Eenie Meanie, recensione del dramedy con Samara Weaving

Quanto vale un'ultima rapina?

di Claudio Magistrelli

Eenie, Meeny, Miny, Moe è l'equivalente anglosassone del nostrano Ambarabà Ciccí Coccò, la conta utilizzata per decidere che va sotto a nascondino (non ho idea di termini e dei giochi dell'odierna gioventù, credo sia evidente). Viene da qui il titolo di Eenie Meanie, nuovo film disponibile sul catalogo Disney+, che a sua volta riprende il soprannome della protagonista, Edith “Edie” Meanie (Samara Weaving): una vita in affido dopo l’arresto dei genitori, una carriera come autista in qualche colpo di discreto livello, una relazione tossica alle spalle e un esame da sostenere nel giro di qualche giorno all’università pubblica a cui si è appena iscritta. 

Nell’esordio alla regia di Shawn Simmons si leggono in controluce tutte le fonti di ispirazione a partire ovviamente da Drive e i suoi titoli di testa color evidenziatore, ma anche Baby Driver e il filone recente degli heist movie, con Andy Garcia nel cast a ricordare che discendono tutti da Ocean’s Eleven. Ma anche Anora, in un certo senso, per citare l'esponente più apprezzato di una cinematografia che rifugge la stretta categorizzazione in generi (pur senza disprezzarne i collaudati meccanismi narrativi) e preferisce la contaminazione, anche con pellicole che vivono di momenti e atmosfere differenti. Certo Eenie Meanie non tiene il passo con i titoli citati come rimandi, ma è pur vero che il film di Simmons riesce a trovare presto un propria strada un inseguimento dopo l’altro; e forse un giro in sala l’avrebbe meritato. 


Di sicuro l’avrebbe meritato Samara Weaving che col suo personaggio fa da collante alle diverse anime della pellicola, col volto giusto per mettere in scena tanto la biondina a cui piacciono irrimediabilmente i malesseri di periferia quanto la ragazza cresciuta su dalla strada che si muove con disinvoltura anche in mezzo a criminali di diverso calibro. Al suo fianco nel ruolo di John, il malessere appunto, troviamo Karl Glusman, altra faccia azzeccatissima, soprattutto per gli schiaffi e le botte che prende per la maggior parte del film, nonché altro altro anello di congiunzione tra le due anime di Eerie Meanie: è lui che trascina nei guai ancora una volta Edie, la quale per salvarlo decide di partecipare come a autista a un colpo al casinò, che azzererà per sempre il debito del suo ex (?) ragazzo nei confronti di Leo (il già citato Andy Garcia). 

Eenie meanie e le vite che non cambiano

La parte di heist movie presente in Eerie Manie è in fondo la meno interessante, complice anche una trama un po' sottile su questo versante, ma riesce a condensare in circa la metà della pellicola tutto quello che ci si aspetta: l’occasione imperdibile, la messa a punto del piano, le trovate ingegnose, le talpe, ma anche ovviamente l’imprevisto e la fuga rocambolesca. In questi frangenti il film si tuffa senza riserve nella tradizione dei criminali sopra le righe alla Guy Ritchie, tanto sbruffoni e chiacchieroni, quanto spesso tonti. Eppure grazie al tocco sempre poco visibile di Simmons, o grazie alla chimica tra Weaving e Glusman (vai a sapere) il film riesce a trovare una propria coerenza che tiene insieme dramma e commedia, slapstick e introspezione. 

Sotto la componente più scanzonata di Eenie Meanie infatti scorre la vicenda più intimista di Edie, che noi incontriamo quando ha già deciso di riportare la sua vita su binari più ordinari, ma di cui ci viene lasciato intendere un passato terrificante speso prima tra famiglia adottive poco interessate al suo benessere (eufemisticamente) e poi nel sottobosco criminale di Cleveland. Senza forzare troppo la mano, Simmons si limita a mostrare allo spettatore la decadenza della periferia della metropoli, una Cleveland in cui Edie si muove tra passanti rassegnati alla desolazione e alla mancanza di opportunità. Poche inquadrature, che tuttavia risultano le più forti e significative dell'intera pellicola. 


Titolo e soprannome giocano col cognome di Edie, Meanie, che si traduce come meschino, cattivo: ma è davvero cattiva Eenie Meanie? Si può davvero addossarle la colpa di aver scelto, nuovamente, una strada al di fuori dalla legalità? O ancora, di essersi innamorata di John, inaffidabile e irresponsabile, ma il primo ad aver provato a trascinarla fuori dall’orribile esistenza che la vita le aveva fino a quel momento riservato? Di John, invece, non sappiamo molto, se non che ci appare incastrato tanto in una vita in cui deve arrabattarsi quotidianamente, quanto nel suo amore per Edie, idealizzata nella figura attraverso cui - è convinto - troverà una redenzione e una via d’uscita da ciò che lo incatena al suo ciclo di autodistruzione. La relazione tra Edie e John è la classica situazione di incastro tra un uomo incapace di prendersi le proprie responsabilità e una donna convinta di poterne cavare qualcosa di buono e nel sostanziale distacco morale che Simmons usa per tratteggiarla, supportato dalla freddezza e dall’aridità degli scorci cittadini in cui è incorniciata, la gestione e la risoluzione di quest’arco narrativo è uno degli aspetti migliori di Eerie Meanie. 

Manca forse un graffio. Per quanto la pellicola di Simmons si distacchi con successo dai modelli da cui trae spunto, non riesce mai a trovare una personalità abbastanza forte da lasciare il segno, se non in un paio di scene, il che comunque non è male per un esordio. Il mix tra atmosfere da festival e commedia d'azione funziona, anche se risulta un po' innocuo. Si poteva osare un po' di più, ciò non toglie tuttavia a Eenie Meanie una dignità cinematografica di altro livello rispetto alla media a cui ci hanno abituato le produzioni destinate allo streaming.