Horizon Call of The Mountain: recensione per PlayStation VR2

Sony affida il primo gioco sulla sua nuova piattaforma VR a uno dei suoi franchise più conosciuti e di successo. E' arrivato il momento di combattere al fianco di Aloy

di Simone Marcocchi

Quello di Horizon è un mondo dotato di una lore di sicuro impatto. Un modo diverso di interpretare l’azzeramento di una vita moderna, che torna ad essere primitiva, e nello stesso tempo riesce a giustificare in modo esauriente l’esistenza di macchine iper-tecnologiche che vivono come se fossero effettivamente animali e contemporaneamente forniscono agli umani gli strumenti della loro sopravvivenza.

Questo non è solamente un titolo VR, ma la punta di diamante di una produzione molto costosa da parte di Sony, che aveva bisogno di mostrare i muscoli del neonato PlayStation VR2. Premetto che da un certo punto di vista l’obiettivo è pienamente centrato. Accantoniamo quindi il primo “esperimento” di VR su PlayStation 4 e senza entrare nel merito del nuovo visore – trovate un approfondimento sul sito – è indubbio che il nuovo kit per realtà virtuale sia su un altro livello. Horizon Call of The Mountain è quindi un titolo che in parte ha senso nel guidare giocatori neofiti ad abbracciare l’esperienza in senso stretto (per qualcuno anche per la prima volta, data la popolarità del brand), permettendo di prendere confidenza con le varie potenzialità di questo dispositivo.

Horizon Call of The Mountain: il VR2 al suo meglio

Mai nella vita avete avuto la possibilità di arrampicarvi (digitalmente) su varie superfici – roccia, corda, relitti di legno, ecc. – con la stessa disinvoltura e piacevolezza di questo gioco. Incuneare le mani tra gli anfratti di crosta rocciosa è quanto di più bello da vedere, semplice da applicare e realistico. Salire, saltare, osservare i dettagli ad alta risoluzione, con texture che rispondono attivamente alla luce che crea ombre in tempo reale è davvero il massimo.

Quando si tiene in mano un arco o ci si scontra con un nemico, sembra che sia davvero lì, che sia reale, pur nella grafica che ricalca quella della serie già apparsa a cavallo tra PlayStation 4 e 5. La VR è così, illude i sensi della vista e dell’udito, dicendo al nostro corpo che siamo parte di un mondo vivo, invitati a partecipare ad un’avventura reale. Usare l’arco è quasi naturale, come scoccare le frecce verso i mostri-metallici ed evitare i loro attacchi è qualcosa di accessibile, ma mai banale. La storia è uno spin-off di Horizon, in cui interpretiamo un guerriero di nome Ryas che come l’Aloy del primo titolo ha qualche problema ad essere accettato e una missione a cuore che lo riguarda personalmente, oltre al popolo che incontra.

La bellezza dei panorami è mozzafiato, peccato che nonostante i bivi che invitano il giocatore ricominciare l’avventura solo per vedere cosa accade scegliendo un sentiero alternativo, ci sia una certa ripetitività… di un po’ tutto. Nonostante sia scontato che gran parte di ciò che verrà fatto è pensato per servire il fanservice più epidermico, è anche un ottimo trampolino di lancio per chi con la VR non ha ancora confidenza. Si può sperimentare la fisica (per altro ottima), ma non c’è una grande esplorazione che vada oltre il sentiero già tracciato e da seguire. Si scala tantissimo (per quanto sia fantastico!) e anche i momenti di combattimento tendono a non offrire quello spunto di novità tra una fase e l’altra.

Certamente un parametro che su uno schermo si può valutare solo in parte, ovvero la reale, totale, immedesimazione, possibile solamente con la VR, in questo gioco è davvero pazzesca e, come dicevo, per quanto il prezzo del biglietto sia un po’ caro, non rimarrete sicuramente delusi dal viaggio.