Death Stranding

"I’ll keep coming".

Una promessa che si sta lentamente compiendo. Kojima, dopo la rottura con Konami, è tornato a far parlare di sé sottratto alla damnation memoriae che la casa produttrice culla dei Metal Gear stava avviando nei suoi confronti. Il proverbiale intervento di Sony, oltre al risultato evidente di non lasciare una mente così brillante alla mercé di accordi coi suoi principali concorrenti, ha permesso al game design di riguadagnare quel tanto che basta di libertà per riprendere a creare senza limiti. Unico vincolo ripagare il debito contratto con mamma Playstation. Finora le premesse sembrano incoraggianti. Kojima nell’attesa di mostrare il suo nuovo titolo nella sua interezza ne racconta il mondo col contagocce.

Quello che manda in tilt è che Death Stranding, a due anni dalla sua presentazione in quel lontano E3 2016 che fece esplodere il pubblico in un boato d’entusiasmo, con una manciata di trailer ha già gettato le basi per un immaginario surreale e avvincente.

Domenica 23 Settembre un altro tassello si è aggiunto.

> Gamescom Trailer

La storia finora

Death Stranding si è mostrato finora nella forma di una serie di teaser che hanno seguito questa timeline di rilascio:

E3 2016 - Trailer di debutto, Norman Reedus è il protagonista del gioco, riprendendo la collaborazione con l’attore dopo la brusca cancellazione dei progetti associati a Silent Hills

TGS 2016 - Teaser Trailer, Guillermo del Toro e Mads Mikkelsen si aggiungono al cast

PSX 2016 - Teaser Trailer, viene mostrato lo stesso Teaser del Tokyo Game Show ma con in sottofondo una traccia dei Low Roar

E3 2017 - Silenzio radio

TGS 2017 - Teaser Trailer, il più lungo mostrato fino a quel momento.

E3 2018 - Teaser Trailer, il più lungo mostrato finora. Léa Seydoux e Lindsay Wagner si aggiungono al cast

TGS 2018 - Teaser Trailer, Troy Baker e Emily O’Brien si aggiungono al cast insieme a Tommy Earl Jenkins.

Sette trailer in tutto che dispiegano davanti agli occhi di guarda un mondo gettato nel caos, dove le regole della fisica vengono sovvertite e l’anormale occupa gli stessi spazi del consueto. Death Stranding racconta di una realtà al collasso, dove la vita fatica a resistere e dove l’uomo cerca di ricucire le ferite di una dimensione che si sgretola a una velocità maggiore del contributo benigno per ripristinarla. Tutti i principali incubi dell’umanità sono manifesti. Il petrolio trasuda da ogni angolo di un mondo morto, dove l’estinzione ha vinto su gran parte della vita. Trionfa l’ignoto e il terrore dell’incompreso. Accade tutto al contrario e qualcosa di assurdamente letale si muove tra le trame di questo vorticare confuso di fenomeni. Ci sono tuttavia delle costanti, prima su tutte il personaggio interpretato da Reedus, Sam Porter Bridges, che incapace di morire salta da una dimensione all’altra generando un Voidout, temutissimo fenomeno di annichilimento che verrà innescato tutte le volte che le creature dell’oltremondo fagocitano un essere vivente dall’altro lato della realtà.

Qui si mostra il primo intento di Kojima in termini di game design, la volontà di annullare il concetto di Game Over implementando una conseguenza all’errore si distruttiva ma che non si esaurisce nel semplice riavvolgimento a pochi istanti prima dello sbaglio. Al contrario, si paga ammenda tornando in gioco vivendo gli attimi subito successivi al collasso, ripartendo con qualcosa in meno intorno, ma con qualcosa in più a livello esperienziale. Il concetto di perdita, già affrontato con tutte le analogie del dolore fantasma di Metal Gear Solid 5, diviene la prospettiva incontemplabile, da evitare. Assistiamo così ad alleati disposti a togliersi la vita anche con mezzi di fortuna pur di non dare in pasto al buio un altro pezzo di mondo, già sgretolato e depredato e pertanto prezioso in ogni sua forma di sopravvivenza. Il nemico è dunque il nulla, in netto contrasto con la creazione. Si parte così per un’opera di ripristino, dal basso, riconnettendo, creando legami, i soli in grado di generare valore, riproduzione forse, dunque vita. Qui troviamo il secondo intento della nuova visione di Kojima, creare un’esperienza non incentrata sul conflitto, base sulla quale poggia il 90% della produzione videoludica nota, dalla quale il creativo si vuole allontanare. Paradossalmente vuole farlo avvicinando le persone, creando un’esperienza di gioco condivisa e cooperativa dove tutto concorre al risultato.

The Man who sold the world

In un impeto di nichilismo c’è tuttavia chi abbraccia la tenebra e asseconda lo sfaldarsi dell’esistenza, cedendo a una qualche forma di ineluttabilità. Con l’avvento dell’ultimo trailer assistiamo infatti all’entrata in scena di una fazione apertamente schierata a favore del declino o meglio che si muove in quell’interstizio grigio tra bene e male. Occasionalmente, nel Teaser de TGS 2017, la figura ora impersonata da Baker sembra suggerire a Sam e ai suoi alleati di fare attenzione all’arrivo di una creatura, mentre nel video mostrato al Tokyo Game Show di quest’anno è egli stesso a richiamarne una per ostacolare i progressi del protagonista.

Death Stranding

Non sono ancora chiare le dinamiche di queste ambivalenze, ma è chiaro il riproporsi continuo del concetto di chiralità, di figure contrapposte e speculari, in un alternarsi continuo di forze. Bene e male, spingere e tirare, sopra e sotto, prendere e togliere, vita e morte. Tutto si contrae e si espande nel mondo di Death Stranding, come il ventre materno che custodisce un nuovo essere vivente. Il rimando si fa concreto se pensiamo ai misteriosi infanti tenuti come un prezioso tesoro da Sam, costante di ogni trailer e probabile filo conduttore tra le dimensioni del gioco dato il loro potere di “vedere” oltre la cortina di caos. La loro natura è palesemente superumana come lo è forse quella dei nemici chirali, groviglio di anatomie androgine figlie di una qualche deriva evolutiva.

Sotto gli occhi di tutti

Nell'era della conoscenza condivisa un segreto è tale solamente se non lo nomini. Internet svela inesorabile qualsiasi mistero, specialmente quando a sviscerarlo è una community attenta stretta intorno a un videogioco. Accade così che informazioni inedite giungano dall'altro capo del mondo in tempo zero con buona pace del game designer che cerca di centellinare il materiale legato alla sua ultima fatica. Salta fuori che Stefanie Joosten, la Quiet di MGS5, farà parte del cast complice, il suo manager che su Twitter dice più di quanto poteva con solo tre emoji, che Jenkins interpreterà il boss di Sam, uno dei personaggi con più linee di dialogo dopo il protagonista suggerendo dunque un ruolo fondamentale nell’economia narrativa del titolo.

Scopriamo che i doppiatori nipponici sono gli stessi di molti dei protagonisti della saga trentennale di spionaggio più famosa di sempre, addolcendo quindi lo strappo avvenuto con il dramma dietro all’epopea Metal Gear. Apprendiamo infine un timido rimando a una finestra di lancio con Kojima che sogna di far uscire Death Stranding nell'anno in cui è ambientato il capolavoro di animazione del maestro Katsuhiro Ōtomo, Akira. 2019 dunque, un tempo vicinissimo, in concomitanza col canto del cigno di questa generazione di console che si preannuncia frastornante e memorabile.