Bullismo: uno studio sulle pressioni nei Free to Play

I ragazzi vengono discriminati se non spendono soldi nel gioco

Bullismo uno studio sulle pressioni nei Free to Play

La piaga del Bullismo non è naturalmente una novità di questa generazione, ma è tristemente noto il fatto che Internet, che ha il potere di accelerare e amplificare qualsiasi cosa ne venga a contatto (nel bene e nel male), abbia portato all'evoluzione del fenomeno in quello che è stato ribattezzato Cyber-Bullismo

Come se non fosse abbastanza il fatto che qualsiasi leone da tastiera sia adesso in grado di esercitare violenza verbale e psicologica nei confronti di chicchessia, ultimamente pare proprio che il fenomeno stia assumendo nuove sfumature travalicando i confini della rete e invadendo il mondo reale. Parliamo cioè di come la condotta tenuta sulla rete e soprattutto nei giochi, anche a livello economico, vada a colpire la vita sociale dei ragazzi anche quando sono fisicamente lontani dalle loro piattaforme

Non spendi nei Free to Play? Sei un poveraccio!

Ad analizzare il fenomeno ha pensato uno studio condotto da una coppia di ricercatrici Norvegesi, Kamilla Knutsen Steinnes e Clara Julia Reich della Metropolitan University di Oslo come parte di un'iniziativa mossa dal governo per monitorare il rapporto tra i giovani e le nuove tecnologie. Stando ai risultati di questo studio, commentati dalle stesse ricercatrici sulla newsletter Crossplay, l'apparenza che i ragazzi hanno in seno al gioco, frutto dell'acquisizione - spesso a pagamento - di Skin e benefit particolari, arriva ad influenzare i loro rapporti nel mondo reale.

"I ragazzi possono sentirsi 'poveri' se non hanno speso soldi sui loro personaggi. Quelli che hanno speso soldi ottengono più attenzioni e altri vantaggi, come se acquistassero popolarità." spiegano, aggiungendo che la "giusta skin" sfoggiata per esempio su Fortnite sia ormai importante quanto il giusto capo d'abbigliamento indossato a scuola. "Non c'è una distinzione netta tra il loro mondo online e offline. Sono solo due parti diverse del mondo social in cui navigano e l'apparenza, o le skin, sono dei marker individuali importanti."

Un ragazzo di 13 anni, tra le dichiarazioni riportate, ha detto "Se non giochi con nessuno, non hai niente di cui parlare a scuola."
"I ragazzi a cui piace il calcio giocano a FIFA e spendono soldi in-game per oggetti che conferiscano loro status, mentre altri spendono soldi in brand come Nike, Balanciaga o Star Wars. Sono influenzati dai meme e dai trend su piattaforme come TikTok." continua lo studio.

"La pressione di essere 'dentro' ricorda quella che già si registrava in altri contesti, ma assume nuove forme. Alcuni ragazzi possono finire col sentirsi esclusi se non hanno le risorse adeguate per giocare con gli amici (come il Wi-Fi, l'equipaggiamento da gamer o valuta in-game) o potrebbero essere scelti in base alla 'skin' che indossano."

Lo Scam sfrutta il fenomeno

A peggiorare la situazione, secondo lo studio, sarebbero le società truffaldine che operano l'attività illecita di Scam, le quali sarebbero veramente bravissime a individuare queste finestre di mercato a introdurvisi. Approfittando della scarsa esperienza commerciale e della tendenza dei ragazzini a fidarsi troppo facilmente di offerte quali valuta di gioco a basso costo o altri "regali", infatti, riescono ad operare truffe ai danni degli stessi giovani utenti.

La soluzione, come sempre in questi casi, risiederebbe in una maggiore attenzione da parte dei genitori o comunque tutori responsabili dei ragazzi che hanno la responsabilità di vigilare sulle loro attività on-line e sulla gestione del denaro.
Ma tutte queste questioni, purtroppo, sono molto meno che nuove...