portare Quel pazzo venerdì, sempre più pazzo in sala

Il sequel di Quel pazzo venerdì con Jamie Lee Curtis e Lindsay Lohan ha un solo difetto: il passaggio in sala ne evidenzia la natura da perfetto film TV.

di Elisa Giudici

Correva l’anno 2003, Lindsay Lohan era un’adolescente star di punta dei contenuti per ragazzi che, al fianco di Jamie Lee Curtis, girava Quel pazzo venerdì, titolo destinato a diventare una piccola commedia cult per la generazione cresciuta a pane e Disney Channel. A posteriori quel film, un classico sviluppo narrativo sul tema dello scambio dei corpi, rivela due picchi d’eccellenza a lungo sottovalutati.
Uno è la regia di Mark Waters, che in quegli anni girò un altro stracult adolescenziale come Mean Girls (sempre con Lohan protagonista) prima che la carriera di entrambi precipitasse in territori commerciali ben più sordidi. L’altro è la sorprendente performance di Jamie Lee Curtis nei panni di un corpo adulto governato da una figlia adolescente ribelle. Performance tra le più amate della sua filmografia che, ironizzando ma non troppo, molti sostengono avrebbe dovuto arrivare fino a una nomination per il perfetto bilanciamento d’intensità e commedia che conteneva.

Disney ha indovinato il momento giusto per fare un sequel di Quel pazzo venerdì...

Insomma, pur essendo una commedia scacciapensieri per adolescenti, Quel pazzo venerdì aveva in sé degli spunti che sono rimasti nel tempo, rendendolo un piccolo cult per la generazione che ci è cresciuta assieme e quindi convincendo Disney a provare l’operazione nostalgia con un sequel venti e passa anni dopo. Certo ha pesato anche il fatto che la Curtis post vittoria dell’Oscar come miglior attrice non protagonista per Everywhere Everywhere All at Once e con un ruolo sempre più centrale in The Bear stia tentando di essere più protagonista sulla scena commerciale e pop. Certo ha aiutato come, dopo una lunga ascesa e una rovinosa caduta nel mondo dell’intrattenimento e del gossip, Lindsay Lohan sia riuscita a imporre una nuova narrazione di sé stessa come donna e attrice ritrovata, pronta a rimettersi in gioco.

Uno dei meriti innegabili di Quel pazzo venerdì, sempre più pazzo infatti è proprio quello di essere alimentato da quella che sembra una genuina voglia delle due protagoniste di mettersi in gioco. Sarà perché appunto le protagoniste non hanno detto sì nel punto più basso della loro carriera ma nel pieno di un secondo rinascimento della stessa, sarà perché veramente i presupposti dell’operazione sono loro congeniali, sono Lohan e Curtis a dare verve a un film che dà allo spettatore esattamente quello che ci si aspetta.

Ritroviamo infatti la mamma Tess e la figlia Anna al centro dello scambio del primo film cresciute e con nuovi problemi da fronteggiare. Anna, che ha messo in pausa la carriera da rockstar per fare la produttrice musicale, è la mamma single di un’adolescente di nome Harper (Julia Butters), quella che un tempo si sarebbe definita “un maschiaccio”, che pensa solo a fare surf e uscire con gli amici. Quando Anna s’invaghisce di Eric (Manny Jacinto) e decide di sposarlo, Harper si ritrova di fronte alla prospettiva di dover diventare sorellastra di Lily (Sophia Hammons), una ragazzina dall’accento londinese un po’ snob e dalle ambizioni e interessi opposti ai suoi.

Ovviamente avviene il solito scambio di corpi, ovviamente coinvolge tutte e quattro le protagoniste del film e ovviamente s’intreccia la trama del revival a quella di un classico film con protagoniste due adolescenti molto diverse che devono imparare ad apprezzarsi. Diciamo pure che il film prende parecchi spunti da Genitori in trappola, remake di Un cowboy con il velo da sposa che segnò il fortunatissimo esordio di Lohan al cinema. Il punto è che il film fonde di fatto due trame: una pensata per portare quel tipo di commedia al pubblico più giovane e una più incentrata su Lohan e Curtis che fanno cose buffe perché il loro corpo è mosso da due adolescenti, per la gioia degli spettatori ormai adulti di Quel pazzo venerdì.

...ma sbaglia nel portarlo in sala

Entro i limiti precisi degli obiettivi di quest’operazione il film funziona e non è nemmeno troppo svogliato in quello che fa, assicurando a Lohan anche un numero musicale (perché non dimentichiamo che la sua carriera si mosse anche in quella direzione prima di venire travolta da molteplici scandali) e a Curtis la possibilità di fare un po’ d’ironia sulla sua età e continuare a coltivare quel ruolo della signora di una certa età molto giovanile e molto stramba che pare apprezzare moltissimo negli ultimi anni. Non è che il film richieda mai alle due di fare niente di ardito o particolarmente audace, ma si sono viste infinite operazioni su questa falsariga portate avanti con grande pigrizia, con il minimo dello sforzo necessario. Invece qui sembra proprio che si voglia fare il meglio per il pubblico a cui si sta parlando.

C’è però un problema e non da poco, che paradossalmente fa male al film: dove lo si proietterà. Il lungometraggio di Nisha Ganatra è in tutto e per tutto un vecchio film TV, o come diremmo oggi un film da piattaforma, che va in streaming senza passare dalla sala. Il fatto che Disney tenti la sala sperando nel botteghino lascia un po’ con l’amaro in bocca, considerando che nel periodo criticissimo del post pandemia negò ai cinema in sofferenza ottimi film (Prey e Red su tutti) per pompare la neonata Disney+. Ora invece porta in sala una pellicola che dalla regia alla produzione, passando per il montaggio e persino il linguaggio utilizzato (i bloopers sui titoli di coda, le grafiche di transizione animate e illustrate come un diario scolastico) utilizza la grammatica dei film Disney pensati per il piccolo schermo. Il problema è che, proiettati sul grande, mostrano impietosamente i loro limiti, ciò che appunto li distingue da una produzione che ha la sala come suo primo punto d’arrivo. Soprattutto a livello tecnico, lo schermo cinematografico evidenzia impietosamente tutti i limiti dell’operazione.