La Bella e La Bestia (2014)

di Simone Rampazzi
Sarebbe indicato cominciare questo articolo con il solito “Once upon a time..”, ma la storia che andiamo a narrarvi ha radici ben più complesse e diramate, che difficilmente potremmo racchiudere in qualche breve paragrafo. Fatto sta che in questo caso, nella pellicola diretta da Christophe Gans (Patto dei Lupi, Silent Hill), abbiamo avuto modo di rivivere un classico della letteratura francese, conosciuto ai più per il capolavoro Disney del 1991 titolato “La Bella e la Bestia”.


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A differenza del lungometraggio d'animazione, la storia rivista del regista francese cerca di seguire più fedelmente la canonica fiaba letta nei libri, amalgamando elementi presi dalle versioni di Beaumont e Villeneuve. La trama, infatti, vede un ricco mercante caduto in disgrazia a seguito del naufragio delle sue navi, costretto dagli eventi ad abbandonare il lusso della propria villa per trasferirsi in una catapecchia abbandonata in campagna, con a seguito i suoi sei figli. Durante un viaggio intrapreso dal mercante alla falsa notizia di aver recuperato parte dei suoi averi, il medesimo si trova perso nel bosco e scopre un castello abbandonato pieno dei più magnifici tesori. Quando il mercante, caricati i bauli colmi di gioielli, tenta di rubare una rosa dal giardino della Bestia (Vincent Cassel), quest'ultimo lo aggredisce e lo condanna a tornare per pagare il pegno di un gesto tanto nefasto. Sarà la stessa Belle (Léa Seydoux), dopo aver ascoltato la terribile storia del padre, a decidere di prendere il suo posto e raggiungere il castello, scoprendo però di entrare a far parte di una serie di eventi molto più grandi di lei. Il finale lo conoscete già, ma é il “mezzo” che a noi proprio non é andato giù.

Sono infatti una serie di elementi che impediscono alla storia di Gans di poter ottenere credibilità, anche potendo contare comunque su due attori dal fascino, e bravura, non indifferenti. Lo spettacolo per gli occhi fa il suo dovere, é inutile negarlo, e grazie a una serie di ambientazioni ricche di particolari molto gustosi, riesce a regalare degli ottimi effetti speciali che aggiungono quel tocco di “fantasia” allo screenplay proposto. Persino i costumi, sfarzosi e ricorrenti per il periodo storico di appartenenza, e le scenografie donano quel giusto pathos visivo che la favola richiede, cascando però sul banale in alcune scene che avremmo fatto a meno di vedere (e che ci hanno fatto rimpiangere non poco il capolavoro della Disney).


Piccoli animali di passaggio dalla dubbia utilità, statue giganti pronte a far strage di ladri ghiotti di tesori, scene flashback un po' troppo forzate, insomma, ci siamo trovati davanti degli elementi in pieno stile blockbuster hollywoodiano, penosi almeno quanto l'inespressiva Biancaneve versione Twilight ed il suo compagno Thor versione cacciatore. La favola fine a se stessa, che chiaramente deve vedere il sentimento vincere sugli eventi avversi, si trasforma in una Bestia purtroppo inespressiva con il suo make-up computerizzato ed una Bella sì, estremamente affascinante, ma anch'essa priva di quell'energia in grado di far redimere una bestia logorata dall'odio e dalla convinzione che nessuna mortale sarebbe stata in grado di amarlo.

Sono queste fasi importanti a mancare nella pellicola, togliendo quindi le basi ad un prodotto che non può prendere il volo e scrivere il suo nome con dignità sui nostri scaffali cinematici. La colonna sonora tenta di fare il suo, le musiche di Pierre Adenot sono estremamente piacevoli da ascoltare e si accostano con perfetto pathos agli eventi narrati come anche il doppiaggio di Roberto Pedicini (affiliato a Cassel in molte pellicole), che in lingua nostrana tenta di salvare il salvabile con un ottima intepretazione.

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Cos'altro dire. Questa Bestia non é riuscita a salvare il panorama dei remake dedicati alle fiabe più note, allineandosi perfettamente ad uno stile sciapo e privo della magia necessaria a far rivivere capolavori letterari sul grande schermo.