Recensione Curon: il mito del doppio nella nuova serie Netflix

Mistero e antiche superstizioni nella serie tutta italiana di Netflix

Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo e vive di rabbia, odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, bugie, egoismo. L'altro è buono e vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede. I due lupi lottano dentro di noi. Sai quale vince alle fine? Quello a cui tu dai da mangiare.

Sinteticamente, Curon è tutta qui. L’idea del “doppio” che alberga in ognuno di noi è alla base della serie tutta italiana prodotta da Netflix, sceneggiata da Ezio Abbate e diretta da Fabio Mollo e Lydia Patitucci che atterrerà sulla piattaforma streaming a partire dal 10 Giugno. Anna (Valeria Bilello), ritorna alla sua città natale (Curon, appunto), in cerca di pace e stabilità assieme ai suoi due gemelli, Mauro e Daria. L’arrivo a Curon è però meno morbido del previsto, dal momento che il suo stesso padre le chiede di lasciare il paese, rifiutandosi di ospitarla nell’Hotel di famiglia. Partono da qui tutta una serie di eventi che andranno a minare il già fragile equilibrio che aleggia nell’antico paese, sospeso a metà tra antiche superstizioni incastonate e una realtà fuori dal tempo.

Curon è molto più di una semplice location, perché sembra essere un vero e proprio elemento del cast. La sua particolarità di essere in larga parte sommersa dalle acque del lago di Rèsia incarna alla perfezione lo spirito della serie, che parla della nostra personalità repressa, del nostro doppio “io”. Solo che in Curon il “doppio” prende forma e, emergendo dal lago, tenta in tutti i modi di prendere il posto della persona che in qualche modo lo ha richiamato. A volte tenendo repressa la propria vera natura, a volte cercando di nascondere indicibili segreti. Sta di fatto che il suono delle campane del'antico campanile in disuso (unico elemento del vecchio paese a emergere dal lago, almeno in parte), sono il segnale che il proprio “doppleganger” si è messo sulle proprie tracce. Spesso con conseguenze drammatiche, perché il vero io represso di chi viene sostituito ha istinti malvagi e omicidi.

L’improvvisa scomparsa di Anna costringerà Mauro e Daria a scavare nell’oscuro passato della propria famiglia, facendo emergere inconfessabili segreti e i torbidi misteri che aleggiano attorno a questo sperduto paese a cavallo tra Italia e Austria (Si, anche qui una doppia natura). Curon gioca molto proprio su questi elementi duali e simbolici, ma senza mai abusarne. Al contrario, invita lo spettatore a scovare elementi simbolici e metafore che richiamano in alcuni casi il “passaggio” dall’adolescenza all’età adulta, in altri l’inevitabile confronto con la nostra vera essenza che ci costringe a prendere una dolorosa scelta sulla nostra vera identità.

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Buona anche la prova corale del cast, se si chiude un occhio su alcune interpretazioni forse troppo forzate, che avrebbero probabilmente goduto di uno stato di sospensione in grado di regalare ulteriore fascino e mistero. Il ritmo è ben scandito da una sceneggiatura che alterna momenti di calma apparente ad altri dove la tensione sale in modo costante, fino ad arrivare ad un finale che ha il coraggio di dare una chiusura onesta e coerente alla storia, senza lasciarsi troppe cose in sospeso, anche se il fascino dell’ambientazione e dei personaggi potrebbero essere comunque visti in un progetto sul medio-lungo periodo.