Plague Tale: Requiem, torna il gioco rivelazione della scorsa generazione

Alicia e Hugo alla ricerca di una cura e della felicità

di Fabio Fundoni

Dopo il grande successo di Plague Tale: Innocence, era ovvio che il team Asobo si dedicasse a un suo seguito e non lasciasse Amicia e Hugo al loro destino senza continuarne la storia, per quanto il finale del primo episodio fosse stato tanto epico nella battaglia conclusiva, quanto aperto a nuove avventure. L’idea di partenza era ed è ancora  estremamente accattivante: ci troviamo nella Francia dilaniata dalla guerra dei cent’anni, anno domini 1348, con il team di sviluppo che è riuscito a trovare un perfetto punto di incontro tra l’epoca storica, la peste nera che mieteva vittime senza sosta ed elementi soprannaturali, così saggiamente dosati da non sembrare quasi mai fuori luogo.

Amicia e Hugo oltre che ad essere fratelli e figli di una alchimista, sono i nostri protagonisti e sembrano aver trovato un minimo di pace dopo le avventure del primo capitolo, in cui Amicia, a soli 15 anni, ha dovuto scontrarsi frontalmente con la crudeltà del mondo e con la consapevolezza che la sua infanzia era ormai perduta, per fare posto alla necessità di trovare una cura per il piccolo Hugo. Hugo, infatti, è affetto dalla Macula, una misteriosa e mortale malattia che sembra essere in una profonda relazione sia con la peste che sta uccidendo migliaia di persone sia con i terribili ratti che ne sono vettori. La Macula è radicata nel sangue di Hugo e per quanto gli conferisca alcuni poteri paranormali, per altro incontrollabili, sembra divorarlo sempre più. La sua unica speranza pare essere la ricerca condotta dall’ordine degli alchimisti, speranza a cui Amicia si aggrappa con tutte le sue forze in un viaggio che si accavalla con la fuga dall’inquisizione, fermamente intenzionata a mettere le mani su Hugo.

Dopo l’ottimo Innocence, Plague Tale: Requiem inizia con un incipit quasi idilliaco: Amicia, Hugo e l’apprendista alchimista Lucas sembrano aver trovato, in compagnia della madre dei due fratelli, quella che pare essere una situazione di tranquillità e in grado di portarli vicini alla ricerca della cura per la Macula. I primi momenti di gioco ci hanno quasi colti di sorpresa, tanto eravamo abituati ai toni scuri e oppressivi vissuti in precedenza. Ma come è ovvio che sia, dopo un breve ma intenso tutorial, i nostri personaggi tornano a sprofondare tra angoscia e disperazione.

Senza spoilerare più del necessario, Hugo ha una ricaduta, la peste è tornata a serpeggiare, un gruppo di mercenari sta mettendo a ferro e fuoco città e campagne e l’ordine degli alchimisti pare più difficile del previsto da raggiungere. Quello che pare subito chiaro è come ogni elemento di questa terribile situazione sia decisamente più pericoloso di quanto vissuto in precedenza. Asobo sapeva bene di non poter abbandonare una formula che gli ha permesso di raggiungere gli onori delle cronache e che tanto era piaciuta al pubblico, ma nemmeno di potersi adagiare sugli allori e offrire un sequel troppo copia-incollato da Innocence. Ecco quindi un impianto che da ogni punto di vista, ludico, narrativo e tecnico, è andato a migliorarsi di quanto bastava per non snaturare il già visto, ma riuscire a stimolare i giocatori a lanciarsi a capofitto in questa nuova avventura.

Esatto, lanciarsi a capofitto. Sì, perché rispetto al passato, Requiem parte dal presupposto che Alicia non è più una tenera ragazzina, ma ha ormai raggiunto la consapevolezza di essere in grado di fare qualsiasi cosa per la salvezza di Hugo, anche uccidere o affrontare orrori di ogni tipo. Basta davvero poco per ritrovarci nuovamente immersi nell’incubo della peste e le immagini sono ancora più d'impatto rispetto al passato, così come i pericoli e le situazioni ansiogene. Il gameplay si muove sui precedenti binari e vede mescolarsi meccaniche stealth ad altre legate al combattimento, con queste ultime che prendono maggiore importanza rispetto a Innocence, ma rimangono comunque secondarie. Se gli orrori da affrontare sono cresciuti, anche Alicia lo ha fatto, grazie alla consapevolezza su quel che è necessario compiere per sopravvivere in una realtà tanto cruda.

Permane ogni meccanica legata a nascondigli e distrazione dei nemici, ma all’uso della fionda si aggiungono nuove formule alchemiche per dare poteri ai proiettili e la possibilità di usare armi, per quanto in modo limitato e legato a quel che troveremo durante le fasi esplorative. La base rimane stealth e la crescita di Amicia si basa sul suo operato: se supereremo le varie situazioni senza far rumori e vittime, le abilità “silenziose” cresceranno, mentre se useremo un approccio più diretto saranno le nostre qualità di combattente ad aumentare. Rimane il fatto che la prima strada è praticamente sempre quella più semplice, motivo per cui il sistema rischia fortemente di autoalimentarsi in questa direzione rimanendo, comunque, sempre godibile. Rimangono poi i “fiumi” mortali di topi infetti sensibili solo al fuoco e alla luce del sole e la capacità di combinare le abilità dei protagonisti, un vero must per gli amanti del primo episodio.

Il lato artistico della peste nera

A crescere non è solo Amicia, ma anche Hugo e le sue relazioni con la Macula e relativi poteri, e anche le misture alchemiche vi doneranno nuovi utilizzi da sfruttare. Senza rovinarvi le sorprese (alcune davvero interessanti) sappiate che il gameplay ne guadagna in varietà, rendendo l’esperienza di gioco ancora più appagante, per quanto in alcuni casi il gioco sfoci in una deriva ai limiti del "puzzle game”. Tradotto: ci saranno situazioni in cui vi ritroverete a tentare ogni possibile strada e mossa sino a trovare quella giusta per superare nemici, orde di ratti e ostacoli vari, fermo restando che potrete scegliere tre livelli di difficoltà in base alla vostra voglia di dannarvi più o meno l’anima. Segnaliamo solo che i controlli, solitamente buoni, hanno qualche rara indecisione, soprattutto quando dovrete spostare i carretti o in alcune movenze di Amicia quando si troverà negli angoli più angusti degli schemi.

Gli ambienti variano da luoghi stretti e claustrofobici a spazi aperti di maggior respiro, ma va detto che dal punto di vista esplorativo non ci sono particolari passi avanti. L’atmosfera, invece, è semplicemente migliorata, per quanto già in Innocence fosse di alto livello. La Francia medievale è rappresentata in tutta la sua crudezza e oscurità (sperando che Barberto non mi legga) o meglio nella crudezza e oscurità voluta dalla chiave di lettura di Asobo. Immagini, dialoghi, narrazione: tutto concorre a ricreare una ambientazione stupenda nel suo essere violenta e spietata, in grado di rubare l’innocenza a due giovani per buttarli di peso in una fossa fatta di morte e desolazione sentimentale. Un affresco cupo, ma davvero stupendo e capace di tenerci attaccati allo schermo per scoprire dove queste venti ore circa di gioco porteranno i protagonisti, guidati dalla disperazione e da una flebile speranza ottimamente tenuta in piedi da rari momenti in cui la vita sembra mostrarsi ad Amicia per farle capire che vale ancora la pena lottare. Forse queste righe potranno sembrare un po' troppo altisonanti, ma vi assicuro che l'atmosfera di Requiem le merita tutte.

Dal punto di vista grafico il lavoro svolto è buono, sebbene non ottimo. l’impatto visivo spesso lascia piacevoli sensazioni e artisticamente si è riusciti a ricreare elementi che calzano a pennello con la lore, ma andando a guardare più a fondo si nota che non siamo ancora ai livelli dei giochi più blasonati, per quanto manchi davvero poco all’aggancio in vetta. Principalmente si fa sentire l'assenza dei 4k, con una risoluzione a 1440p. Purtroppo questo non è nemmeno un viatico per avere un frame rate fisso a 60 fps, in quanto il gioco gira a 30 fps per quanto questi siano abbastanza costanti. C’è qualche leggero calo in alcune situazioni, ma giocando ci se ne rende appena conto. Insomma: la risoluzione e il frame rate non solo allo stato dell’arte, ma durante le partite il disagio è minimo.

Strano che, a differenza di quasi tutti i titoli usciti nell’ultimo periodo, non sia disponibile la possibilità di scegliere se giocare a risoluzione più alta limitando i frame o con minori dettagli in favore di una maggiore fluidità. I caricamenti poi sono un po’ troppo lunghi rispetto agli standard attuali, a dimostrazione che i ragazzi di Asobo, probabilmente, hanno ancora qualche passo da compiere verso una maggiore consapevolezza nell’uso dei mezzi della tecnica attuale, ma anche qui, come già detto, manca davvero poco per raggiungere le produzioni più blasonate. Di buonissima fattura l’impianto audio, con musiche perfette per rendere l’atmosfera più immersiva, un ottimo doppiaggio in inglese e testi tutti in italiano. Come avrete capito, Plague Tale: Requiem è un titolo da giocare assolutamente se si amano gli stealth. Se poi l’ambientazione medievale vi attira, non potete evitare di vestire i panni di Amicia e gettarvi alla disperata ricerca di una cura per Hugo: non ve ne pentirete e i difetti del gioco passeranno presto in secondo piano lasciandovi una esperienza che difficilmente dimenticherete.