I Fantastici Quattro - Gli inizi non sono esattamente fantastici, ma c’è abbastanza per essere ottimisti

Dopo molti passi falsi e film deludenti, Marvel sembra aver ritrovato la sua ripartenza che, se non proprio fantastica, quantomeno risulta gradevole e abbastanza solida.

di Elisa Giudici

La promozione di I Fantastici Quattro - Gli inizi sarebbe meno entusiasmante se non fosse stata preceduta da una serie di film che hanno così sgonfiato le nostre aspettative che un cinecomics MCU che si ricorda di essere tale e cerca anche di essere ambizioso finisce per sorprenderci in positivo.
Più che un singulto di entusiasmo il nuovo I Fantastici Quattro è un sospiro di sollievo: Marvel è riuscita a realizzare il migliore film su questo quartetto mai visto in sala (non ci voleva molto) e ha fatto in modo che i super al cinema quest’estate meritassero tutti una visione, pur essendo lontana dalla scelte coraggiose ed entusiaste viste in Superman. Se però consideriamo quanto questo film deve invertire la rotta e quanta fatica a farlo, la scena in cui i quattro protagonisti evitano per un soffio di finire in un buco nero sembra quasi una metafora per la riuscita della pellicola.

Regia e produzione sono deliziosamente vintage e ricche di carattere

Iniziamo da quello che funziona: la produzione del film è l’aspetto più incisivo e capace di dare personalità alla pellicola. I colori finalmente brillanti e vivaci, un retrofuturismo non di facciata ma molto ben pianificato e perfettamente intessuto nella storia, uniti a una colonna sonora perfetta per l’ambientazione del sempre frizzante Michael Giacchino e a un lavoro enorme di design dei set contribuiscono a dare una sensazione di novità e freschezza.

Un plauso importante va al regista Matt Shakman, che riesce in una missione difficilissima: quella di rendere perfettamente la scala, la magnitudo dello scontro di un essere…galattico, appunto, come Galactus. Shakman guarda parecchio al cinema d’antan con i mostri Universal e alle vecchie invasioni aliene che distruggono le città. Ci mette quella comparazione visiva semplice ma sempre molto efficace per dare l’impressione di un gigante che schiaccia degli insetti, che però sono i nostri eroi. Nelle grammatica visiva del film si riprende a piene mani dalla fantascienza degli anni ‘50 e ‘60, al supereroismo garbato e familiare delle prime trasposizioni cinematografiche e il risultato paga.

I nuovi Fantastici Quattro sono stati scelti molto bene

Un plauso va anche al quartetto dei protagonisti e alle loro interpretazioni di supereroi molto caratterizzati nei fumetti ma mai veramente azzeccati prima d’ora su grande schermo. Vanessa Kirby e Pedro Pascal funzionano come coppia e riescono ad andare oltre la prevedibile dinamica dei genitori preoccupati per il destino della propria prole, trasmettendo l’intensità emotiva necessaria a renderci partecipi di un intreccio che abbiamo già visto moltissime volte. Dei quattro Mr Fantastic è quello forse più lontano dalla sua identità fumettistica, dato che la proverbiale sicurezza di sé e la saccenza del personaggio vengono sostituite con un’ossessione per la scienza che sembra quasi codificata in un ritratto che parla di autismo, di neurodivergenza, dell’incapacità di sentire e gestire le emozioni se non attraverso percorsi che - come ci spiega Vanessa Kirby nella scena più intensa tra i due - possono finire per ferire. Certo come sempre è una coppia affiatata ma ridotta all'esclusivo ruolo familiare, tanto che la tenerezza e la sensualità tra i due è completamente glissata mentre il film s’infila in una scena non troppo riuscita di un lunghissimo parto nello spazio.


Joseph Quinn e Ebon Moss-Bachrach sono divertenti e fraterni tra di loro e con l’altra metà del duetto, ma nei loro personaggi s’intravedono le crepe del film, a cui sono incolpevolmente soggetti. Ben Grimm intesse una relazione con il personaggio di Natasha Lyonne, La Torcia Umana s’invaghisce della Silver Surfer di Julia Garner, eppure i loro love interest appaiono e scompaio per lunghi tratti da un film che ha un ritmo insoddisfacente, che procede per strappi e brusche frenate, che introduce personaggi e poi li mette in pausa fino alla fine della pellicola.

Il nuovo Fantastici Quattro è molto penalizzato dalla sua sceneggiatura

Il torto maggiore forse è quello di rendere visivamente bene il cattivo di Galactus senza però raccontarla nella sua dimensione sovraumana, quasi divina, anche con la scrittura. Sembra qualcosa d’immateriale, non senziente, una catastrofe da evitare. A parole Galactus accena qualcosa del suo tormento interiore, ogni tanto ne percepiamo la malvagità, ma è troppo poco e troppo mal fatto. La sceneggiatura insomma è il vero tallone d’Achille di un film che è grossolano, disordinato e spesso sbadato, perdendosi per strada personaggi e idee, affidando il grande scontro finale che è sempre due passi al di qua dell’apparire ridicolo e infattibile. Il punto dei film dei supereroi non è certo il realismo ma è fondamentale “vendere” al pubblico la coerenza interna della storia. Fermandosi anche solo per un’istante a riflettere sul piano che Mr. Fantastic mette insieme per salvare tutto (la famiglia, il pianeta e ovviamente suo figlio) si rimane col piede sollevato, proprio come Galactus.

Il vero problema di I Fantastici Quattro è che è troppo ambizioso per essere ordinario e risibile come i film che lo hanno preceduto, per fortuna, ma al contempo non ha una visione, una qualità di scrittura o una verve tale da poter davvero esplorare fino in fondo i suoi passaggi più ricchi di potenziale. L’intero film glissa (come Superman) sulla genesi dei suoi eroi e si concentra su un altro punto: cosa e quanto è giusto sacrificare per salvare la Terra. Il potenziale della risposta più razionale ma crudele sta lì tutto il tempo, tenta sia alcuni protagonisti sia il film, che derubrica l’intera faccenda con un monologo poco convincente nelle premesse e nei risultati di Vanessa Kirby, che è la vera leader e il vero cuore della storia.

Tuttavia il film è pavido di fronte alle potenzialità della sua stessa, diabolica premessa, che non può permettersi di esplorare perché si è posto da subito come forse il più familista e reazionario dei film di un universo che non fa altro che parlare di famiglie perse e ritrovate. Il personaggio di Silver Surfer non funziona proprio perché è l’alternativa alla scelta fatta dai Fantastici Quattro, ma non viene mai posto come tale. È come se il quartetto fosse chiamato a scelte drammatiche per cui non c’è una risposta giusta, a decisioni che avranno comunque conseguenze imprevedibili, incontrovertibili e negative per qualcuno da qualche parte nel cosmo, e poi questa drammaticità venisse prepotentemente tolta da sotto i piedi del film, facendogli perdere l’equilibrio, togliendogli forza. Tanto che questa Terra dove nessuno si permette di contraddire le decisioni dei suoi protettori, in cui c’è una sorta di culto della loro personalità a tratti diventa involontariamente sinistra. Niente che però questo film ossessionato dal fare la scelta giusta ma incapace di creare reazioni proporzionate alle azioni, possa percepire o gestire.