Down Cemetery Road è la degna erede di Slow Horses: la recensione della nuova ottima serie investigativa AppleTV
Si sente che Down Cemetery Road è stato “la prova generale” di Slow Horses per lo scrittore Mick Herron: complimenti a AppleTV per averci tirato fuori un’altra grande serie.
Prima di raggiungere il successo con Slow Horses e i successivi romanzi con protagonista Jackson Lamb, prima di regalare una grande hit a AppleTV con l’adattamento seriale degli stessi con protagonista Gary Oldman, a inizio carriera lo scrittore inglese Mick Herron è stato il “papà” di Zoë Boehm. Down Cemetery Road è il suo romanzo d’esordi, ora trasformato nella seconda saga della sua produzione fatta di serie investigative e romanzi gialli autoconclusivi su cui ha puntato Apple per capitalizzare il successo di Slow Horses.
Provare ad adattare un’altra serie a sfondo giallo di uno scrittore che si è dimostrato così efficace quando traslato su piccolo schermo può sembrare una scelta ovvia, ma è una mossa che nasconde comunque insidie. Innanzitutto perché Down Cemetery Road (ancora inedito come romanzo in Italia) è una prima prova. Lo si capisce persino vedendo una serie che arriva dopo il successo di Slow Horses in TV, che ne replica il più fedelmente possibile team produttivo e artistico, dimostrando da subito di aver imparato cosa ha funzionato. La sfida in gran parte vinta è quella di ripetere e capitalizzare quanto imparato, con una propria identità specifica che sfugga l'inevitabile confronto.
L'identità di Down Cemetery Road è plasmata dalla showrunner Morwenna Banks dopo aver scritto alcuni episodi della serie “maggiore”. Si sente uno sguardo femminile in come le due protagoniste di questa storia si muovono negli spazi pubblici e nei contesti privati. Lo intendo in modo assolutamente elogiativo. Per esempio lo si intuisce dal modo in cui Emma Thompson e Zoë Boehm hanno una corporeità palpabile è del tutto assente nella maggior parte delle serie scritte da showrunner uomini. Un approccio che fa immediatamente indovinare che a dirigere l’azione è qualcuno che un corpo femminile lo abita.
Non c’è un Gary Oldman coperto di unto e che non si lava da settimane, ma c’è una Emma Thompson che usa uno straccio bagnato per rinfrescarsi anche nelle parti intime e poi intima al marito di non usarlo per lavarsi la faccia. Suona persino pedante parlare di corpi femminili “veri”, ma cercate di ricordare l’ultima volta in cui un’attrice di questo spessore e di quella generazione si è goduta una notte di svago con l’amante in cui il tutto non fosse coreografato, ingentilito, giostrato. A Rebel Wilson viene invece consentito di andare in pezzi quando un incidente che accade non a lei ma a qualcuno che abita qualche casa più in là dà origine a una strana fissazione. Un incidente che la porta a mettere a fuoco un lato della sua vita che non aveva nemmeno mai percepito esistesse, fatto di bugie e inganni.
Una investigatrice dall’approccio brusco, immediatamente pronta a tirare su una barriera di distacco dietro cui si intuisce una vita di colpi subiti e rispediti al mittente, l’altra una restauratrice abbiente e progressista che nasconde appena sotto la superficie un conflitto con sé stessa quasi esistenziale: non sono donne facili o risolte quelle che Mick Herron scrive e Apple porta in scena in Down Cemetery Road. Sono soprattutto la scintilla di una serie che osa due episodi in più di Slow Horses ed è colma di colpi taglienti e svolte brusche. Forse questo adattamento è ancor più pessimista del mondo in cui si muovono i ronzini di Gary Oldman. Down Cemetery Road risulta persino volutamente più rozzo e sgraziato nella sua parte investigativa: d’altronde non ci sono poliziotti né spie di mezzo, ma un’investigatrice e un’assoluta amatrice alle prese con un caso decisamente più grande di loro.
Dentro Cemetery Road c’è già tutta la cosmogonia herroniana, ancora più pessimista: trasferitosi dal brutalista quartiere di Barbican alla sonnacchiosa Oxford, il mondo di Herron rimane un universo profondamente ingiusto e classista popolato da lupi con passati traumatici alle spalle, dove gli agnelli vengono facilmente sbranati e anche i predatori non sono mai al sicuro. C’è una profonda sfiducia di fondo per le istituzioni, che nel loro DNA stesso hanno un sistema di corruzione, omertà e violenza che le difende nell’ombra dietro le facciate linde rivolte all’opinione pubblica. I giornali sono inaffitabili, le faccende governative tendono a essere sporche e spesso il tradimento si nasconde anche in seno agli affetti.
Down Cemetery Road è una serie investigativa a tinte cupe in cui la scomparsa di una bambina altera profondamente la vita delle due protagoniste, che passano buona parte della stagione a fare i conti con le realizzazioni spesso brutali che l’investigazione mette loro davanti. Sin dalla chiusa della prima puntata lo show trova il giusto equilibrio tra la visione cupa della realtà che propone e un'ironia che non fa sembrare ogni svolta negativa un colpo di mano meditato, ma (e questo è cruciale) qualcosa di realistico e persino prevedibile.
Emma Thompson ha l’ingrato compito di trovare un’identità a un personaggio che poi è stato scomposto e raffinato in due dei protagonisti di Slow Horses: la sua Zoë è la matrice da cui sono usciti sia Jackson Lamb sia Diane Taverner. Look post punk e atteggiamento brusco, non riesce completamente nell’impresa di creare un terzo personaggio altrettanto forte, ma dà comunque un’ottima prova. A sorprendere davvero è Ruth Wilson nel ruolo della donna e moglie benestante travolta da eventi più grandi di lei, che fanno emergere un lato inquieto del suo passato. Il suo personaggio è quello autenticamente imprevedibile, che rende la visione ancor più appassionante.
A mancare qui rispetto a Slow Horses è la maestria con cui ogni personaggio e situazione in quella serie viene portato al massimo potenziale, rendendo memorabili anche comprimari, personaggi ricorrenti o intrighi passati e presenti dell’intelligence inglese. È un limite che la serie - popolata da burocrati spregevoli e tirapiedi inetti sì, ma molto anonimi - non riesce a rimediare rispetto alla sua fonte originale. D’altronde quello è il punto d’arrivo di uno scrittore e caratterista di grande talento che nei suoi primi romanzi di Slow Horses stava ancora prendendo le misure. Il vero merito di Down Cemetery Road, oltre ad essere l’ennesima serie AppleTV dalla produzione impeccabile e dalla scrittura di livello britannico (cioè molto, molto alto), è quello di regalare due grandi personaggi femminili e una storia avvincente, anche se talvolta avvilente nel suo spaccato sociale. Molto, molto più di quello che la media delle serie in streaming oggi possono assicurare.