Waco: il processo. Trama e recensione della nuova miniserie di Paramount+

Su Paramount+ è arrivata Waco: il processo, la miniserie che racconta le conseguenze del massacro di Waco

di Chiara Poli

Il 19 aprile del 1995, nel secondo anniversario del massacro di Waco, in Texas, un camion giallo a noleggio guidato da Tim McVeigh con una bomba colpì il palazzo federale di Oklahoma City in cui l’ATF aveva pianificato le azioni a Waco. Morirono 168 persone, inclusi 19 bambini che si trovavano nell’asilo dell’edificio. Un agente dell’FBI aveva avvisato il suo superiore del pericolo, rimanendo inascoltato. Quell’agente era Gary Noeser, il negoziatore federale che fece liberare 35 ostaggi, fra cui molti bambini, durante l’assedio di Waco.

Cinque anni dopo la miniserie su Waco, il fratello Drew e John Eric Dowdle (Joe Pickett) tornano con un prezioso e anche doveroso sequel. E, come per magia, si ha la sensazione che Waco non fosse finita. Di aver assistito solo a una parte della narrazione - perché in effetti era così - e di ritornare indietro, al 2018, ritornando esattamente lì, in quell’atmosfera e con quei personaggi, come se la visione della prima miniserie fosse appena finita.

È dunque necessario averla vista per immergersi in questo sequel di grandissimo impatto emotivo. Per quanto riguarda gli altri personaggi citati, tutti realmente esistiti, potete consultare lo speciale su Waco in cui si racconta la storia dei davidiani.

La trama di Waco: il processo


I fratelli Dowdle hanno colmato tutte le carenze. Ci hanno raccontato la storia di David Koresh fin dal suo arrivo a Mount Carmel, quando ancora si chiamava Vernon Howell (Keean Johnson, Nashville) e a guidare i davidiani era Lois Roden (ritratta con grande maestria da J. Smith-Cameron, Gerri in Succession).

Mentre assistiamo ai passaggi che portarono David a prendere il potere, e a creare la propria setta con tanto di mogli-bambine, Waco: il processo ci porta in aula, al cospetto del giudice Walter Scott Smith Jr. (un grande Davide Costabile, che conoscerete nel ruolo di Wags in Billions), mentre accusa e difesa si sfidano a suon di colpi di scena nel processo contro 5 davidiani sopravvissuti al massacro del 19 aprile del 1993. Sono 2 donne e 3 uomini: Ruth Riddle (Kali Rocha, Grey’s Anatomy), Kathy Schroeder (Annika Marks, The Fosters) - che passa dalla parte dell’accusa, testimoniando contro i suoi amici in cambio di un accordo - Clive Doyle (John Hoogenakker, Jack Ryan), Livingstone Fagan (Michael Luwoye, The Gifted) e Paul Fatta (Nicholas Kolev, Space Captain and Kallista).

Testimonianze, prove e dubbi emergono con chiarezza e con grandissima aderenza alla realtà. Inclusa la folle decisione del giudice che, dopo aver sentenziato che gli imputati fossero scarcerato, ne ha fatti ri-arrestare 4 condannandoli a pene veramente scandalose, contro le quali la giuria stessa si schierò con un comunicato ufficiale.

Intanto, l’agente Gary Noeser (Michael Shannon, per il quale gli anni sembrano non passare) non riesce a darsi pace per ciò che ha visto succedere a Waco. Lui era il negoziatore dell’FBI che aveva ottenuto un grande risultato, far liberare 35 persone incolumi, ed era colui che si opponeva a una soluzione di forza per la risoluzione dell’assedio.

Testimone di tutto ciò che non funzionò sul campo, venne chiamato a deporre per la difesa, contribuendo a chiarire il quando delle responsabilità - prontamente rimbalzate da un’agenzia governativa all’altra, come ci viene mostrato.

Uno degli avvocati della difesa, Dan Cogdell (Giovanni Ribisi, The Gift) conduce una battaglia tesa a evidenziare come quasi tutte le prove - il filmato misteriosamente andato perso, le porte sparite, le testimonianze dimostratesi contraddittorie - del Governo fossero in realtà puramente indiziarie. Almeno per i 5 imputati al processo, mentre le responsabilità di David Koresh erano risultate chiare a tutti fin dall’inizio (e ancora lo sono).

Mentre va avanti con la sua vita, cercando di superare il trauma di Waco e il senso di colpa per tutte quelle persone morte, Gary indaga su Wild Bill Guthrie (Travis Hammer, Godless) rapinatore seriale che scopre essere legato alla rete delle milizie americane. Gary cerca di indagare sui fatti, infiltrando anche la ex fidanzata di Wild Bill, Carol Howe (Abbey Lee, Lovecraft Country), a Elohim City. Il ritrovo dei terroristi interni mascherato da comune religiosa portò alla pianificazione e al supporto dell’attentato di Oklahoma City, dove Carol rischiò la vita per raccogliere prove.

Gary aveva avvertito i suoi superiori, esibendo un testo risalente a oltre 20 anni prima, che parlava di un attacco con un camion-bomba seguito da altri attentati fino a un attacco al Campidoglio.

Non venne preso sul serio, e altre 168 persone morirono.

La miniserie si chiude con le drammatiche immagini di repertorio di Oklahoma City, e con le informazioni su come andarono le cose per i 5 davidiani, gli avvocati al processo e gli agenti federali coinvolti a Waco.

La recensione di Waco: il processo. Fedeltà fino alla morte


Anche mentre sono in attesa di giudizio, durante il processo, i davidiani non cedono. Difendono a spada tratta la memoria di David Koresh, che si crede il nuovo messia. Vogliono che tutti sappiano che David li amava, non li avrebbe mai voluti vedere soffrire, né avrebbe mai fatto loro del male.

Dietro la facciata del messia, David Koresh si approfitta delle ragazzine. Aveva “sposato” bambine di 10 e 12 anni. E l’avvocato della difesa lo sapeva benissimo. Ecco cosa usa contro i suoi stessi clienti: vogliono testimoniare, per far sì che si sappia la verità sul “messia” David Koresh, in cui credono ancora tutti e 5. Sono fermamente convinti di essere nel giusto, praticano ancora la fede della setta dei davidiani, la sostengono e rifiutano di disconoscerla. Uno straordinario Giovanni Ribisi controinterroga i suoi clienti che vogliono testimoniare, dimostrando che la controparte li farebbe a pezzi. Perché le azioni di David Koresh erano a tutti gli effetti indifendibili.

L’opinione pubblica, la miniserie lo mostra in più occasioni, è spaccata. Da una parte i sostenitori del governo, che piangono la morte degli agenti federali e credono alla versione dei “davidiani assassini a prescindere”. Dall’altra, i sostenitori dei davidiani, gli anti-governativi da sempre, coloro che ritengono che la formula “Stato assassino” sia quella vincente.

E in mezzo ci siamo noi. Noi, chiamati a essere testimoni delle contraddizioni nell’accusa contro i davidiani, nel riassunto dei tragici eventi di Waco. Noi, che piangiamo i morti a prescindere dalla loro identità e provenienza. Noi. Coloro che i fratelli Dowdle hanno chiamato per raccontare una storia ancora oggi controversa e soprattutto per mostrare quanto le azioni delle autorità a Waco abbiano influenzato il terrorismo interno.

Una miniserie che tutti dovrebbero vedere


La bomba di Oklahoma City, a tutt’oggi la più grave strage di terrorismo interno nella storia degli Stati Uniti, non esplose in un giorno qualsiasi. Dall’incendio di Waco, il 19 aprile è diventata una data-simbolo per le organizzazioni terroristiche americane.

Waco: il processo costruisce con perizia un impianto accusatorio che si rivolge a tutti. I davidiani, le forze dell’ordine, il governo, i terroristi: sono tutti nel mirino di una miniserie che fa riflettere, fa venire voglia di studiare i casi, insegna a guardare ogni situazione da più punti di vista.

Rivediamo i personaggi conosciuti nella prima miniserie, inclusi Mitch Decker (Shea Wingham) e Jacob Vasquez (John Leguizamo), uno degli agenti e l’infiltrato fra i davidiani che erano presenti all’assedio di Waco.

Assistiamo, attoniti, alle continue ingiustizie perpetrate dal giudice Smith, per poi restare scioccati di fronte alla sua sentenza favorevole… E di nuovo restare senza parole per la sua decisione tardiva e profondamente sbagliata.

Chi ha l’età per ricordare di aver vissuto - seppure attraverso i media, a distanza - Waco e Oklahoma City non può non sentirsi emotivamente coinvolto da questa miniserie. Ma credo che anche i più giovani, a patto di conoscere i fatti (cioè almeno la prima miniserie), possano sentire lo stesso coinvolgimento.

Waco: il processo ci parla di ingiustizia, di pregiudizio, di fedeltà a una setta e di fedeltà a un’agenzia nel tentativo di prevenire i morti, anziché piangerli.

L’agente Noeser ci restituisce fiducia nel sistema, i suoi superiori (nello specifico l’ex Mister X di X-Files, l’attore Steven Williams) la smontano. L’ambiguo individuo Gordon Novel (Gary Cole, che ritrova Giovanni Ribisi dal set di The Gift), in possesso di informazioni riservate e con importanti contatti nella CIA, ci fa sperare che si faccia giustizia, il giudice Smith ci ricorda che la giustizia oggettiva non esiste.

Siamo sballottati, costretti ad assistere a scene che non vorremmo ricordare, o conoscere, non possiamo restare indifferenti. Ma soprattutto impariamo qualcosa.

Impariamo a studiare contesti e situazioni, storia e prove, testimonianze e dati oggettivi. Solo così, imparando a conoscere ogni aspetto di una vicenda, possiamo avere un’opinione completa. Personale, probabilmente, ma almeno completa. A patto - e questo è fondamentale - di essere sia abbastanza intelligenti e in particolare intellettualmente onesti da comprendere e riconoscere ogni cosa per ciò che è. Senza credere alla propaganda. Senza fermarci alla superficie.

Se pensate a come dovrebbe essere realizzata una serie che racconta delicati fatti realmente accaduti, ora ne avete un ottimo esempio davanti agli occhi.