Recensione It Capitolo II

Galleggeremo tutti...di nuovo!

di Roberto Vicario

Il remake del primo capitolo della saga di IT, film che si ispira all’omonimo romanzo scritto da Stephen King, fu un inaspettato successo di pubblico e critica. Il lavoro fatto dagli sceneggiatori e dal regista Andrés Muschietti, riuscì a far tornare in auge la figura di Pennywise. 

Un intreccio convincente soprattutto perché, a contorno dei classici elementi dell’horror movie, aleggiavano (forse sarebbe più corretto dire, galleggiavano) una serie di spunti interessanti e ben amalgamati tra loro, con chiari riferimenti a film come I Goonies o Stand By Me. 

Il Pagliaccio, guardandolo in senso lato, rappresentava non solo una minaccia concreta, ma l’allegoria di tutte quelle paure e quegli ostacoli che ogni membro dei “Perdenti” avrebbe dovuto affrontare per crescere. 


Da questo spunto parte proprio la seconda pellicola di Muschietti. Un film che, per ovvi motivi, parte da un presupposto completamente differente, ma ancora una volta profondamente ancorato alle paure, alle fragilità e ai rapporti instaurati tra quei ragazzi ora diventati adulti. 

Bev (Jessica Chastain), Bill (James McAvoy), Richie (Bill Hader), Ben (Jay Ryan), Eddie (James Ransone) e Stan (Andy Bean), hanno lasciato Derry, vivono una vita diversa, apparentemente appagante e lontana da tutte quelle insicurezze che l’adolescenza gli aveva chiesto di affrontare. 

L’unico rimasto a Derry è Mike che per primo si accorge del ritorno del Pagliaccio nella città americana, esattamente a 27 di distanza dal primo scontro. Il patto così siglato dai ragazzi deve essere rispettato: tornare a Derry e sconfiggere Pennywise ( Bill Skarsgard) una volta per tutte. 

Da questo incipit parte il secondo capitolo della saga. Un capitolo che, sin dalle prime battute, si percepisce come più difficile e complesso rispetto al primo. Attori adulti, effetto sorpresa svanito e una pressione mediatica decisamente più alta, complice un budget decisamente più importante del precedente. 


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Muschietti si barcamena alla grande, portando a casa una pellicola che di difetti non ne ha tantissimi, ma quelli che ci sono sono purtroppo macroscopici. Difetti che, diciamolo prima di analizzarli, non intaccano minimamente il godimento della pellicola; anzi, se si guarda all’opera completa (primo e secondo capitolo) il lavoro è davvero lodevole, superando nettamente quello fatto in televisione svariati anni fa. 

Il film inizia alla grande, con una prima ora in grado di tenere botta al ritmo e alla qualità del primo film. Una serie di elementi horror ben strutturati, intelligentemente gestiti e in grado di offrire una chiara visione allo spettatore di quello che è un po’ il leit motiv della pellicola: il confronto con il passato.

Pennywise gioca, ancora una volta, sulle paure e sulle insicurezze dei Perdenti, paradossalmente fortificate proprio da un’età adulta che ha cercato di accantonarle, senza mai superarle realmente . 

Peccato che, questa formula di gioco tra passato/presente e paure sotto forma di visioni, nella parte centrale della pellicola viene mostrata troppe volte con la stessa formula, e per ogni singolo personaggio. Questa scelta non solo rende prevedibile tutta questa fase del film, ma perde di mordente lasciando allo spettatore la possibilità di prevedere quello che sta accadendo. 

Inoltre, eccezione fatta per qualche sporadico momento, dopo la prima ora il film prende una piega differente, che tende quasi a virare su una black Horror Comedy, con venature adventure. Un tenore che ci ha ricordato molto quello di Drag Me to Hell diretto da Sam Raimi.

Buonissima invece l’interazione tra i vari attori adulti, con personaggi credibili e in grado di trasmettere il carattere e l’evoluzione dei personaggi più piccoli. Prova ancora una volta convincente anche per il Pennywise di Skarsgard, anche se, come dicevamo, un po’ penalizzato da una sceneggiatura che enfatizza e ripete alcune sue attività in maniera esagerata, facendogli perdere un po’ di mordente. 


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