Anatomy of a Fall, recensione: Tár a processo, a ritmo di 50 Cent

Justine Triet porta in competizione a Cannes un strepitoso legal drama con al centro una donna carismatica, impenitente e forse omicida: la recensione di Anatomy of a Fall.

di Elisa Giudici

Che il ruolo di Cate Blanchett in Tár avrebbe lasciato il segno l’avevamo capito subito, ma non era scontato che arrivasse così presto una risposta dal cinema europeo. Anche solo per il fatto che non ci sono poi tante attrici capaci di gestire ruoli femminili così colossali, impenitenti, controversi, manipolatori. Senza mai rompere il muro di ambiguità che vela le intenzioni di questo genere di donne. Per non parlare della difficoltà di trovare film con la volontà di mettere al centro queste donne e di saperne scrivere.

Justine Triet e Sandra Hüller sono all’altezza di questo compito improbo. L’attrice tedesca, che aveva già dato una performance da annali del cinema in Vi presento Toni Erdmann, qui tira fuori un’altra performance eccezionale.

Sandra interpreta una scrittrice teutonica sposata a un uomo francese e madre di un ragazzino che, a seguito di un incidente, ha perso quasi completamente la vista. Nel corso del film e del processo che la vedrà imputata, ne verranno dissezionare passioni e intenzioni. Mostro, puttana, gelido ghiaccio, bella come un cagnolino, personalità castrante sono solo alcune delle definizioni che vengono usate in aula dagli avvocati e nei litigi con il marito per definirla.

Come spesso accade in questo tipo di thriller però, più la si esplora e più la verità diventa difficile da definire. A un certo punto siamo tutti chiamati a scegliere, come dice una poliziotta al testimone chiave: decidere la versione che ci convince di più e aderire a quella.

La regista francese Justine Triet ci regala il suo twist personale, ottimamente scritto e diretto, su un grande classico del genere procedurale: il processo a un coniuge accusato di aver ucciso l’altro, con prove poco più che circostanziali. Grazie a Hüller e a un cast strepitoso, che si muove con scioltezza tra dramma e ironia pungente, il film prende il volo e diventa uno dei titoli più forti in competizione.


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Di cosa parla Anatomy of a Fall

Samuel cade dalla finestra del terzo piano dello chalet in cui vive con la moglie e il figlio ipovedente. A trovare il suo cadavere è proprio il ragazzino di ritorno da una passeggiata con il cane guida.

La moglie Sandra, famosa scrittrice di romanzi di autofiction, era a letto addormentata al momento del fatto. Durante la prima ricostruzione dei fatti operata dalla polizia, emergono alcune incongruenze che portano a ipotizzare una dinamica differente: comincia così una lunga anatomia processuale del fattaccio e dei protagonisti. E se Samuel non fosse caduto per caso né si fosse suicidato? L’accusa vuole provare che l’uomo è stato ucciso dalla moglie.

Comincia così un processo che, in mancanza di prove inconfutabili, diventa un dibattito sulla figura di una donna straniera, carismatica e di successo. Ogni prova portata a carico dell’imputata - tra cui figura anche la registrazione di una violenta lite avvenuta solo il giorno prima della morte di Samuel - rende il quadro ancora più confuso e aperto a interpretazioni.

Dalla parte di Sandra c’è il suo legale, amico di vecchia data che ha un debole per lei. Più sfumata la versione del figlio adolescente Daniel. Da testimone e spettatore del processo, scopre i lati più crudi e sgradevoli del matrimonio dei genitori. La sua testimonianza frammentata e contraddittoria però è forse l’unica che può far luce su quanto veramente accaduto.

Di cosa parla Anatomy of a Fall

Non aspettatevi risposte entrando in sala a vedere Anatomy of a Fall, che come ogni grande procedurale che si rispetti, segue un intero processo traendone l’amara lezione che la giustizia è altro dall’accertare la verità.

Nel corso del dibattimento appare piuttosto chiaro che l’esito del processo sarà un giudizio su Sandra come moglie, donna e madre. A tratti emerge una donna bugiarda e manipolatrice, ma subito dopo viene da chiedersi chi, da litigate registrate di nascosto dal coniuge e ritratti psicologici fatti dalla parte opposta, non ne uscirebbe come un mostro o una “personalità castrante”.

L’unica verità su Sandra è che la sua è una vita di mezzo, in cui è abbastanza forte da rivendicare il suo spazio per scrivere e lavorare, la sua necessità di fare “sesso come problema di igiene personale” anche se al marito non va, magari con qualcun altro. Il fatto che sia una scrittrice e una moglie con più successo del marito, il fatto che l’incidente occorso al figlio pesi sulle spalle del morto, rende il dibattimento ancor più scivoloso.

Anatomia di una caduta è l’autopsia di una donna ancora in vita, che si prende da imputata e protagonista il centro della scena. Sul negativo della storia c’è il ritratto di un uomo che le rimprovera di trascurare il figlio, ma anche uno che fa partire a tutto volume P.I.M.P di 50 Cent (scelta musicale geniale e trascinante) quando geloso delle attenzioni che la coniuge bisessuale riceve da una laureanda.

L’ago della bilancia è il figlio della coppia, chiamato ad interrogarsi come e più di tutti gli altri se la madre sia un’assassina. Al suo fianco c’è un cane guida che, fuor d’ironia, da anche lui una grande performance.

Sin dall’inizio, quando la casa viene descritta visivamente da un establishing shoot girato ad altezza del campo visivo dell’animale, viene suggerita la centralità dell’animale, che giocherà un peso cruciale sull’esito del processo.

Anche a lui però non rimane che scegliere da che parte stare: Triet e Hüller scavano dentro Sandra senza mai rivelare davvero il segreto del personaggio, mentre seduzione, misoginia e attenzione mediatica rimbalzano dentro e fuori l’aula, con un ritmo da commedia brillante che strappa anche risate inaspettate.