Recensione Weird West: il selvaggio west secondo Wolfeye Studios

Pellerossa, pistoleri e banditi in un gioco che mancava

Il selvaggio west ha sempre riscosso un discreto consenso nella maggior parte dei medium di intrattenimento, complice soprattutto la presenza di personaggi carismatici che ne hanno trainato le storie che, dal cinema alle serie tv, senza dimenticare fumetti e romanzi, non poteva certo finire per dire la sua anche attraverso il mondo videoludico.

Weird West fa una bella impressione quando lo si guarda velocemente, senza insomma concentrarsi sulle meccaniche di gioco oppure approfondendo su quello che è, nel completo, la storia che cerca di raccontare. Forse si rischia di venir persuasi anche dai nomi alle spalle di Wolfeye Studios, un team di sviluppo creato da una costola di Arkane, dato che tra i suoi membri vede il cofondatore Raphael Colantonio, uno di quelli che ha lavorato su titoli come Dishonored e Prey.

Insomma, le referenze sulla carta sono ottime, inutile negarlo, eppure c’è qualcosa in Weird West che non riesce a convincere fino in fondo, finendo un po’ per deludere sulla lunga senza però disfare quanto fatto.

QUESTO PAZZO WEST

In un imprecisato mondo pezzo tutto a tema west, Wolfeye Studios ha messo in piedi una narrazione basilare quanto efficacie, che cerca insomma di scavare a piene mani all’interno di un immaginario esoterico, ben implementato soprattutto se consideriamo la trama non proprio scontata.

Il gioco offre infatti la possibilità di vivere l’esperienza attraverso cinque personaggi, legati da un filo invisibile meglio rappresentato da un misterioso viaggiatore, che sembra ricevere un marchio da un tenebroso essere maligno. Ogni volta che lo riceve prendiamo il controllo di uno dei personaggi presenti nel gioco, caratterizzati in modo diverso al fine di enfatizzare un piacevole background narrativo, accompagnato ludicamente da abilità dedicate.

Insomma, all’inizio del viaggio sembra di trovarsi davanti a un’ambientazione piuttosto stratificata, un elemento capace di coinvolgere il giocatore quanto basta, non soltanto per scoprire il fato dei cinque protagonisti del racconto, ma anche, in un modo o nell’altro, nel cercare di scoprire buona parte della lore pensata per questo strano mondo dark fantasy grazie ai vari documenti sparsi per il gioco.

Il problema, uno dei primi se non altro, è che l’incipit del racconto finisce per essere l’introduzione di un qualcosa che tende a mano a mano a scemare, complice appunto un sistema che altera inevitabilmente l’esperienza finendo per renderla, a tratti, perfino ripetitiva.

Si procede nel racconto avendo la sensazione di percorrere vari bivi narrativi, ma alla fine le nostre scelte, seppur all’apparenza diversificate, finiscono per concludersi in appena due epiloghi. Un peccato, soprattutto pensando che comunque l’impegno profuso è visibile nella maggior parte degli elementi che compongono il gioco.

LUDICAMENTE BUONO MA NON ABBASTANZ

Poco sopra vi abbiamo spiegato che Weird West vive di luci e ombre. Dietro a un comparto narrativo discreto si nascondono infatti dei piccoli difetti ludici che finiscono per peggiorare l’esperienza in compagnia del gioco.

Vi abbiamo detto poc’anzi che il titolo vanta cinque protagonisti, ognuno caratterizzato da un background differente che si traduce, per ovvie ragioni, sulla distribuzione di quattro abilità specifiche da utilizzare durante le nostre sessioni di gioco. La cacciatrice di taglie può ad esempio creare un’aura di cura sul terreno, l’uomo bestia può invece caricare i nemici con una potente testata e così via, arrivando così agli altri tre personaggi presenti nel roster.

Le altre abilità attive si accomunano alle armi, elemento che in qualche modo cerca di diversificare l’approccio, sebbene alla fine, almeno nel nostro caso, si finisce per procedere sempre allo stesso modo, impostando un approccio unico quasi sempre vincente. Forse sarà colpa anche dell’IA, non proprio brillante, ma nella nostra esperienza ci è bastato comprare due abilità per concludere il gioco senza morire praticamente mai (tranne quando abbiamo sbagliato palesemente noi combinazione di tasti durante il movimento).

Esistono abilità, effetti elementali da aggiungere ai colpi, barili esplosivi e molto altro ancora, ma alla fine, purtroppo, si finisce quasi sempre per risolvere ogni combattimento con una sparatoria, senza avvertire la minima necessità di sfruttare un approccio più stealth. L’evoluzione dei personaggi finisce quindi per concentrarsi nel ramo di abilità condiviso, quello migliorabile grazie alle carte dorate nascoste nel gioco, che in qualche modo finiscono per semplificare drasticamente l’esperienza dal secondo viaggio (personaggio) in poi.

Anche l’esplorazione non sembra giocare a favore di Weird West: oltre alle missioni principali, e alle secondarie, non si avverte minimamente la necessità di esplorare luoghi diversi, come se emergesse il sentimento impellente di procedere oltre senza pensare ad altro.

Esistono tanti oggetti presenti nel gioco, ma non si avverte in alcun modo la necessità di raccoglierne diversi durante l’esperienza, a meno che non si voglia racimolare qualche soldo extra necessario ad acquistare qualche potenziamento o arma presente.

Gli scenari di gioco piuttosto risicati vengono un po’ penalizzati da un comparto tecnico non proprio eccellente, gradevole da guardare certo, ma non all’altezza della direzione artistica mostrata dagli stessi sviluppatori. Buona la colonna sonora, peccato per la mancanza di un doppiaggio e per la localizzazione in lingua nostrana, un piccolo plus che sicuramente ci avrebbe aiutato nel viaggio.