Tutto su Waco: la vera storia, la miniserie e il sequel su Paramount+

Scopriamo la miniserie del 2018, la storia vera e il sequel in arrivo a novembre su Paramount+: tutto sui tragici fatti di Waco e sulle loro conseguenze, dal massacro dei davidiani all’attentato di Oklahoma City.

di Chiara Poli

Nel 2018, Drew e John Eric Dowdle (Joe Pickett, Quarantena) firmano una miniserie televisiva in 6 episodi che si propone di ricostruire gli eventi dell’assedio di Waco, intitolata semplicemente Waco.

Per essere il più possibile aderenti alla realtà, i fratelli Dowdle hanno passato una settimana intera immersi negli archivi della Baylor University, consultando tutto il materiale ufficiale disponibile sul caso per poi rendersi conto che la loro idea iniziale, ovvero realizzare un film, era incompatibile con la quantità dei documenti.

Nacque quindi l’idea di una miniserie TV, il cui episodio conclusivo andò il onda negli Usa il 28 febbraio 2018, proprio nel giorno dell’anniversario d’inizio dell’assedio.

Waco: la miniserie del 2018


Taylor Kitsch (Friday Night Lights, X-Men le origini: Wolverine) venne chiamato a interpretare David Koresh. L’attore accettò e si mise drasticamente a dieta, perdendo 15 kg per somigliare fisicamente al leader dei davidiani.

A fare da controparte a Kitsch arrivò Michael Shannon (Revolutionary Road, George & Tammy) nel ruolo di Gary Noesner, il negoziatore dell’FBI che trattò con Koresh per tutta la durata dell’assedio.

I due antagonisti guidarono un’attenta ricostruzione degli eventi, messa in scena con grande cura e corredati da un cast altrettanto preparato a restituire interpretazioni aderenti alla realtà delle persone cui davano di nuovo vita.

Rory Culkin, Paul Sparks, Julia Garner, Shea Whigham, Melissa Benoist e Andrea Riseborough completavano un cast che aveva studiato non solo la sceneggiatura, ma anche la documentazione ufficiale sull’assedio di Waco e il conseguente massacro.

A fare la differenza, però, era certamente John Leguizamo: l’attore di Moulin Rouge! e La terra dei morti viventi interpretava Jacob Vasquez - ruolo che riprenderà anche nella nuova miniserie del 2023 - l’agente dell’ATF infiltrato nella setta di Koresh che aveva finito per stringere un forte legame sia con il leader che con gli altri membri della setta.

Acclamata da critica e pubblico, Waco venne candidata a 3 Emmy Awards, fra cui la candidatura di John Leguizamo come migliore attore non protagonista in una miniserie.

Il Governo aveva avuto una soffiata sulla presenza di armi illegali nel ranch dei davidiani, la setta religiosa fondata da David Koresh nel 1986 in seguito alla scissione della Chiesa cristiana avventista del settimo giorno dopo la morte della leader Lois Roden.

La storia di Waco prendeva il via con l’incarico di Jacob Vasquez, mandato fra i davidiani per procurarsi prove e montare il caso contro Koresh per detenzione di armi illegali e per tutti gli altri eventuali reati.

Con una grande attenzione al rispetto delle vittime, Waco ha ripercorso gli eventi principali che portarono all’assedio e alla morte di un gran numero di persone, in gran parte donne e bambini.

I fratelli Dowdle hanno fatto un lavoro molto apprezzato sia per l’attenzione ai dettagli che per la delicatezza in cui vengono ritratti i protagonisti della vicenda che persero la vita nell’incendio. E proprio su questo, la miniserie ha voluto essere chiara. Le accuse alle forze dell’ordine per il materiale fumogeno lanciato contro il ranch vengono respinte e smentite dalle testimonianze. I sopravvissuti raccontarono della grande scorta di carburante fatta nel mese precedente all’assedio. Inoltre c’erano le intercettazioni in cui i davidiani parlavano di dar fuoco a tutto per non farsi catturare durante l’assedio. Per quanto disturbate dai rumori di fondo e di difficile comprensione, le registrazioni furono ritenute attendibili non solo al processo ma anche in seguito alle successive indagini del Congresso.

Waco è una storia drammatica, i cui protagonisti sono diventati tristemente famosi. La sceneggiatura per la prima volta ci presenta gran parte delle persone perite nell’incendio, mostrando che si trattava di persone assolutamente normali, plagiate da Koresh come sempre avviene nel caso di sette (come la famigerata “famiglia” di Charles Manson).

Ciascuno dei davidiani aveva una storia personale, magari difficile, solitaria e tormentata. I disperati e gli sfortunati, si sa, sono da sempre le vittime ideali per gli autoproclamati “santoni”. E Waco non esita a mostrare come questo fosse vero anche per i davidiani.

Il fascino malato esercitato da Koresh sui suoi seguaci fu la prima, vera causa della morte di tutti le persone perite nell’incendio di Waco dopo un assedio che tenne l’America con il fiato sospeso per quasi due mesi.

Nell’episodio finale, intitolato semplicemente “Giorno 51”, la controversia sulla morte di Koresh viene risolta seguendo le indicazioni degli atti ufficiali, e non le voci secondo cui il leader dei davidiani si sarebbe suicidato con altri seguaci.

Certamente, però, ricostruendo le precedenti situazioni simili, lancia alle forze dell’ordine l’accusa di non aver almeno previsto l’incendio - procurando il necessario per intervenire in un caso analogo a quello dei precedenti.

Nel 2000 venne confermato che l’incendio fu appiccato dai davidiani, ma ci furono anche conferme che vennero usate della granate stordenti incendiarie da parte delle forze dell’ordine. I fatti, ancora oggi, riportano versioni ufficiali che lasciano spazio ai dubbi.

Waco: la storia vera


Waco, Texas. Il 28 febbraio del 1993 gli agenti federali dell’ATF si presentano al ranch di Mount Carmel Center, sede della setta dei davidiani, con un mandato di perquisizione per sequestrare armi detenute illegalmente e arrestare il leader della setta, David Koresh.

Ma i davidiani rispondono all’arrivo degli agenti con il fuoco, che dà il via a una sparatoria che conterà 10 vittime, 6 davidiani e 4 agenti federali. Inizia così il celebre assedio di Waco: il ranch viene circondato. Nessuno può uscire o entrare. La polizia di Stato, l’FBI e l’ATF (l’agenzi governativa designata, fra l’altro, per i casi che coinvolgono armi ed esplosivi) resteranno fuori dal ranch, a trattare con la setta, per ben 51 giorni, fino al 19 aprile 1993, quando il ranch prende fuoco causando la morte di altre 76 persone incluso David Koresh, il leader della setta.

Ancora oggi, il massacro di Waco nasconde molti punti oscuri. Sappiamo che a dare l’allarme fu il postino, membro della setta, a cui i federali chiesero indicazioni mentre cercavano il ranch - e si erano persi. Una volta saputo che stavano arrivando, i davidiani su ordine di Koresh si armarono e seguì la tragica sparatoria.

Per questo, e per l’incapacità di sbloccare la situazione in tempi brevi, le polemiche attorno alla vicenda furono infinite. Fra i morti della setta c’erano stati infatti oltre 25 bambini e alcune donne incinte. I sopravvissuti, 35 davidiani, erano stati fatti uscire grazie alla negoziazione delle forze dell’ordine con Koresh, ma al tempo stesso nonostante gli esiti del processo e delle indagini del Congresso, la questione nell’opinione pubblica è ancora controversa.

Sebbene la verità processuale sia stata accertata, qualcuno ancora pensa che furono i lacrimogeni lanciati dalle forze dell’ordine per sbloccare l’assedio a generare l’incendio nel ranch. Sebbene il materiale fumogeno non fosse incendiario, come concluso anche dal procuratore generale del Texas dopo le opportune verifiche. In seguito alcuni agenti dell’FBI fecero filtrare indiscrezioni su alcuni degli strumenti in possesso dell’agenzia, le granate stordenti incendiarie, e il probabile legame con eventi incendiari a Waco.

Ecco quindi che la polemica, a distanza di vent’anni dai fatti, ancora non è stata chiusa.

David Koresh: chi era il leader dei davidiani di Waco?


Il suo vero nome era Vernon Wayne Howell. Sua madre aveva solamente 14 anni quando lo diede alla luce, nel 1959, e suo padre lasciò la madre di Vernon per un’altra e non conobbe il figlio fino al suo diciassettesimo compleanno.

Prima di cercare il padre biologico per conoscerlo, Vernon Howell aveva avuto un patrigno che definiva “molto severo” con tutti coloro che glielo chiedevano. Si era unito alla Chiesa cristiana avventista del settimo giorno, una setta religiosa apocalittica guidata da Lois Roden. La setta era stata fondata nel 1955 dal marito di Lois, Benjamin Roden, ed era nota per essere costituita dai “davidiani” (Branch Davidians in lingua originale).

Lois affiancò Benjamin al vertice della setta nel 1977 e rivendicò la leadership l’anno successivo, dopo la morte del marito. Nel 1983 Vernon Howell iniziò a contestare la sua posizione di leader e nel 1986, dopo la morte di Lois, rivendicò il ruolo per se stesso affermando di essere “il messia”.

La setta si divise in due. Da una parte c’era David Koresh - questo il nuovo nome che Vernon si era dato - dall’altra il figlio di Lois e Benjamin, George Roden. Entrambi pretendevano di avere il controllo della sede della setta, il Mount Carmel Center, il ranch nel Texas - non distante da Waco - che sarebbe stato distrutto nell’incendio del 19 aprile 1993.

Per prendere il potere, Koresh e alcuni suoi fedelissimi assaltarono il ranch, armati, per conquistarlo e cacciare George Roden. L’attacco finì con l’arresto di Koresh e dei suoi, accusati di tentato omicidio. David Koresh uscì su cauzione. Al processo i suoi adepti vennero assolti. Eravamo nel 1989 e George Roden, che era stato ostacolato nella scalata al potere dalla sua stessa madre, era finito fuori gioco perché arrestato. A quel punto David Koresh divenne l’unico leader riconosciuto dei davidiani.

Koresh veniva considerato una sorta di divinità. Le donne della setta partorivano i suoi figli, cresciuti nel credo religioso dei davidiani. Anno dopo anno. Sostenendo di essere votato al martirio in Terra Santa, Koresh affermava di dover andare a Gerusalemme per diventare il martire che era sempre stato destinato a diventare.

Nel 1990, però, affermò che una visione gli aveva garantito che il suo martirio sarebbe avvenuto lì, a Waco, e decise di restarvi fino alla fine. La fine, come sappiamo, arrivò il 19 aprile del 1993, dopo un assedio di quasi due mesi compiuto dalle forze dell’ordine contro il ranch sede della setta.

Lo spauracchio del suicidio di massa


Gli esperti dell’FBI e delle altre forze dell’ordine non ritenevano credibile la minaccia di un suicidio di massa guidato da Koresh ai danni dei davidiani.

La possibilità non venne mai presa sul serio, ma secondo una delle questioni più controverse del massacro di Waco, David Koresh non perì nell’incendio: si uccise, insieme a un’altra quindicina di davidiani, per divenire il martire che aveva sempre predicato di essere.

In realtà le testimonianze e i documenti ufficiali non riportano alcuna testimonianza attendibile sul presunto suicidio di massa guidato da Koresh. Secondo gli ultimi testimoni ad averlo visto in vita, con tanto di maschera antigas per proteggersi dai lacrimogeni, Koresh si trovava all’interno del ranch mentre le fiamme dilagavano. Non uscì. Non tentò di salvarsi, ma non commise neanche un suicidio rituale insieme ad altri.

Come raccontato dalla miniserie del 2018, però, all’ultimo momento - quando non c’era più scampo - il suo braccio destro gli sparò per poi suicidarsi, evitando a entrambi la morte nelle fiamme.

Dopo l’immane tragedia di Jonestown - una località dell’America meridionale in cui nel 1978 il predicatore statunitense Jim Jones guidò un suicidio di massa che coinvolse oltre 900 persone - i profiler delle agenzie americane prendevano molto sul serio le minacce di suicidi di massa.

Nessuno riteneva che Koresh e i davidiani potessero esserne capaci, e gli eventi dimostrarono che la teoria era stata superficiale. L’incendio che sterminò la maggior parte dei davidiani, loro malgrado, non fu ufficialmente un atto di suicidio di massa ma avrebbe dovuto rientrare nelle eventualità previste dalle forze dell’ordine.

L’incendio rientrava infatti in una doppia lettura della situazione. Poteva essere visto come via d’uscita in un’imitazione di un suicidio di massa - la definisco così perché la maggior parte dei davidiani non volevano morire, come dimostrato dai disperati tentativi di sfuggire all’incendio - ma anche come un omicidio di massa, orchestrato da Koresh per lasciare che i suoi bruciassero nel ranch senza preoccuparsi di salvarne nemmeno uno.

Egli aveva sempre affermato di essere votato al martirio, ma nessuno dei suoi seguaci aveva espresso apertamente la stessa vocazione, se non pochissimi fra i più “credenti”. In ogni caso, i davidiani furono uccisi da un incendio che doveva essere previsto. Insieme alla polizia e ai federali, sarebbe stata doverosa anche la tempestiva e massiccia presenza dei vigili del fuoco. Molte vite sarebbero state salvate.

Il processo voluto dai sopravvissuti e dai famigliari


In seguito alla strage di Waco, i famigliari delle vittime e i sopravvissuti si organizzarono per una causa civile contro il Governo degli Stati Uniti, gli agenti federali presenti a Waco, la Guardia Nazionale e anche Ann Richards, all’epoca governatore del Texas. I querelanti erano centinaia. La richiesta era di un risarcimento in denaro per il massacro del 19 aprile. Le accuse vennero rigettate, sia in prima istanza che in appello, per mancanza di prove fornite dai querelanti in una class action che non produsse alcun risultato.

Diverso, naturalmente, l’esito dei processi ai davidiani sopravvissuti.

Waco: il processo - la nuova miniserie da novembre su Paramount+


Dopo la miniserie del 2018, oggi i fratelli Dowdle sono tornati a parlarci di Waco.

Nel 2023 firmano infatti anche Waco - The Aftermath, Waco: il processo nella versione italiana, un’altra miniserie in 5 episodi in cui Michael Shannon riprende il ruolo di Noesner.

La nuova serie racconta le conseguenze dell’assedio di Waco, l’impatto sull’opinione pubblica e il legame con la radicalizzazione di Timothy McVeigh e Terry Nichols, i due attentatori di Oklahoma City.

Il 19 aprile del 1995, nel secondo anniversario del massacro di Waco, McVeigh e Nichols furono autori di un attacco terroristico a Oklahoma City, che causò la morte di 168 persone - fra cui 19 bambini - e il ferimento di quasi altre 700.

I due furono catturati. McVeigh venne condannato e morte e poi giustiziato nel 2001 mentre il suo complice, Nichols, sta ancora scontando l’ergastolo in un carcere di massima sicurezza in Colorado.

L’evidente legame fra questo terribile attentato e i fatti di Waco ha spinto i fratelli Dowdle a indagare, con una nuova miniserie, sugli effetti di Waco sulla popolazione e sulle cosiddette “milizie americane”.

L’ambiente delle milizie viene considerato fondamentale sia nella radicalizzazione degli attentatori di Oklahoma City che in eventi successivi di molti anni.

In Waco - The Aftermath si parla infatti anche all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, evento di cui vengono esplorati i retroscena.

La nuova miniserie dei fratelli Dowdle sarà disponibile in Italia su Paramount+ dal 9 novembre 2023.