The Beast in Me: un duello psicologico tra il Bene e il Male
Serie Netflix in otto episodi, vede una scrittrice (Claire Danes) interessarsi alla storia di un miliardario (Matthew Rhys) sospettato di aver ucciso la sua prima moglie.
Oyster Bay, New York. In una zona residenziale vicino a un'area boschiva vive Agatha "Aggie" Wiggs, scrittrice premio Pulitzer che da anni non riesce a completare il suo secondo libro. La protagonista di The Beast in Me è una donna distrutta dal dolore, non avendo mai superato il lutto per la tragica morte del figlioletto, che perse la vita in un incidente stradale provocato da un ragazzo ubriaco. Una perdita drammatica, che ha fatto crollare non soltanto il suo matrimonio con Shelley, ma anche la sua capacità di scrivere e di condurre un'esistenza normale.
Un giorno la vita di Aggie prende una svolta imprevista quando nella proprietà accanto alla sua si trasferisce Nile Jarvis, miliardario del settore immobiliare accompagnato dalla seconda moglie Nina. Sull'uomo pende un'ombra pesante: la prima moglie Madison è scomparsa anni prima per un presunto suicidio, ma sono in molti a ritenere che lui stesso la abbia eliminata in circostanze mai provate. L'incontro tra loro non potrebbe essere più conflittuale, con Aggie che si oppone fermamente ai progetti di Nile per l'ammodernamento del quartiere. Ma proprio questa tensione iniziale diventa per la scrittrice la scintilla che le serviva: Nile potrebbe infatti essere il soggetto perfetto per il suo nuovo libro.
The Beast in Me: bestie e uomini
L'ispirazione dietro The Beast in Me è abbastanza evidente per chi conosce la storia o avesse visto il documentario che la raccontava, ovvero The Jinx (2015), che seguiva il magnate Robert Durst, poi condannato per omicidio, nelle sue conversazioni con il regista Andrew Jarecki. La struttura narrativa è sostanzialmente la medesima: un ricco e potente uomo d'affari sospettato di aver ucciso la moglie che decide di aprire le sue confidenze a qualcuno, nella speranza forse di trovare comprensione o più probabilmente di manipolare il racconto a suo favore.
Otto episodi per questa nuova miniserie Netflix che ci accompagna in una girandola di colpi di scena più o meno telefonati, tanto accattivante nelle sue premesse quanto eccessivamente timida quando si avvicina all'effettiva resa dei conti, che risulta priva di effettivi guizzi o di sorprese che facciano deragliare la storia da quel binario ormai da tutti dato per assodato.
La sceneggiatura si concentra così sulla figura di Aggie, una Claire Danes senza trucco e senza inganno che, figurando anche come produttrice, deve aver avuto un certo margine di manovra per regalarsi diverse scene madri, dove mette in mostra esercizi di bravura. E proprio il cast è tra i punti di forza dell'operazione, con un altrettanto eccellente Matthew Rhys nelle vesti di diabolico villain sempre pronto a celare le sue reali intenzioni dietro quel sorriso rassicurante.
A caccia del mostro
La collettiva fascinazione per i serial killer o presunti tali, testimoniata ogni settimana dalle classifiche dei titoli più visti sulle piattaforme spesso a tema true-crime, ha lasciato poco spazio per esplorare l'altra parte della barriacata, quella di chi deve entrare nella mente del mostro rischiando di esserne contaminato. Ma questa decisione comporta anche dei compromessi: il personaggio di Nile risulta infatti meno definito e sfumato di quanto avrebbe potuto essere, privando lo spettatore di quella complessità psicologica che un simile ruolo avrebbe richiesto per risultare verosimile e non soggiogante agli archetipi.
La durata complessiva di The Beast in Me appare inoltre poco giustificata, con l'intera vicenda che si sarebbe potuta svolgere in quattro-cinque puntate al massimo: fanno capolino infatti diversi tempi morti e un paio di sottotrame non perfettamente coese e integrate, che rischiano di togliere respiro a quella che è l'effettiva battaglia tensiva tra i due protagonisti. E l'episodio sette, con il lungo flashback che ci svela quella verità da tutti ampiamente intuita giacché sulle false piste non si era mai insistito a dovere, ha un sapore da didascalico spiegone che affloscia definitivamente la suspense in vista del finale di stagione.
La miniserie si propone di mostrare come il lutto e la rabbia possano trasformare chiunque, suggerendo che dentro ognuno di noi si nasconda una bestia pronta a fuoriuscire nelle "giuste" circostanze. Un tema affascinante non esplorato pienamente, con personaggi che rimangono troppo ancorati ai loro ruoli prestabiliti: vittime e carnefici, in un gioco degli opposti che cercano somiglianze e similitudini sotto i colpi di un destino crudele, che non guarda in faccia niente e nessuno.