La cupola di vetro su Netflix: un’occasione mancata per Camilla Läckberg?

Camilla Läckberg perde l'occasione per fare il salto di qualità che ci aspettavamo da lei

di Chiara Poli

Camilla Läckberg è una scrittrice svedese nota in tutto il mondo. Nata nel 1974 a Fjällbacka, piccolo villaggio sulla costa occidentale della Svezia, è conosciuta per i suoi romanzi gialli e thriller psicologici, in particolare per la serie di Fjällbacka, dal nome della sua cittadina, che ha come protagonisti la scrittrice Erica Falck e il poliziotto Patrik Hedström. Il romanzo bestseller che ha inaugurato la saga è La principessa di ghiaccio (2003). I suoi libri sono stati tradotti in oltre 40 lingue e hanno venduto più di 30 milioni di copie nel mondo.

Per Netflix ha firmato personalmente la miniserie Glaskupan - La cupola di vetro, ma il risultato non è quello che ci si aspettava…

La trama de La cupola di vetro

Considerando la penna di Camilla Läckberg, esperta di thriller scandinavi di successo, le aspettative erano molto alte. Elemento che, va detto, contribuisce sempre ad aumentare la delusione, ma qui proprio è la storia a non catturare. Non l’ambientazione, non il cast. La storia. Mancano la complessità nella trama, manca una esplorazione dei lati oscuri dell’animo umano decisamente più incisiva e soprattutto manca quell’atmosfera di mistero e suspense quasi palpabili che ci aspettavamo di trovare.

La Läckberg sembra aver fatto un esercizio di stile: il proverbiale “compitino” infarcito di stereotipi e cliché di genere, perdendo molto tempo in sequenze superflue anziché concentrarsi su ciò che poteva funzionare davvero: la questione della miniera, centrale in città, viene relegata a elemento “servitore” della trama, ma poteva essere molto di più. Qui non c’è quella scintilla di originalità che ci aspettavamo dalla creatrice di un prodotto che ha usufruito di tutto il budget necessario e di un’accurata produzione, ma che manca di cuore. Di pathos. Di tensione.