Gears of War: Reloaded – La recensione del ritorno su PC di un classico intramontabile

Un’analisi approfondita di una edizione rimasterizzata: tra solidità tecnica, gameplay ancora iconico e una scelta conservativa che convince, ma lascia intravedere l’occasione di un remake più ambizioso.

di Simone Rampazzi

Gears of War: Reloaded arriva nel 2025 su PC come una delle uscite più discusse dell’anno. Non si tratta di un nuovo capitolo, ma di una vera e propria “remaster del remaster”, che ripropone il primo Gears of War in una veste aggiornata. Uscito originariamente nel 2006 su Xbox 360, il titolo non è stato soltanto un successo commerciale, ma ha anche codificato il genere dello sparatutto in terza persona a coperture, diventando un modello imitato da numerosi concorrenti, da Army of Two fino a produzioni più recenti come The Division. Nessuno, tuttavia, è riuscito a replicare con la stessa efficacia quel senso di peso, brutalità e ritmo serrato che ha trasformato Marcus Fenix e la Delta Squad in icone videoludiche.

Dopo l’Ultimate Edition del 2015, che aveva già introdotto miglioramenti grafici e prestazionali, Reloaded spinge ulteriormente la rifinitura: texture più definite, palette cromatica più pulita, stabilità fino a 120 fps. La scelta di mantenere una base tecnica legata all’Unreal Engine 3, pur ampiamente riscritto e ottimizzato da The Coalition, mostra la natura conservativa del progetto: nessuna modifica al sistema di coperture, al design delle missioni o all’impianto narrativo.

Il risultato è un prodotto che vive in una zona intermedia: non una semplice riedizione, ma nemmeno un remake radicale. Gears of War: Reloaded diventa così la versione di riferimento su PC, pensata per chi vuole riscoprire le origini della saga con la solidità tecnica che ci si aspetta da un titolo moderno, senza tradire l’impianto che ha reso leggendario il gioco originale.

Ancora una volta contro l'Orda di Locuste

La campagna di Gears of War: Reloaded ripropone senza variazioni sostanziali la trama che nel 2006 contribuì a definire il tono cupo e militare della serie. Ambientato sul pianeta Sera, il gioco segue il soldato Marcus Fenix, liberato dal carcere per unirsi nuovamente alla guerra contro l’Orda di Locuste, una razza sotterranea che minaccia l’estinzione dell’umanità. Al suo fianco c’è la Delta Squad, con personaggi come Dom, Baird e Cole, che ancora oggi restano fra le figure più riconoscibili dell’immaginario Xbox. Nonostante il passare degli anni, la campagna continua a distinguersi per il suo equilibrio fra momenti di pura azione e sezioni più tese e atmosferiche, come gli scontri con i Kryll o i passaggi nei palazzi devastati dalle battaglie.

La struttura rimane quella di uno sparatutto in terza persona a coperture, lineare ma solido, che alterna scontri serrati a sequenze più narrative, senza mai eccedere nella durata. Con circa otto-dieci ore di gioco, la campagna mantiene un ritmo sostenuto, ideale per essere affrontata sia in solitaria sia in co-op, esperienza per cui la saga è stata progettata fin dalle origini. La possibilità di scegliere livelli di difficoltà più alti, fino alla modalità Insane, garantisce un buon grado di longevità, modificando il comportamento dei nemici e costringendo il giocatore a sfruttare al meglio coperture, granate e armi iconiche come il Lancer o il Gnasher.

Pur non introducendo nuovi contenuti, Gears of War: Reloaded conferma come la forza del primo capitolo non risiedesse solo nelle innovazioni tecniche, ma anche in una campagna capace di offrire ancora oggi un mix di epicità militare e tensione fantascientifica. Su PC, con prestazioni fluide e caricamenti praticamente azzerati, il viaggio attraverso Sera acquista ulteriore scorrevolezza, rendendo questa versione la più immediata e accessibile per chi desidera rivivere – o scoprire per la prima volta – l’inizio di una delle saghe più importanti della storia Xbox.

Un gameplay intramontabile: Gears of War è il caposaldo del genere

Il cuore di Gears of War: Reloaded resta il suo gameplay a coperture, la meccanica che nel 2006 aveva rivoluzionato il genere e che oggi, pur senza innovazioni, conserva una solidità sorprendente. Le sparatorie funzionano ancora grazie a un ritmo fatto di spostamenti rapidi tra le coperture, che obbligano il giocatore a gestire bene le posizioni, coordinarsi con la squadra e sfruttare al meglio la varietà di armi disponibili. Il Lancer, con la baionetta a motosega, rimane il simbolo della serie per la sua brutalità scenica, mentre il Gnasher domina ancora gli scontri ravvicinati con un impatto che poche altre armi nel genere riescono a restituire.

Questa edizione non modifica le basi, ma offre un’esperienza più fluida: su PC il titolo gira a 60 fps stabili in campagna e può spingersi fino a 120 fps nel multiplayer, garantendo controlli più reattivi e una resa visiva molto pulita. Restano però alcune limitazioni ereditate dal passato, in particolare nella gestione della IA dei compagni, che non sempre si comporta in maniera efficace: può capitare di vederli muoversi in ritardo, restare troppo esposti al fuoco nemico o bloccarsi dietro le coperture. Non sono problemi tali da compromettere l’esperienza, ma nei livelli più alti di difficoltà possono diventare un ostacolo, costringendo il giocatore a un’attenzione extra per tenerli in vita (soprattutto non ci si spiega come a oggi questi problemi non siano stati risolti).

La campagna, pur lineare, acquista intensità grazie a momenti memorabili come la chiusura degli E-Hole o l’utilizzo del Martello dell’Alba, che ancora oggi resta una delle armi più spettacolari della saga. La combinazione di shooting fisico, coperture solide e gore esagerato mantiene Gears of War: Reloaded un’esperienza appagante, capace di trasmettere la stessa sensazione di forza e aggressività che aveva reso leggendario l’originale, pur mostrando inevitabilmente i limiti di un gioco che porta sulle spalle quasi vent’anni di storia.

Gears of War: Reloaded non rivoluziona nulla ... occasione mancata?

Dal punto di vista tecnico, Gears of War: Reloaded su PC si presenta come una versione stabile e curata, capace di offrire texture in 4K, illuminazione aggiornata e il supporto alle tecnologie di upscaling come DLSS 3.5 e FSR 3.1. Pur restando ancorato all’Unreal Engine 3, ampiamente rimaneggiato da The Coalition, il gioco appare come un restauro conservativo più che come una reinvenzione: non punta a stupire con effetti radicalmente nuovi, ma privilegia la pulizia visiva, la stabilità e la fedeltà all’estetica originale.

Le prove effettuate su configurazione con RTX 4060 Ti hanno confermato una campagna stabile a 60 fps, con caricamenti pressoché azzerati e un impianto grafico sensibilmente più nitido rispetto all’Ultimate Edition del 2015. Le opzioni video e audio offrono un buon grado di personalizzazione, ma permangono limiti non trascurabili: su monitor ultrawide 21:9 il titolo presenta bordi neri ai lati, impedendo di sfruttare appieno l’ampiezza visiva e riducendo l’impatto cinematografico che un formato panoramico dovrebbe garantire.

La questione più significativa riguarda la scelta editoriale. Invece di sviluppare un remake completo, capace di ripensare regia, animazioni e sistema di gioco con un motore come l’Unreal Engine 5, Microsoft e The Coalition hanno preferito proporre un remaster del remaster.

Una decisione che sembra rispondere a logiche di rapidità e contenimento dei costi, puntando sulla stabilità e sulla disponibilità immediata, anche grazie all’inclusione nel Game Pass. Si tratta di una strategia che consente di mantenere vivo il brand e di renderlo accessibile a un pubblico ampio, ma che rinuncia a un’occasione potenzialmente più intrigante: quella di restituire nuova linfa a un classico con un progetto ambizioso, capace di rilanciarne l’immaginario e l’impatto tecnico in chiave contemporanea.