Buen Camino, recensione: questo Natale anche Checco Zalone è diventato più buono, purtroppo
Dopo l’azzardo di Tolo Tolo, Zalone sceglie una strada più prudente: Buen Camino guarda al passato e parla soprattutto al pubblico storico del comico.
La corona di re del botteghino pesa sulla testa di tutti, anche di uno come Luca Medici, che con 6 film in 15 anni ha portato al botteghino qualcosa come 220 milioni di euro. A differenza del collega statunitense James Cameron, contro cui andrà in scontro diretto al botteghino festivo, Medici ha un filtro tra sé e questa responsabilità: quello della sua persona comica Checco Zalone, un personaggio-maschera da cui entra ed esce sia durante il film sia durante le conferenze stampa, per cavarsi d’impiccio dai passaggi più critici.
La difficoltà principale con cui giostrarsi in Buen Camino è che, a voler essere generosi dato il clima natalizio, si tratta di un ritorno alle origini dopo la prova più audace di Zalone in sala. Nel 2019 infatti, con Tolo Tolo, il comico barese si era allontanato dallo storico sodalizio con il compagno cinematografico e vicino di casa Gennaro Nunziante, cimentandosi lui stesso alla regia e portando in scena una sceneggiatura molto più politica e tagliente del solito, in cui si sentiva distintamente l’apporto di Paolo Virzì, da cui nacquero il soggetto e la proposta di scrivere un film insieme. Tolo Tolo è stata la prova di maturità di Zalone, il tentativo di traghettare il suo pubblico popolare verso un prodotto più forte nei toni e ricercato nella costruzione, nascondendosi meno del consueto dietro le pochezze dei suoi personaggi per svicolare da una presa di posizione netta.
A livello critico e commerciale fu un successo, anche se non strabordante come i precedenti. Sin dal trailer, Buen Camino va in direzione opposta, presentandosi come un film familiare e familista che mette al centro della storia il rapporto tutto da ricostruire tra un padre assente e vanesio e la figlia che cerca qualcosa di più autentico e spirituale sulla soglia della maggiore età. I due film hanno in comune un budget molto alto per gli standard delle commedie italiane, oltre 20 milioni di euro, e l’essere girati in gran parte all’estero: il primo in Marocco, il secondo in Spagna, sul cammino inglese del pellegrinaggio di Santiago. Al centro c’è sempre Medici, nei panni di Zalone, a sua volta nei panni di un alter ego di sé stesso.
Checco diventa un Paperon Zalone
In Buen Camino l’unica sostanziale prima volta è legata al personaggio interpretato dal comico: non un furbo meridionale ben versato nell’arte di arrangiarsi, ma un ricchissimo figlio di un industriale che, sfaccendato e senza meriti, ha fatto della ricchezza esibita e tracotante il suo stile e il suo credo di vita. Il primo passo falso di Buen Camino è mancare di vera cattiveria nel ritrarre questo riccone sprezzante e ignorante, o forse è il presupposto stesso della cornice narrativa zaloniana a renderlo impossibile. Nonostante la compagna-trofeo messicana, la servitù trattata con sufficienza e i soldi duramente guadagnati dal padre sperperati in tante follie, questo Paperon Zalone è tutt’altro che sgradevole. È anzi evidente da subito come abbia bisogno solo del giusto cammino, spirituale, per farsi perdonare i suoi eccessi da noi ancor prima che dalla figlia.
Una sceneggiatura più tagliente, più Zalone di un quinquennio fa, non avrebbe dato per scontato il suo attaccamento alla figlia, o avrebbe trovato una ragione particolarmente meschina per convincerlo a seguirla in cammino, rendendo il film al contempo più divertente e coerente nella sua cattiveria. Quel che difetta in incisività in Buen Camino non manca però in Luca Medici attore e creatore, capace di annusare per tempo l’aria che tira e muoversi di conseguenza. Le ambizioni artistiche e di rivalsa di Tolo Tolo sono state saggiamente accantonate per seguire il clima dei tempi, con quello che è a tutti gli effetti un prodotto su misura del momento, delle sue incertezze e del suo sentire.
Caro, vecchio Zalone
La sfida, dice Zalone, è quella di portare i giovani in sala e tenerli fermi per 90 minuti sulle poltroncine, misurandosi con una comicità velocissima, frammentaria e “clippabile” dei social su cui trascorrono buona parte del loro tempo. Buen Camino però non è niente di tutto questo. Anzi, è esattamente l’opposto per ritmo d’impostazione delle battute e natura delle stesse, che vanno a pescare nel consueto e consunto bacino di stereotipi su omosessuali, donne giovani e più attempate, esami rettali, artisti snob e asiatici che non sanno cucinare la pasta senza farla scuocere. C’è il ritorno dello stellato, stavolta caldeggiato e capito dal Zalone intenditore e c’è un accarezzare l’ironia sull’obesità senza mai affondare la lama.
Le uniche due battute politiche, a tema occupazione di Gaza e camere a gas dei campi di concentramento, non sono né davvero scandalose né davvero taglienti. Sono costruite a uso e consumo di giornali e benpensanti, dando appena di gomito a quella nostalgia sempre meno latente di poter dire quello che si pensa e si vuole con il diritto di non affrontarne le conseguenze. Sono battute abbastanza gratuite proprio per come non dicano niente di più del personaggio, non siano particolarmente inventive né tantomeno riescano a dire qualcosa di forte e incisivo sulle tematiche a cui si rifanno.
D’altronde, per cose da dire, Buen Camino somiglia più a una commedia commerciale italiana standard, persino un po’ cinepanettoniana, che a un film di Zalone, a partire dal tema. Il film è girato in Spagna, nei veri luoghi del cammino dei pellegrini, ma lo sguardo su questa realtà è molto superficiale, quasi blandamente promozionale. Non c’è la cattiveria nell’indagare la “moda” dell’andare in cammino, non c’è grande distanza tra i personaggi con una spiritualità profonda e autentica e quelli che sono in pellegrinaggio perché non sanno trovarsi o che fare di sé stessi. Anzi, il “mistero” riguardante il personaggio della compagna di cammino spagnola interpretata da Beatriz Arjona è tale solo agli occhi del protagonista, tanto è telefonato.
Non solo mancano i colpi di mano comici che hanno reso Zalone chi è oggi, non solo il film è praticamente esente di quella godibilissima ferocia nel raccontare il vizio italiano che teneva in piedi i lavori precedenti: Buen Camino è proprio un film sciatto per scrittura, con raccordi narrativi debolissimi, come i pellegrini onnipresenti che scompaiono quando un personaggio subisce un piccolo infortunio così da far succedere un incontro necessario alla trama, e altre soluzioni pigre di questo tipo. C’è davvero poco da dire oltre l’immancabile, prevedibile e insipida riscoperta di un legame paterno-filiale.
Buen Camino è una serenata per il vecchio pubblico di Zalone
Anche considerando le riprese estere, si fatica a capire dove siano finiti i 26 milioni di budget di questo film, che non ha mai davvero un momento capace di suscitare apprezzamento per il lavoro di regia o per la fattura cinematografica del girato. Nunziante ha un approccio che non colpisce e, anzi, il massimo che rievoca è un po’ la vecchia scuola Medusa Film, quel mix di elementi visivi riconducibili immediatamente all’universo Mediaset televisivo, che ben si accorda con il passato che questo Zalone evoca. Buen Camino è un film superficiale e un po’ impalpabile, una visione che scorre via veloce grazie a una durata strategica di 90 minuti. Si fatica a vederci dentro il benché minimo tentativo di attirare il pubblico più giovane, di guardare ai suoi formati e alle sue incertezze emotive, dato che il personaggio della figlia è palesemente filtrato da un’ottica paterna dentro e fuori la storia.
No, Buen Camino è piuttosto una serenata d’amore per il vecchio, fedele pubblico di Zalone, quello che magari si è anche sentito un po’ trascurato o addirittura tradito dall’ambizione di Tolo Tolo. È un film che dà al pubblico generalista in cerca di un divertimento veloce, facile e indolore esattamente quello che vuole, un prodotto confezionato come si faceva 10 o 20 anni fa, alla ricerca di quel pubblico che desidera proprio quel tipo di approccio e forse ha persino nostalgia di quel tempo. Buen Camino, insomma, è un usato sicuro di un Zalone più pompiere che incendiario, più accorto del solito a non scontentare nessuno.