Mario Kart Tour e Diablo Immortal contestati per le loot box

I due titoli mobile imputati per il controverso sistema di monetizzazione

Mario Kart Tour e Diablo Immortal contestati per le loot box

Quella delle loot box è una questione molto sentita in ambito videoludico, per la sua prossimità col gioco d'azzardo e tutte le problematiche che ne derivano. Recentemente, il Parlamento Europeo si è attivato per evolvere la disciplina normativa nel settore dei videogame e il fenomeno loot box è stato un sorvegliato speciale. Proprio a causa delle loot box, due popolari titoli mobile sono finiti sul banco degli imputati.

Mario Kart Tour ha rimosso le loot box lo scorso anno, dopo però aver guadagnato quasi 300 milioni di dollari. Come segnala Axios, Nintendo è stata citata in giudizio presso il tribunale della California da un minorenne che aveva speso 170 dollari (con la carta di credito del padre) per le “Spotlight Pipes”, ovvero le loot box. Questa azione legale è una class action, pensata per il risarcimento di tutti i minori che hanno riscontrato il medesimo problema con Mario Kart Tour.

L'accusa contesta ovviamente il fatto che sia stato lasciato l'accesso ai minori ad una pratica analoga al gioco d'azzardo. Viene altresì contestato che in Mario Kart Tour siano state messe in atto "pratiche oscure" volte ad indurre gli utenti a comprare le loot box, come rendere la progressione del gioco particolarmente difficile se non si fanno acquisti. Inoltre, viene fatto notare che gli acquisti in-game non fossero nemmeno rimborsabili.

Sottolineamo che si tratta di accuse, che andranno provate in giudizio e che l'ultima parola spetterà alle autorità competenti. Diablo Immortal di Blizzard, invece, è già stato riconosciuto colpevole e si è beccato una multa, sebbene per una cifra relativamente irrisoria come 5.000 €. A comminare la sanzione è stato il PEGI, l'ente europeo che si occupa della classificazione dei contenuti dei videogame.

Come recita il sito ufficiale, il PEGI ha multato Diablo Immortal non per l'esistenza delle loot box in sé, ma per non aver puntualmente segnalato al PEGI stesso questa modalità di monetizzazione quando è stata chiesta la licenza di rating.