Antonio Scurati: «Il vero pericolo è l’autocensura. La scrittura? Un processo di autoanalisi»

Al Giffoni Film Festival lo scrittore Premio Strega affronta temi cruciali: dall'autoanalisi attraverso la scrittura ai pericoli dell'autocensura moderna, fino al futuro incerto della serie 'M - Il figlio del secolo

di Andrea Giordano

Foto di copertina: Harald Krichel 

Tutto avviene all’ultimo Giffoni Film Festival dove lo scrittore Premio Strega affascina un gruppo di ragazzi della Sezione “Impact”, riservata alla fascia dai 18 ai 30 anni, impegnati nei diritti e nell’attivismo, risponde ad argomenti diversi. È uno dei grandi ospiti voluti dalla manifestazione. «Non farò interviste per un po’», ci dice poi ad un certo punto della breve intervista, e sembra abbastanza categorico, ma sorride..

In effetti è da settembre 2024, quando alla Mostra del Cinema di Venezia fu presentata la serie-evento “M – Il figlio del secolo” con Luca Marinelli, tratta dal primo libro della saga su Mussolini, che continua a parlare con la stampa, in pubblico, anche per la fine (letteraria) del suo lavoro, dopo le pubblicazioni di "M. L'ora del destino" (2024) e "M. La fine e il principio" (quest’anno). «Il processo di scrittura in generale è anche di autoanalisi molto profonda», ci racconta, «tant’è che io pur non essendo un uomo dall’equilibrio psichico inossidabile, non sono mai andato in analisi. Come dicono alcuni miei amici psicanalisti, anche famosi, “tu già scrivi, che ci vieni a fare”, questo è assolutamente vero. 

Ma secondo me la virtù principale dal punto di vista del lavoro di sé è che può essere una forza di trasformazione. Il tema del Festival era “Diventare umani”: non sempre è così, però un percorso virtuoso di scrittura può contribuire anche a far diventare umano lo scrittore, lo può davvero aiutare». Scurati, però, dà il meglio di sé circondato da una platea attenta e piena di energia, lo chiama “Movimento Giffoni”, affrontando i tanti quesiti che gli vengono posti.

Lo scivolamento nei totalitarismi e nell’apatia della società.

«Bisogna riflettere sugli accadimenti, più che su cosa c’è mancato. Ci sono due scivolamenti, uno locale e uno globale. Il primo è quando ho iniziato a pubblicare questa saga di “M” di circa 3000 pagine sulle origini del Fascismo e del regime fascista, raccontato attraverso la sua figura centrale e fondamentale, quella di Mussolini.

Ad un certo punto ho deciso di giustapporre ad ogni tessera narrativa i documenti, alcuni frammenti di quei tanti materiali consultati per ricostruire l’epoca, brandelli, lettere private, ma non ho voluto documenti postumi, ma sempre coevi, dei giorni stessi che racconto. Il più suggestivo, dal punto di vista letterario, ci dice quanto noi umani siamo ciechi a noi stessi, quanto non capiamo la nostra stessa vita, sia dal punto di vista storico e personale. Allora c’erano uomini colti, geni, come Benedetto Croce, che non capirono però cosa stava accadendo. Se lo stati loro, è probabile che lo siamo anche noi, se in Italia e nelle altre democrazie, soprattutto nordamericane,  è in atto uno scivolamento verso forme di autoritarismo». 

Il concetto di antifascismo.

«Non è lecito mettere in discussione la dignità e la democraticità del concetto di antifascismo. 
Nella nostra storia, nel nostro paese, antifascismo e democrazia sono la stessa cosa, chiunque ha delle obiezioni ha dei problemi con la democrazia. Alla base c’è il disinteresse collettivo, la perdita di critica nel cogliere i segnali.

La critica ai social media (come Tim Burton).

«È dimostrato da studi scientifici seri che l’effetto di massa dei social sulla generazione giovane è di un azzeramento tendenziale della consapevolezza di sé, del rapporto col mondo, del senso critico, dell’intelligenza analitica, della capacità di lettura profonda. Essere invece a Giffoni è stata una controspinta, siete davvero un movimento». 

La censura.

«La cosa più pericolosa non è la censura, ma l’autocensura. Accade quotidianamente, anche ai cittadini comuni, accade anche a me. Ho subito forme di censura, mai diventate pubbliche, rintracciabili, basta vedere la mia vicenda nel rapporto coi giornali, per chi scrivevo prima, e per chi scrivo ora. Anche io adesso se devo fare una cosa in tv, rifletto” lo dico o non lo dico”,  quasi sempre lo dico. Ci vuole qualcosa in più, poi se ti lasciano delle buste intimidatorie in casa, e quando esci ti guardi a destra e sinistra, tu guardi, questo condiziona la tua vita». 

“M-Il figlio del secolo”, una serie spettacolare e democratica, ma senza nessun seguito all’orizzonte.

Poco prima di incontrarci, parlando con un collega dell’agenzia AGI, si lascia andare a una confidenza 
importante, e che qui riportiamo integralmente. “È altamente possibile che una seconda stagione non ci sia
Non è affatto certo che verrà realizzata", sottolineando che "l'accoglienza critica all'estero, in Paesi molto esigenti  come il Regno Unito, lo testimonia: al netto di qualsiasi polemica politica o ideologica, gridano tutti al capolavoro”. Un notizia che sancirebbe il termine anticipato di una creatura seriale di grande pregio, e come lo stesso Scurati aveva definito, “il naturale prolungamento del romanzo e grande cinema”.