Pokémon GO

di Tommaso Alisonno
Che quello dei Pokémon sia un fenomeno di costume che Nintendo ha saputo valorizzare sin dal 1996, non é certo una novità: sono ben 15 i titoli della serie ufficiale di videogiochi (molti dei quali “doppi”), oltre 30 gli spin-off e innumerevoli i prodotti di merchandise, senza naturalmente dimenticare la serie Anime, i Lungometraggi e il Trading Cart Game. Cosa mancava in questo uragano di successo? Esatto: il gioco mobile in realtà aumentata, ed ecco arrivare Pokémon GO.

…a dirla tutta, nel momento in cui scriviamo il gioco non é ancora ufficialmente disponibile in Italia e in Europa, ma tale e tanta era la “fame” del gioco da parte dei fan che sono bastate poche ore – minuti, forse – perché alla release su alcuni territori seguissero le “dritte” del caso per mettere le mani sul gioco. In casa Android, per fare un esempio, senza rischio di incorrere in chissà quale reato, il pubblico ha scaricato l'APK da un mirror messo a disposizione dallo stesso sviluppatore Niantic, mentre su iOS, c'é chi é arrivato a registrare un account in Nuova Zelanda pur di trovare il titolo sull'AppStore. Titolo che, é bene chiarirlo, é già completamente localizzato in Italiano.



Ma cos'é sostanzialmente Pokémon GO? Detto in poche parole, é la realizzazione di tutti i sogni dei bambini dei tardi anni '90 / primi anni 2000: anziché impersonare le vicende di un personaggio in un mondo virtuale, stavolta la caccia (pur rimanendo virtuale) si sposta sul mondo reale. Ecco pertanto che il giocatore – non più il personaggio – é invitato a girovagare per il mondo, lanciare la sua sfera e catturare così ogni Pokémon [cit. Giorgio Vanni]. Ovviamente, tutto tramite smartphone e in modo del tutto gratuito.

Una volta scelto il proprio primo mostrillo tra i tre iconici Squirtle, Bulbasaur e Charmander – ma per chi lo sa cercare, c'é anche la possibilità di partire con Pikachu – parte la caccia vera e propria: il software tenderà a generare autonomamente qualche preda nel circondario dell'utente, ma a meno di non voler riempire il proprio database di esemplari identici sarà bene mettere le gambe in spalla e andarseli a cercare.

Qui scatta l'aspetto GPS/social: i mostri da catturare tendono a comparire dove c'é maggiore concentrazione del software (come ha tristemente notato chi abita in zone isolate, come periferie o campagne) e entro certi limiti vengono anche soddisfatte le caratteristiche della bestia in questione. Per fare un esempio, la maggior parte dei Pokémon d'acqua sembrano essersi dati appuntamento in spiaggia, tra bagnanti e racchettoni.



Quando ci si avvicina a un Pokémon, lo smartphone ne dà notizia e a quel punto é possibile cercarlo “fisicamente” con il GPS e la fotocamera: il mostrillo é infatti lì in giro, invisibile agli occhi ma non al software, pronto per essere affrontato e – col giusto tempismo – imprigionato in una Pokéball. Tutto qui? Ovviamente no: le bestiole potranno essere allenate e utilizzate per sfidare le “palestre”, site automaticamente nei principali luoghi pubblici – parcheggi, supermercati, persino chiese. Saranno poi introdotti in seguito gli scambi e le sfide tra utenti.

Questo é il gioco riassunto all'osso, ma ovviamente il fenomeno di costume trascende questa banale descrizione. I titoli mobile che si appoggiano al GPS non sono infatti una novità, e di giochi in realtà aumentata ne abbiamo visti sin dai tempi di PSP (vi ricordate Invizimals?); ma d'altronde neppure i “giochi di catapulta” lo erano quando Angry Birds irruppe sul mercato. Cosa distingue dunque un prodotto originale da qualcosa di veramente di successo?



Il primo elemento, soprattutto per quanto concerne Pokémon GO, é sicuramente il supporto mediatico: i mostriciattoli di Nintendo sono sulla breccia da 20 anni e i loro fan sono innumerevoli. Ma se un bambino degli anni '70 deve rinunciare al suo sogno di balzare nell'Aliante Slittante per pilotare Mazinga Z, così come uno degli '80 non imparerà mai le vie della Sacra Scuola di Okuto e non indosserà mai una vera armatura da Cavaliere dello Zodiaco (e nessuno lancerà mai una Kamehameha), ora é possibile girarsi sulla nuca la visiera del berretto e urlare in pieno centro storico: “Pikachu, scelgo te!”.

Che poi tutto ciò sia consigliabile é un altro paio di maniche: in appena due giorni la cronaca si é già riempita di episodi tra il buffo e il grottesco, a partire dalla centrale di polizia che informa della presenza di un determinato esemplare nei dintorni, passando per il privato cittadino disperato per la palestra comparsa nella sua veranda, fino alla banda di rapinatori del Missouri che ha pensato bene di tendere agguati ai giocatori in corrispondenza di un “Pokéspot”. E se siete in zona, sappiate che a quanto pare nei pressi della redazione di GameSurf si aggira Jigglypuff.

Il secondo motivo del successo travolgente di Pokémon GO é dunque l'aspetto social, quel “passaparola” che fa sì che, con foto e messaggi, la gente venga a conoscenza di dove trovare quello specifico mostro, di dove si raggruppino le specie, di chi ha catturato quel Pokémon raro, e così via. In meno di mezza giornata i canali social sono impazziti, le bacheche si sono riempite di immagini e di coordinate, di consigli e persino di Meme, con simpatici tentativi di cattura del cane o del micio di casa, o persino del piccione sulla grondaia.

Insomma: acchiappateli tutti!