“Convivo con le mie paure, ci sto una meraviglia”: Dario Argento si racconta a Venezia 80

Dario Argento si racconta assieme a Simone Scafidi, regista e compagno di viaggio in Dario Argento Panico: “mi tengo strette le mie paure”.

di Elisa Giudici

La voce è sottile, calma, appena udibile nel continuo brusio del Club Tennis che ospita l’attività stampa di Dario Argento Panico. Le opinioni di Argento però sono forti, personali, lucide e ammantate di un’onestà ironica mai cattiva, ma incisiva quando necessario.

Dario Argento è stato raccontato come artista e uomo nel nuovo documentario di Simone Scafidi intitolato Dario Argento Panico. La sua presentazione coincide con un avvenimento che suona incredibile: la prima volta del 82enne regista al Lido. Ovunque nel mondo, in ogni nazione c’è un nutrito gruppo di fan di Dario, ricorda Simone Scafidi, eppure in Mostra Argento non c’era stato mai. All’epoca questo snobbismo verso i suoi film su motivo d’orgoglio, come racconta rievocando gli anni del suo successo internazionale, quelli ripercorsi da Panico.

Com’è la sua prima Venezia, Maestro? Che effetto fa essere qui dopo tanti anni di mancati inviti?

Dario Argento - Un tempo per la Mostra sceglievano solo film politici, impegnati. In quell’epoca i miei film erano considerati pessimi per qualità registica e diseducativi per messaggi, per cui non venivo preso in considerazione. Questo per me era un punto d’orgoglio.

Oggi invece sono qui. Credo dipenda dal fatto che il mondo è in cambiato da quell’epoca. Tutto è cambiato: sono cambiati i film, i registi, i fumetti, la cultura. Dal mio punto di vista il mondo è cambiato in meglio.

Quindi niente amarezza rispetto a questo invito tardivo?

Dario Argento - Non ho sofferto perché il mondo che è dentro di me mi ha sempre spinto a ribellarmi, a dire di no, ad essere contrario. Era più importante dei premi, degli inviti. La mancanza di inviti mi sembrava giusta perché ero il primo a non trovarmi bene con l’ambiente dell’epoca. Questo ignorarmi lo trovavo persino piacevole. Tanto il film usciva in sala dopo qualche mese, il mio pubblico lo amava e andava bene in tutto il mondo.

In Dario Argento Panico avete girato in un hotel con Dario che recita alcune battute, ma poi si lascia andare a momenti spontanei, come quando rimane perplesso dal tipo il albergo scelto o dalla distanza da percorrere per raggiungerlo. Come è stato averlo sul set anche come attore?

Simone Scafidi - Dario è stato eccezionale nel donarsi per il mio documentario. Mi riferisco non solo all’intervista che abbiamo realizzato ma anche alla parte, chiamiamola così, scripted, di lui in hotel. Avevamo delle battute ma il primo giorno lui mi ha detto: “Tu stai tranquillo, faccio io”. Per me è stata una grande fortuna, ha ragione Cozzi nel dire che recita da una vita.

Dario Argento - Recitare e apparire in questo film è stato naturale, stavolta sono me stesso. In Vortex (2021) di Gaspar Noé era più complesso, per la prima volta ero attore protagonista, interpretavo un personaggio.

Panico comunque pone una sfida: c’è qualcosa che cerca di entrare nella mia anima e raccontare i miei pensieri, i miei amori, il grande miscuglio che c’è nel mio cuore. Se Simone ci sia riuscito o meno me lo direte voi.

Simone, cosa dici di nuovo su Dario nel tuo documentario?

Simone Scafidi - Non volevo dire qualcosa di nuovo su Dario Argento, c’è già tantissimo materiale su di lui. Il cinema di Dario dagli esordi a Occhiali neri non dà risposte, pone dubbi allo spettatore. Io ho fatto lo stesso, ho utilizzato il medesimo approccio, provando a suscitare quesiti al pubblico e a Dario stesso durante l’intervista.

Per alcuni aspretti Panico è un film canonico, ma parte da alcune leggende nella vita di Dario: l’hotel, il tema del doppio, lui che rifà ciò che aveva fatto 40 anni prima nella celebre intervista della Rai in cui si svuotava le tasche.

Non deve essere stato un lavoro facile, sintetizzare tutto quanto.

Simone Scafidi - **La carriera di Dario è tale che farci stare tutto era impossibile. Lui è stato pionieristico anche sulla TV, sulla serialità, scuotendo il pubblico televisivo, presentandosi come Alfred Hitchcock prima degli episodi, diventando personaggio pubblico.

All’estero sono interessati al progetto?

Simone Scafidi - Il film è partito da me e della Paguro film: una produzione femminile di Giada Mazzoleni. Ci tengo a dirlo perché si cerca di dare più visibilità alle registe, ma non si parla spesso delle produttrici, che fanno il lavoro più difficile.

Dopo il sostegno dell’Emilia Romagna Film Commission è scesa in campo l’emittente statunitense AMC. Sono stati i primi a sostenerci: sono arrivati i fondi dopo aver mostrato loro il girato dei primi 2 giorni.

In Italia è Midnight Factory ad avere acquisito i diritti di distribuzione. La volontà sarebbe quella di distribuirlo in sala con un evento speciale, mentre sui mercati internazionali si sta vendendo ovunque.

Non l’ha spaventata il coinvolgimento della sua famiglia, il raccontare la sua sfera privata?

Dario Argento -Noi siamo ciò che facciamo, non siamo mica solo padri bravi di famiglia. La nostra mente gira, abbiamo un mondo incredibile dentro. Esplorarlo nel documentario è stato il passo successivo dopo averlo esplorato attraverso i miei film.

Il cinema l’ha aiutato a vincere qualche paura?

Dario Argento - Spero di no. Io con le mie paure ci convivo, ci sto una meraviglia.

Ieri durante la sua masterclass il regista Nicolas Winding Refn l’ha citata con grande ammirazione ma anche detto che Suspiria è “il film fatto sotto cocaina definitivo” (The Ultimate Cocaine Movie). Vuole rispondergli?

Dario Argento - Questa è una sua ipotesi, magari anche spiritosa, ma un’ipotesi.

Simone Scafidi - *Questo è un film internazionale, pensato per il mercato nordamericano: per questo ho scelto un gruppo di registi noti a livello internazionale, che fanno parte di questa generazione di cineasti. In Panico parlano Refn appunto, ma anche Noé, Del Toro.

Guillermo Del Toro è arrivato preparatissimo, perché ci teneva a fare bella figura con Dario. Questi grandi nomi si emozionano quando parlano di Dario, quando parlano con Dario. Il suo cinema continua ad essere estremamente influente a fare effetto. Quando ho visto al cinema Occhiali neri c’era una coppia anziana seduta vicino a me, probabilmente cresciuta con i film di Dario, che si è commossa per la sorte della protagonista. Coinvolgere con l’emozione, oltre a scatenare domante, è la cifra del suo cinema.*

Maestro, cosa pensa del cinema italiano contemporaneo? È migliorato?

Dario Argento - Rispetto ai suoi grandissimi capolavori il cinema italiano non è migliorato, ma proprio per niente. Non ne parliamo, è sconfortante. Ricordo quando Antonioni da solo era il regista delle relazioni, cosa era in grado di dire a riguardo col suo cinema. Cose impensabili oggi.

Questo vale anche per lei?

DA - In parte sì. Fare un film di per sé è molto difficile, ci vogliono tempo ed energie. Per spostare un’inquadratura da qui a lì ci vogliono 4, 5 ore.

Quindi non c’è nulla da fare per quel progetto annunciato con protagonista Isabelle Huppert?

Dario Argento - Isabelle è una mia carissima amica. Il progetto stava andando avanti velocemente grazie alla sua disponibilità, ma a un certo punto io sono caduto e mi sono rotto il femore. Ci sono voluti mesi e mesi di cure per riprendermi, perciò abbiamo dovuto rimandarlo di 6 mesi. Ora però dobbiamo ricominciare tutto da capo, perché quelli erano i primi 6 mesi, ora bisogna di nuovo cercare sponsorizzazioni, finanziamenti da zero. Il film in quanto tale è pronto, scritto, ma è ancora tutto da girare.